Stefano Cusin non è un mafioso e sbuffa ogni volta che in tavola arriva la pizza. L’ultima tappa di una vita contro gli stereotipi è Hebron, Cisgiordania. La firma sul contratto con l’Ahli Al Khalil ha fatto di lui il primo allenatore italiano in Palestina. “Hebron è una città stupenda – racconta – Popoli e architetture diverse convivono tra loro, un mix che mi ricorda Tripoli qualche anno fa. Sono città complesse, di certo non basta la tv per capire simili posti: qua non sono tutti terroristi”.
Cusin è nato in Canada 47 anni fa, ha giocato tra la Svizzera e la Guadalupa, ha allenato ovunque. Il Camerun dopo Montevarchi e poi Congo, Bulgaria, Libia e tanto Medio Oriente. Le esperienze più significative della sua carriera da globetrotter sono state al fianco di Walter Zenga a Dubai e Abu Dhabi. Ora è tornato in proprio e, nonostante tre lingue fluenti e un curriculum ormai in grado di dare garanzie, ha di nuovo dato retta alla sua curiosità. “Mi trovo bene qua, la gente è generosa: la differenza tra gli Emirati e la Palestina è il lato umano” spiega. Rispetto ai grattacieli e alla “vita al top” Cusin ha scelto “un paese di contenuti”, nonostante uno stipendio di gran lunga inferiore.
“Io vivo per le soddisfazioni. Amo conoscere cose nuove e insegnare il pallone, ogni allenamento è un momento di scambio e confronto. I soldi spariscono, i semi che pianti in simili terreni a distanza di anni danno frutti: le esperienze africane mi hanno insegnato questo”. Stefano Cusin si gode il trattamento riservato dai khalili, gli abitanti di Hebron. Ogni pomeriggio uno o più inviti per bere il the, al campo la sua parola è legge. “Un giorno il presidente mi ha detto: mister prima lavoravi per gli sceicchi, ora lo sceicco sei tu. Altrove l’allenatore è diventato un comprimario, non qui”.
Una stima destinata a crescere in fretta: l’ex vice coach dell’Al Jazira è a Hebron da metà gennaio e ha già messo un trofeo in bacheca. É accaduto negli scorsi giorni, quando l’Ahli Al Khalil ha vinto la coppa di Lega. Nei 42 anni di storia della società è il primo successo. Prossimo obiettivo la West Bank League, il campionato a 12 squadre della Cisgiordania, dove il club è quinto. Gaza è a 50 chilometri di distanza, irraggiungibile. “I territori che fanno parte dello stato palestinese ospitano due tornei distinti, il nostro è più attrezzato e competitivo. La Striscia è isolata, mentre noi abbiamo tutto sommato libertà di movimento. A Hebron mi sposto tranquillamente, fuori capita di essere fermati e controllati ai posti di blocco israeliani”.
La quotidianità procede, ma il ricordo di guerra e bombardamenti è vivo come la paura che possa accadere di nuovo. Fuori dallo stadio Hussein Bin Ali di Hebron, dove i ragazzi di Cusin giocano le loro partite, uno striscione ricorda il sacrificio di Jawhar, 19 anni, e Adam, 17 anni, la cui carriera è stata interrotta a colpi di fucile in un check point in Cisgiordania. Vicende drammatiche, come quella di Mahmoud Sarsak, che dalla nazionale palestinese finì nelle carceri di Israele senza alcun processo. Il pallone può fare molto per questa terra, pensa Cusin. “In squadra ho tre ragazzi che provengono dal campionato israeliano, non tutti sono musulmani – racconta – Sei giocatori sono laureati, quasi tutti parlano inglese, viaggiano, vanno su internet: sono avanti. Dovremmo tentare di trovare nella vita di tutti i giorni l’integrazione che si realizza sul campo da calcio”.
Intanto ci si deve accontentare delle immagini di un paese unito e festoso per la storica prima volta alla Coppa d’Asia. Non è andata bene alla Palestina, tre sconfitte in altrettante sfide, ma poco conta. “Alla terza partita, nonostante l’eliminazione già certa tutti erano ancora davanti alla tv. La partecipazione alla massima manifestazione continentale è di per sé un successo, ma a Gerusalemme come a Gaza City sono consapevoli che in futuro servirà una nuova organizzazione e mezzi maggiori per andare avanti”. L’esperienza e le conoscenze tattiche di mister Stefano Cusin potranno favorire questo processo. Per quanto riguarda la prossima stagione “del doman non c’è certezza”. “Non valuto mai il passo successivo, vivo la vita con intensità giorno per giorno – conclude – Sono felice così: se pensi troppo al futuro rischi di non goderti il presente”.
