C’era una volta una squadra che vestiva rossonero e dominava in Italia e in Europa. Di quella società sono rimasti solo i colori e i ricordi annacquati da una realtà grigia come il cielo sotto il quale il Milan consuma una delle partite più imbarazzanti della stagione. Piccola, impaurita e allo sbando davanti all’Empoli, la squadra di Inzaghi si mette in un angolo a parare i colpi di una Squadra con s maiuscola, quella toscana. E deve essere contenta del pareggio perché, per quanto si è visto nei novanta minuti, la sconfitta era l’unico risultato possibile se le partite si giocassero ai punti. Invece capita che sull’unica azione degna di nota costruita Destro batta Sepe per il momentaneo vantaggio all’intervallo. Una fortuna che compensa abbondantemente i problemi fisici di Alex e Paletta, gli ennesimi degli ultimi mesi in casa rossonera.
Ma non si può neanche lontanamente spiegare con la sola infermeria piena, l’inferiorità del Milan. L’Empoli la domina, nelle gambe e nella testa e va via da San Siro con due punti di meno di quanto meritasse. La consueta, solida organizzazione tattica dei toscani mette a nudo i limiti di una squadra che non sa come creare superiorità numerica, lenta e impacciata. La mediana azzurra azzanna le caviglie dei dirimpettai che non riescono a saltare l’uomo, pressati in ogni angolo di campo. E sulle palle recuperate, gli uomini di Sarri costruiscono due occasioni limpide che né Pucciarelli né Mario Rui concretizzano. Il portoghese prova anche a sorprendere Diego Lopez con un tiro da quaranta metri ma la palla si spegne di poco a lato. E quando Destro punisce l’unico buco creatosi nel 4-3-1-2 perfettamente eseguito, l’Empoli non se ne cura.
Ricomincia a macinare gioco, respingendo il Milan nella propria metà campo, ingabbiato dalle sue stesse paure. Verdi entra al posto di Vecino e si presenta con un errore in area che sarebbe potuto valere il pareggio immediato. L’appuntamento è solo rimandato perché c’è solo una squadra che gioca a calcio, l’altra pensa a non prenderle difendendo il vantaggio. In campo non contano argenteria e stipendi: ‘big’ e ‘provinciale’ si appiccicano al contrario sulle magliette. Così la costanza e l’applicazione del propria identità premia l’Empoli a un quarto d’ora dalla fine, quando Maccarone gira in porta l’ennesimo cross di Hysaj. Se i toscani non bissano è solo perché Diego Lopez si immola su Tavano, parando di mano fuori area la conclusione dell’attaccante nata dopo l’ennesimo errore in fase di disimpegno. Inzaghi, inerte davanti all’inconsistenza dei suoi, ringrazia se stesso per aver atteso ad effettuare il terzo cambio e toglie Destro per inserire Abbiati. Il Milan accoglie il fischio finale come una liberazione. Non si tratta di un incubo, però. È la dura realtà che neanche il mercato di gennaio ha saputo ribaltare. Gli appena 27mila spettatori seppelliscono di fischi la squadra. Viene da ripensare alle parole di Lotito che hanno scatenato la bufera negli scorsi giorni: “Non si vendono i diritti tv all’estero con le piccole realtà”. Uno spettacolo come quello offerto da una ‘big’ come il Milan non aiuta di certo.
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