L’Italia torna nel mirino dei fondamentalisti su internet. Dopo le minacce apparse su Twitter il 22 febbraio, gli jihadisti mettono mette in guardia l’Italia dall’entrare in guerra contro l’Isis. “L’Italia non entri in guerra contro lo Stato islamico” o il Mediterraneo “si colorerà del sangue dei suoi cittadini” e dovrà aspettarsi “potenziali lupi solitari italiani”. E’ la nuova minaccia dell’Isis nei confronti del nostro Paese, dopo giorni di dibattito politico interno sull’opportunità o meno di intervenire in Libia. A darne notizia anche stavolta è il Site, che cita le parole di un jihadista e posta una foto siglata “Khelafa media”, lo stesso che due settimane fa pubblicò un documento sui lupi solitari rilanciato anche nelle ultime ore. Nell’immagine anche una lapide con un’altra foto, ripresa dal video della decapitazione degli egiziani copti su una spiaggia libica, con il boia che brandisce un coltello.
Secondo gli 007 e l’antiterrorismo italiano, il susseguirsi di minacce è una vera e propria “campagna di guerra psicologica“, ma l’evocazione dei “lupi solitari” è un pericolo imprevedibile, da non sottovalutare, per cui resta la massima attenzione. Difficile distinguere tra vere notizie e messaggi di propaganda, sottolineano ancora le stesse fonti. Quello che è certo, spiegano, è che si è intensificata la campagna mediatica contro l’Italia in un momento in cui il governo italiano si propone di assumere un ruolo di primo piano in Libia.
Si tratta del secondo appello a “lupi solitari italiani”, foreign fighter tornati dai campi di addestramento del “Califfato” per compiere attentati in stile Parigi o Copenaghen (dove a sparare sono stati tuttavia cittadini francesi e danesi che hanno abbracciato il jihadismo). La nuova minaccia si rivolge direttamente all’Italia e non come di consueto alla città di Roma, che nella retorica jihadista rappresenta la Cristianità e di conseguenza l’Occidente. E’ stato il caso dell’immagine della bandiera nera sul Vaticano o di quando i tagliagole neri avvertivano di essere ormai “a sud di Roma”, cioè a sud dell’Europa.
Il governo libico di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale, ha intanto assicurato di avere “sotto controllo” il sito di Ruwagha con le residue armi chimiche (le meno pericolose) dell’arsenale di Muammar Gheddafi, che secondo il quotidiano Asharq Al-Awsat sarebbero finite nelle mani delle milizie, con il rischio che l’Isis possa prenderne il possesso. Non è chiaro tuttavia se in Libia ci siano ancora agenti chimici proibiti mai dichiarati all’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche. O se si tratti di un altro messaggio per mettere pressione sulla comunità internazionale.
E da oggi la Coalizione anti-Isis a guida Usa, che da settembre compie raid contro le postazioni del Califfato in Siria e Iraq, si è arricchita della portaerei francese Charles De Gaulle. Il ministro della Difesa, Jean-Yves Le Drian, si è recato stamani a bordo del fiore all’occhiello della Marina militare francese nelle acque del Golfo Persico settentrionale per dare personalmente il via alle nuove operazioni aeree contro l’Isis, che si aggiungono ai raid lanciati dalle basi di Abu Dhabi e Giordania. “Sei mesi di impegno ci ha permesso di fermare la conquista territoriale di Daesh e stabilizzare le linee del fronte – ha detto il ministro secondo quanto riferisce Le Figaro – ma la minaccia continua e le ragioni della nostra azione permangono”.