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Stefano Cusin, insegnare calcio a Hebron: “Qui il lato umano non è un dettaglio”
E' il primo allenatore italiano in Palestina dopo una vita da globetrotter del pallone. Prima della Cisgiordania era il secondo di Zenga a Dubai: "Un giorno il presidente mi ha detto: mister prima lavoravi per gli sceicchi, ora lo sceicco sei tu"
Stefano Cusin non è un mafioso e sbuffa ogni volta che in tavola arriva la pizza. L’ultima tappa di una vita contro gli stereotipi è Hebron, Cisgiordania. La firma sul contratto con l’Ahli Al Khalil ha fatto di lui il primo allenatore italiano in Palestina. “Hebron è una città stupenda – racconta – Popoli e architetture diverse convivono tra loro, un mix che mi ricorda Tripoli qualche anno fa. Sono città complesse, di certo non basta la tv per capire simili posti: qua non sono tutti terroristi”.
Cusin è nato in Canada 47 anni fa, ha giocato tra la Svizzera e la Guadalupa, ha allenato ovunque. Il Camerun dopo Montevarchi e poi Congo, Bulgaria, Libia e tanto Medio Oriente. Le esperienze più significative della sua carriera da globetrotter sono state al fianco di Walter Zenga a Dubai e Abu Dhabi. Ora è tornato in proprio e, nonostante tre lingue fluenti e un curriculum ormai in grado di dare garanzie, ha di nuovo dato retta alla sua curiosità. “Mi trovo bene qua, la gente è generosa: la differenza tra gli Emirati e la Palestina è il lato umano” spiega. Rispetto ai grattacieli e alla “vita al top” Cusin ha scelto “un paese di contenuti”, nonostante uno stipendio di gran lunga inferiore.
“Io vivo per le soddisfazioni. Amo conoscere cose nuove e insegnare il pallone, ogni allenamento è un momento di scambio e confronto. I soldi spariscono, i semi che pianti in simili terreni a distanza di anni danno frutti: le esperienze africane mi hanno insegnato questo”. Stefano Cusin si gode il trattamento riservato dai khalili, gli abitanti di Hebron. Ogni pomeriggio uno o più inviti per bere il the, al campo la sua parola è legge. “Un giorno il presidente mi ha detto: mister prima lavoravi per gli sceicchi, ora lo sceicco sei tu. Altrove l’allenatore è diventato un comprimario, non qui”.
Una stima destinata a crescere in fretta: l’ex vice coach dell’Al Jazira è a Hebron da metà gennaio e ha già messo un trofeo in bacheca. É accaduto negli scorsi giorni, quando l’Ahli Al Khalil ha vinto la coppa di Lega. Nei 42 anni di storia della società è il primo successo. Prossimo obiettivo la West Bank League, il campionato a 12 squadre della Cisgiordania, dove il club è quinto. Gaza è a 50 chilometri di distanza, irraggiungibile. “I territori che fanno parte dello stato palestinese ospitano due tornei distinti, il nostro è più attrezzato e competitivo. La Striscia è isolata, mentre noi abbiamo tutto sommato libertà di movimento. A Hebron mi sposto tranquillamente, fuori capita di essere fermati e controllati ai posti di blocco israeliani”.
La quotidianità procede, ma il ricordo di guerra e bombardamenti è vivo come la paura che possa accadere di nuovo. Fuori dallo stadio Hussein Bin Ali di Hebron, dove i ragazzi di Cusin giocano le loro partite, uno striscione ricorda il sacrificio di Jawhar, 19 anni, e Adam, 17 anni, la cui carriera è stata interrotta a colpi di fucile in un check point in Cisgiordania. Vicende drammatiche, come quella di Mahmoud Sarsak, che dalla nazionale palestinese finì nelle carceri di Israele senza alcun processo. Il pallone può fare molto per questa terra, pensa Cusin. “In squadra ho tre ragazzi che provengono dal campionato israeliano, non tutti sono musulmani – racconta – Sei giocatori sono laureati, quasi tutti parlano inglese, viaggiano, vanno su internet: sono avanti. Dovremmo tentare di trovare nella vita di tutti i giorni l’integrazione che si realizza sul campo da calcio”.
Intanto ci si deve accontentare delle immagini di un paese unito e festoso per la storica prima volta alla Coppa d’Asia. Non è andata bene alla Palestina, tre sconfitte in altrettante sfide, ma poco conta. “Alla terza partita, nonostante l’eliminazione già certa tutti erano ancora davanti alla tv. La partecipazione alla massima manifestazione continentale è di per sé un successo, ma a Gerusalemme come a Gaza City sono consapevoli che in futuro servirà una nuova organizzazione e mezzi maggiori per andare avanti”. L’esperienza e le conoscenze tattiche di mister Stefano Cusin potranno favorire questo processo. Per quanto riguarda la prossima stagione “del doman non c’è certezza”. “Non valuto mai il passo successivo, vivo la vita con intensità giorno per giorno – conclude – Sono felice così: se pensi troppo al futuro rischi di non goderti il presente”.
