Un’evasione fiscale milionaria internazionale. La Procura della Repubblica di Tempio Pausania in Gallura sospetta che dietro le transazioni per la cessione della Costa Smeralda dalla Colony Capital dell’americano-libanese Tom Barrack alla Qatar Holding investments, per una cifra vicina ai 600 milioni di euro, ci sia stata una evasione fiscale per un valore di circa 132,8 milioni. Un sequestro del valore equivalente è stato eseguito nei confronti di diverse persone italiane e straniere coinvolte nella compravendita, avvenuta nel mese di maggio 2012, del complesso immobiliare del nord della Sardegna più famoso e gettonato del Mediterraneo. Sono stati iscritti nel registro degli indagati i nomi di dieci persone diversamente coinvolte: un belga, un francese, tre americani, due lussemburghesi e tre italiani, ma non sardi. Si tratterebbe di manager che per motivi diversi avrebbero avuto un ruolo nell’operazione.
Quella che, secondo quanto emerso dall’inchiesta svolta dal nucleo di Polizia tributaria di Sassari, prevedeva articolate modalità tecnico contabili per evitare la tassazione in Italia, creando intenzionalmente società “esterovestite” in Lussemburgo, a seguito di pregresse operazioni svolte nelle isole Cayman, in Olanda e in America. L’indagine ha consentito di dimostrare che tutte le decisioni gestorie e commerciali venivano prese in Italia e che alcune società italiane amministravano autonomamente, di fatto, l’intero portafoglio immobiliare della Costa Smeralda. Il Procuratore Capo della Repubblica di Tempio Pausania, Domenico Fiordalisi, ha coordinato di persona per oltre un anno tutte le attività di Polizia Giudiziaria, avvalendosi anche dell’attività informativa dell’Arma dei Carabinieri, per connesse indagini di corruzione nello stesso procedimento penale e della piena collaborazione dell’Agenzia delle Entrate.
Secondo l’indagine si è potuto ricondurre a tassazione in Italia due società con sede in Lussemburgo, che attraverso la cessione delle quote riferibili all’intero portafoglio immobiliare della Costa Smeralda, ha generato una plusvalenza non dichiarata al Fisco italiano di 482,874 milioni di euro. Tra i dieci indagati a cui è contestato il reato di evasione fiscale internazionale non figura però Barrack. Il Procuratore Domenico Fiordalisi ha secretato l’interrogatorio dell’uomo d’affari statunitense sino al 2012 proprietario del fondo di investimenti della Costa Smeralda, ora passato alla holding controllata dall’emiro del Qatar, Al Thani. Barrack è stato sentito lo scorso venerdì in qualità di persona informata sui fatti, dagli uomini della Guardia di Finanza. Le sue dichiarazioni, dunque, sono state secretate, in quanto gli inquirenti ritengono che il contenuto dell’interrogatorio possa nuocere al prosieguo dell’indagine.
Forse per cercare di tamponare il disastro, poi, nei giorni scorsi c’è stata una transazione economica tra i rappresentati della Colony Capital e i funzionari dell’Agenzia delle Entrate di Olbia, un concordato fiscale concluso con il versamento nella casse dell’Erario di 2 milioni di euro. Ma si è trattato dell’adesione a un concordato tributario che, è stato precisato dagli investigatori, “non influisce minimamente sull’indagine avviata nell’ottobre dello scorso anno sulla vendita della Costa Smeralda avvenuta nel 2012”. Quindi prende corpo e diventa sempre più concreta e pesante l’ipotesi che sia stata portata a segno una gigantesca evasione fiscale ai danni delle case dello Stato, frode messa in atto con la partecipazione attiva di alcuni personaggi che, alternandosi, rivestivano la veste di venditori e di acquirenti, dagli ex proprietari del regno di Karim Aga Khan. Nell’aprile scorso l’inchiesta penale aveva visto lo stesso procuratore della Repubblica di Tempio dirigere personalmente una importante e delicata perquisizione finalizzata all’acquisizione di documenti in uno studio professionale tra i più quotati, a Milano e in Italia, nel campo del diritto amministrativo e tributario. Uno studio che associa avvocati di grido, commercialisti e notai.
Tra carte e strumenti informatici il magistrato ha rinvenuto, grazie all’esperienza degli ufficiali di polizia tributaria della Guardia di finanza di Sassari, Maurizio Sebastiani e Giovanni Mandalà gli “incastri” societari che attesterebbero l’avvenuta evasione fiscale. L’operazione si sarebbe concretizzata utilizzando, come scatole cinesi, una decina di società, molte delle quali in Lussemburgo. E alle quali erano intestate le quote societarie che riguardano i settori alberghiero, immobiliare, servizi, ristorazione che facevano parte del pacchetto Costa Smeralda senza versare neppure un euro nelle casse dell’erario italiano. L’indagine, secondo le prime indiscrezioni, sarebbe giunta alle battute finali e nelle prossime settimane il capo della Procura gallurese potrebbe inviare gli avvisi di conclusione dell’inchiesta agli indagati.