“Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate a un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”.
A stabilirlo non è una legge sul segreto di Stato di un qualche regime antidemocratico in giro per il mondo ma è la nostra Legge n. 241 del 1990 che, ironia della sorte, è meglio nota come Legge sul diritto di accesso. Una legge, forse, già nata vecchia e poco democratica ma oggi divenuta, a dir poco, anacronistica.
Una legge che prevede che il cittadino debba dimostrare di avere uno specifico interesse – quasi giustificarsi, chiedere scusa o permesso – per accedere ai dati, alle informazioni ed ai documenti che lo riguardano o che riguardano l’amministrazione della cosa pubblica in possesso delle pubbliche amministrazioni.
Una legge che più che garantire il diritto dei cittadini a sapere, a capire ed ad essere informati, difende l’amministrazione dall’esercizio di tale diritto da parte dei cittadini, quasi che le istanze di accesso dei cittadini alle informazioni pubbliche siano fastidiose ingerenze di impiccioni e guastafeste.
E’ arrivato il momento di cambiare verso, per dirla con un’espressione cara al Premier, Matteo Renzi. E’ arrivato il momento di riallineare l’Italia agli oltre novanta Paesi al mondo nei quali esiste da tempo una legge che stabilisce l’esatto contrario: l’amministrazione è una casa di vetro, il cittadino non ha bisogno né di giustificarsi, né di chiedere permesso quando chiedere di accedere ad un dato, un’informazione o un documento in possesso di un’amministrazione ma è, semmai, quest’ultima che deve giustificarsi e scusarsi se, per reali esigenze di ordine pubblico, sicurezza nazionale o poco altro si trova costretta a negare al cittadino il diritto di sapere.
E’ conosciuto, in tutto il mondo, con l’acronimo Foia – Freedom of information Act – e così lo ha chiamato anche il Presidente del Consiglio Renzi, il 24 febbraio 2014, nel suo discorso di insediamento davanti al Parlamento, promettendo: «…non semplicemente il Freedom of Information Act, ma un meccanismo di rivoluzione nel rapporto tra cittadini e pubblica amministrazione tale per cui il cittadino può verificare giorno dopo giorno ogni gesto che fa il proprio rappresentante».
Ed è proprio da questa promessa che trenta associazioni della società civile italiana, ormai da mesi, hanno iniziato a lavorare per scrivere il testo di una vera legge capace di garantire, anche in Italia, il diritto di accesso a tutti i dati, le informazioni ed i documenti in possesso della pubblica amministrazione a chiunque ne faccia richiesta.
Ed è proprio questo che oggi, davanti a parlamentari di tutti gli schieramenti, le associazioni riunite sotto l’etichetta dell’iniziativa – Foia4Italy – diranno: il Premier lo ha promesso, noi abbiamo scritto la legge ed ora non resta che approvarla. Una richiesta semplice, coerente con il programma di governo ed ad un tempo rivoluzionaria nel metodo e nella sostanza sia perché viene dal basso – dalla società civile – e si perché mira ad imporre un’autentica rivoluzione copernicana nel rapporto tra Stato e cittadini: da tutto è segreto salvo eccezioni a tutto è pubblico salvo eccezioni. Un tassello di straordinaria importanza per i cittadini e per chi fa informazione, in un Paese nel quale tutte le leggi dello Stato sembrano dire “Meglio se taci” – proprio come il titolo, se mi è consentita l’autocitazione del libro scritto con Alessandro Gilioli ed appena uscito in libreria – avere finalmente accesso, per davvero, alle informazioni pubbliche, significa poter raccontare storie, fare inchieste e, soprattutto, restituire, finalmente, a tutti i cittadini il diritto di sapere.
E, in attesa che Parlamento e governo facciano la loro parte, oggi, Diritto di Sapere ha aperto al pubblico la versione beta della sua piattaforma “Chiedi”, uno straordinario strumento nato con l’obiettivo di rendere effettivo l’esercizio di quel modesto diritto all’accesso alle informazioni pubbliche che, sin qui, le leggi dello Stato, riconoscono ai cittadini.
Un percorso, in una manciata di click, per chiedere ciò che si ha già diritto a sapere con qualche speranza in più di quelle effettivamente avute sin qui, di ottenere una risposta. Un’altra iniziativa dal basso. Un’altra iniziativa da salutare con grande calore democratico ma, soprattutto un’iniziativa con un fine straordinariamente nobile come quello di rendere più trasparente la gestione della cosa pubblica, combattendo così piccole e grandi ruberie e corruttele che garantiscono privilegi a compagni di merenda ed amici degli amici e creano diversità, disomogeneità ed abissi tra cittadini che la costituzione vorrebbe uguali.