Dallo scorso 15 gennaio, la Consob sta conducendo un’ispezione negli uffici dell’istituto di Veneto Banca. Il faro della Commissione si è acceso sul rispetto delle regole in materia di collocamento dei prodotti finanziari ai piccoli risparmiatori. L’authority dovrebbe quindi concentrare la sua attenzione sulle vendita di azioni proprie. Le verifiche, non inusuali tra le banche, riguardano il rispetto della Mifid, la direttiva che detta le regole a tutela della clientela nel collocamento dei prodotti finanziari. Ma potrebbero intersecarsi con l’inchiesta della magistratura qualora venisse accertato che l’istituto – reduce da un aumento di capitale nel 2014 – abbia “spinto” allo sportello la vendita delle sue azioni, titoli non quotati che possono dare seri problemi in sede di liquidazione e che vengono prezzati dalla banca stessa a multipli maggiori delle concorrenti quotate, come per altro rilevato dall’Espresso nel lontano febbraio 2013. Proprio il prospetto informativo sull’aumento, mettendo in guardia dal “rischio di liquidità”, ricordava come a fine 2013 le richieste di vendita dei titoli da parte dei clienti erano “aumentate in modo considerevole” causando una dilatazione dei tempi di smobilizzo e lasciando il 14% degli aspiranti venditori con le azioni in mano. Tanto che tra il 2013 e metà 2014 all’istituto erano pervenuti 388 reclami di soci. Già nel 2013 la Consob aveva sanzionato con 495mila euro (ridotti a 307mila dalla Corte d’Appello) Veneto Banca per le “diffuse e reiterate condotte irregolari” nella “valutazione di adeguatezza delle operazioni disposte dalla clientela, in particolare su azioni e obbligazioni” emesse dall’istituto di Montebelluna.  Sanzioni che evidentemente non sono bastate a fermare l’ingranaggio.

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