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Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Promuovere, nell’attuazione del Libro bianco sulla difesa europea, tutti gli strumenti che puntano a una governance democratica chiara del settore, agli investimenti comuni necessari per realizzare l’autonomia strategica e colmare i deficit alla sicurezza europea, al coordinamento e all’integrazione della capacità industriali europee e dei comandi militari, all’interoperabilità dei sistemi di difesa verso un esercito comune europeo". Si legge nella risoluzione Pd sulle comunicazioni della premier Giorgia Meloni in vista del Consiglio europeo.
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - Il Pd chiede nella risoluzione che presenterà in Parlamento per le comunicazioni della premier Giorgia Meloni che il governo si impegni a "promuovere una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla Presidente Von der Leyen" al fine "di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione, e di condizionare tutte le spese e gli strumenti europei alla pianificazione, lo sviluppo, l’acquisizione e la gestione di capacità comuni per realizzare un’unione della difesa".
Roma, 18 mar. (Adnkronos) - "Abbiamo bisogno di tenere viva la memoria. Sono state fasi cruciali della nostra storia che non sono state ancora definitivamente chiarite". Lo ha detto Giuseppe Conte intervenendo alla proiezione a Montecitorio del film 'Il delitto Mattarella' a cui sono intervenuti, tra gli altri, il regista Aurelio Grimaldi e il vicepresidente della Camera, Sergio Costa. "Piersanti Mattarella era un allievo di Aldo Moro e interpretava nella Dc la linea del compromesso storico. Gli intrecci con la vicenda Moro sono notevoli. ‘Anche per me è finita’, disse Mattarella come racconta Leoluca Orlando. C’era la piena consapevolezza del fatto che si contrastava anche una precisa linea politica”.
Caltanissetta, 18 mar. (Adnkronos) - "Era il 2016, mancavano pochi giorni all'udienza presso il Tribunale di sorveglianza di Roma, quando per strada, a Latina, fui agganciato da un soggetto che mi chiamò. Io pensavo che avesse bisogno di una indicazione stradale, mentre mi disse: 'Lasciamo perdere Montante, scordatelo. E non ti dimenticare che il 30 maggio hai l'udienza presso la Sorveglianza...'. Mi lasciò lì su due piedi, non mi diede neppure il tempo di avere una reazione. Salì su una Bmw di colore grigio e andò via". A raccontarlo in aula, davanti al Tribunale di Caltanissetta, è il pentito Pietro Riggio sentito, come teste assistito, nel processo per depistaggio a carico di due ex generali dei carabinieri in pensione accusati del reato di depistaggio, gli ufficiali Angiolo Pellegrini, 82 anni, storico collaboratore del giudice Giovanni Falcone, e Alberto Tersigni, 63 anni, entrambi per anni in forza alla Dia. Riggio spiega poi che, a suo avviso, il "soggetto" di cui parla sarebbe stato un uomo vicino ai Servizi segreti.
Secondo la procura di Caltanissetta, rappresentata oggi in aula da pm Pasquale Pacifico, avrebbero ostacolato le indagini della Procura a riscontro delle dichiarazioni del pentito Pietro Riggio, ex agente della polizia penitenziaria poi arrestato con l’accusa di essere legato clan mafiosi. Secondo l’accusa, non avrebbero dato il giusto peso alle rivelazioni di Riggio che avrebbero potuto portare alla cattura dell’allora latitante Bernardo Provenzano e a quelle relative a un progetto di attentato all’ex giudice del pool antimafia Leonardo Guarnotta. Alla sbarra anche l’ex poliziotto Giovanni Peluso, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo la Procura avrebbe agevolato Cosa Nostra favorendo la latitanza del boss corleonese.
Pietro Riggio sarebbe, quindi, stato intimorito poco prima di tornare in carcere, nella primavera del 2016, in merito al possibile coinvolgimento, con le sue dichiarazioni, di Antonello Montante, l'ex presidente di Confindustria Sicilia condannato per corruzione per la rete che aveva creato, con il supporto di politici e ufficiali, per raccogliere informazioni riservate su persone a lui vicine e pentiti.
Il collaboratore di giustizia, rispondendo alle domande del pm Pasquale Pacifico, ha poi ricordato di avere conosciuto il generale Nicolò Pollari, ex numero uno del servizio segreto militare ai tempi del Sismi. "Collaboravo con un ufficio legale, perché l'avvocato era su una sedia a rotelle, e mi occupavo di tutte le incombenze- racconta in aula - Una sorta di segreteria. Poi ho saputo l'avvocato Verdesca era amico personale di Nicolò Pollari perché lo aveva difeso nel processo in cui Pollari era imputato a Venezia". Racconta che Pollari lo avrebbe cercato nello studio di Latina del legale in cui Riggio lavorava.
