Anticorruzione? L’accordo c’è. Forse. Anzi no. Per capire quale travaglio provochino nella maggioranza renziana argomenti come la prescrizione, il falso in bilancio e in generale la lotta al sistema delle mazzette basta passare in rassegna le dichiarazioni del ministro della Giustizia Andrea Orlando. Oggi il guardasigilli ci informa che sul falso in bilancio “il testo è quasi pronto”, mentre sulla prescrizione c’è l’idea di non legarla ai singoli reati, “ma anche” sì. Eppure giusto una settimana fa, il 5 febbraio, il ministro annunciava che l’accordo era fatto, previo decisivo vertice di maggioranza, seguito, riportano le agenzie, da telefonata di Matteo Renzi per “congratularsi”. E intanto le sorti dell’ormai famoso ddl anticorruzione -depositato in Senato il lontano 15 marzo 2013 da Piero Grasso – restano incerte.

Cinque febbraio, data non casuale. Il 3, tra applausi multipartisan, il nuovo presidente della repubbica Sergio Mattarella aveva pronunciato il discorso d’insediamento, infiammando l’emiciclo di Montecitorio con l’invettiva conto la corruzione che “divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini”. Il 4, però, l’entusiasmo si era già smorzato, tanto che la proposta dei 5 Stelle di portare subito in aula il ddl parcheggiato in Commisione giustizia era stata sonoramente bocciata dal Senato. Il 5, sull’onda delle inevitabili polemiche, lo scatto d’orgoglio della maggioranza: “Abbiamo trovato un accordo – assicurava Orlando – ora mi auguro il concorso delle altre forze politiche, penso a Sel e anche a Forza Italia che non credo sia necessariamente tagliata fuori da un confronto su questi temi”. Grandi titoli sui giornali, anche se gli osservatori più acuti notavano che il contenuto dell’accordo, in particolare sui nodi del falso in bilancio e della prescrizione, non era stato reso noto. Tanto che nei giorni successivi – e fino a oggi – si sono sprecati i restroscena su dilemmi di là dall’essere risolti e limature in pieno corso.

Non solo. Dopo lunga gestazione, il voto finale del ddl anticorruzione in Commissione giustizia era stato calendarizzato per l’11 febbraio. Poi finalmente il testo sarebbe passato in aula. Non è andata così. In extremis è arrivato l’annuncio dello “slittamento” (così si chiamano in politichese i rinvii e i ritardi) di un’altra settimana, al 17 febbraio. Per la concomitanza, è stato spiegato, con l’assemblea dei gruppi di Forza Italia, letta da qualcuno in relazione con l’annunciata rottura del Patto del Nazareno. Poi è arrivata la versione di Orlando, davanti alla videocamera del Fatto.tv: “Il rinvio è dovuto alla discussione in corso sul falso in bilancio, su cui si sta ancora lavorando”. Cioè uno dei punti caldi sui quali una settimana prima aveva annunciato orgogliosamente l’accordo.

E oggi a che punto siamo? “Sul falso in bilancio il testo è quasi pronto, siamo alle ultime puntualizzazioni”, ha spiegato oggi il ministro a margine di una conferenza stampa in via Arenula. “Presenteremo il testo quando sarà definitivo”. Il nodo è quello delle soglie di non punibilità, introdotte nel 2003 dalla celebre legge ad personam berlusconiana, cancellate dal ddl Grasso, reintrodotte tali e quali da un emendamento del governo depositato in Commissione giustizia del Senato l’8 gennaio. L’ultimo borsino dei rumor dice il lavoro è di lima sulle soglie. Che resterebbero, ma passerebbero dal 5% dell’utile di esercizio (che ai grandi gruppi concede ampi margini di losche manovre) al 3%, magari pene ridotte, ma non annullate.

E la prescrizione dei reati, che spesso azzera proprio i processi contro i colletti bianchi, tanto che l’Europa ha più volte richiamato l’Italia su questo specifico punto? Il tema è affrontato sia dal ddl Grasso sia in un testo presentato alla Camera dal capogruppo Pd in commisione giustizia Donatella Ferranti. “Noi”, ha continuato Orlando, “siamo per legarla quanto meno possibile ai singoli reati, ma anche per tenere conto della specificità di alcuni di essi”. Che è un po’ come dire sulla vacanze siamo d’accordo su tutto, ora dobbiamo decidere se andare al mare o in montagna. Per evitare che troppi processi per tangenti finiscano al macero, con l’ulteriore beffa di aver divorato altri soldi pubblici in indagini e udienze, le ipotesi sul tappeto sono due: o un intervento generale che fermi la clessidra dell’estinzione del reato quando arrivano condanne di primo e di secondo grado (è l’ipotesi finora contenuta nei testi governativi), o un intervento mirato che allunghi i tempi ad hoc per detereminati reati, tra cui appounto la corruzione.

Così i grandi balzi in avanti e all’indietro di Orlando finiscono per essere lo specchio di una maggioranza che sulla giustizia penale è attraversata da faglie trasversali. Pd contro Ncd, prima di tutto, senza contare lo spettro berlusconiano sempre assai reattivo su certi temi. Ma anche Pd contro Pd, dato che nei dem queste discussioni mettono regolarmente a nudo i mal di pancia di chi vorrebbe posizioni più nettamente legalitarie, dallo stesso Grasso a Casson, a Civati. Ora l’asticella è fissata alla fine febbraio, scadenza entro la quale – assicura il ministro – il travagliato ddl anticorruzione avrà il sì definitivo del Senato.

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