Roma, 18 mar. (Adnkronos Salute) - La Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) accoglie con interesse l'approvazione definitiva della riforma dell'accesso ai corsi di laurea in Medicina e chirurgia, odontoiatria e Medicina veterinaria e si rende disponibile a collaborare con il ministero dell'Università e della Ricerca (Mur) per l'attuazione delle iniziative di orientamento nelle scuole secondarie superiori. Uno degli aspetti qualificanti della riforma - spiega la società scientifica in una nota - è proprio l'attività di orientamento, che rappresenta un'opportunità concreta per avvicinare gli studenti alle discipline sanitarie, promuovendo la consapevolezza dell’importanza e il fascino di specialità mediche come l'Anestesia e rianimazione. Siaarti ritiene fondamentale sensibilizzare i giovani sulla necessità di coltivare una vocazione verso queste specializzazioni, cruciali per il sistema sanitario e per la gestione delle emergenze ad alta complessità.
"Siamo pronti a offrire il nostro contributo nell'ambito dell'orientamento scolastico - afferma Elena Bignami, presidente Siaarti - affinché gli studenti possano maturare scelte più informate e motivate verso le professioni sanitarie, in particolare quelle dell'area critica". Accanto alle opportunità offerte dalla riforma, permangono tuttavia alcune preoccupazioni. La presidente Siaarti esprime dubbi sulla capacità delle università di garantire una didattica di qualità e un'adeguata formazione pratica con l'incremento degli studenti ammessi. "Numeri così elevati - osserva Bignami - rischiano di compromettere la qualità della didattica frontale e della formazione pratica nei tirocini, con possibili ripercussioni sul livello di preparazione dei futuri medici e specialisti. Non siamo convinti che questo nuovo assetto organizzativo possa realmente garantire un effettivo diritto allo studio e una formazione equa per tutti, soprattutto per la parte pratica".
A destare ulteriori timori è il combinato disposto tra questa riforma e le disposizioni del cosiddetto 'Decreto Calabria' e dei successivi provvedimenti, che consentono ai medici specializzandi, già dal secondo anno di corso, di partecipare ai concorsi per le assunzioni nelle aziende sanitarie. "Se non si pone un'adeguata attenzione alla qualità della formazione - avverte la presidente Siaarti - il rischio è che i giovani medici vedano ridotti non solo gli anni di formazione effettiva, ma anche la loro preparazione a causa del sovraffollamento e della necessità di entrare subito in mondo del lavoro caratterizzato dalla carenza di organico. Ciò - aggiunge - potrebbe avere ripercussioni negative sulla qualità dell'assistenza sanitaria, specialmente nelle discipline ad alta complessità come la nostra".
Siaarti ritiene che sia il momento di aprire una riflessione più ampia sulla durata del percorso formativo in Medicina e Chirurgia e sulla specializzazione. "Potremmo immaginare un corso di laurea in Medicina ridotto a 4 anni, con un percorso di specializzazione della durata di altri 4 anni: i primi 2 senza possibilità di assunzione e gli ultimi 2 con una crescente autonomia professionale - suggerisce Bignami - Questa potrebbe essere una strada per garantire una formazione più mirata e di qualità, evitando il rischio di medici formati in tempi ridotti ma con competenze non adeguate".
Siaarti auspica che i decreti legislativi attuativi della riforma tengano conto di queste criticità e si rende disponibile a un confronto costruttivo con le istituzioni per individuare soluzioni che possano coniugare l'aumento dell'accesso con la necessaria garanzia di qualità formativa.
Gaza, 18 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas ha dichiarato di attribuire la responsabilità dei nuovi raid aerei a Gaza al "supporto politico e militare illimitato" dell'amministrazione statunitense a Israele. "Con il suo illimitato sostegno politico e militare all'occupazione (Israele), Washington ha la piena responsabilità dei massacri e dell'uccisione di donne e bambini a Gaza", ha affermato Hamas in una dichiarazione.
Roma, 18 mar (Adnkronos) - Intesa trovata nel Pd sul testo della mozione che i dem si apprestano a presentare in occasione delle comunicazioni della premier Meloni in Parlamento in vista del Consiglio Ue. Nel documento, che ora viene sottoposto all'Assemblea dei Gruppi dem, sono confermate le critiche al piano ReArm Eu con un via libera al 'Libro bianco sulla difesa'. Nessun riferimento esplicito a un no al piano di Difesa Ue, invece.