Le aziende legate alla ‘ndrangheta avevano messo le mani su appalti Expo per 100 milioni di euro. Lo scrive la Direzione nazionale antimafia nella relazione annuale presentata oggi a Roma. A tanto ammonta la quota di lavori per l’Esposizione universale che inizierà il primo maggio andata a imprese colpite dalle interdittive antimafia emanate dalla prefettura di Milano: 46 fino al 31 dicembre 2014. “La Prefettura di Milano ha emesso 46 interdittive nei confronti di imprese risultate affidatarie di contratti e subcontratti riguardanti o connessi all’Expo, per un valore complessivo di circa 100 milioni di euro”, si legge nella relazione. Anche se altre stime interne all’amministrazione milanese rivedono la cifra al rialzo: 120 milioni.

“In tale grave contesto di contiguità mafiosa“, sottoline la Dna, “colpisce come, a parte undici ditte provenienti dal Meridione (una dalla Campania, sei dalla Calabria e quattro dalla Sicilia), le restanti 35 imprese fino ad ora interdette abbiano tutte sede legale nell’Italia Settentrionale”. In particolare, venti in Lombardia, nove in Emilia Romagna e tre in Piemonte. Ma dalle interdittive emerge un dato netto: “Ben 32 di queste imprese” sono risultate “infiltrate dalla ‘ndrangheta”. Un dato, sottolinea la relazione nel capitolo curato dal procuratore nazionale antimafia Franco Roberti, “non fa che confermare la capacità delle cosche calabresi di ingerirsi e radicarsi nel tessuto economico di aree diverse da quelle di origine, un tempo ingenuamente considerate munite di anticorpi capaci di resistere alle pressioni criminali”.

Il settore più colpito risulta essere quello delle “infrastrutture stradali“, in cui operava la maggior parte delle aziende bloccate dalla prefettura in base alla normativa che permette di allontanare dai cantieri delle grandi opere pubbliche imprese segnalate dagli invesigatori antimafia. “Con ogni probabilità tale scelta è da collegare alla maggiore difficoltà che le forze dell’ordine incontrano nell’eseguire i controlli su cantieri che si estendono per lunghissimi tratti e pertanto non circoscrivibili”, notano i magistrati. Dei 100 milioni di commesse affidate a ditte poi interdette, “la maggior parte risulta al di sotto della soglia dei 150mila euro. Questo significa che “le imprese risultate infiltrate avevano mirato a contratti che, secondo le regole ordinarie, non sarebbero stati oggetto di controlli”.

La Dna sottolinea quindi il successo dei controlli ad hoc messi in campo per arginare l’interesse mafioso sul fiume di denaro pubblico garantito dai lavori per l’Esposizione universale. E li mette in parallelo con l’attività dell’Autorità anticorruzione guidata da Raffaele Cantone sull’altro versante “nero” di Expo, quello dei grandi appalti finiti al centro delle inchieste per corruzione coordinate dalla Procura di Milano, per le quali si sono già registrati numerosi patteggiamenti in tribunale, a partire da quelli del celebre duo di Tangentopoli  Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, fino al più recente dell‘ex manager di Expo 2015 spa Antonio Acerbo, che ancora attende il vaglio del giudice. “Le recenti indagini in materia di corruzione coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano hanno individuato un vero e proprio circuito corruttivo riguardante gli appalti pubblici conferiti (anche) per Expo 2015”, ricordano i magistrati.

I controlli hanno funzionato, afferma la Dna, ma il dato conferma la potenza anche economica della ‘ndrangheta in Lombardia. Tanto che nella relazione, il consigliere per il distretto di Milano Anna Canepa smonta le tesi accomodanti delle semplici “infiltrazioni”, ed esorta invece a parlare di “radicamento” delle organizzazioni criminali calabresi nell’economia della regione: “Il concetto di infiltrazione potrebbe avere avuto una sorta di effetto catartico e autoassolutorio per la società civile, dipinta come vittima di una specie di generalizzata estorsione”, scrive. Al contrario, “le investigazioni hanno dimostrato che l’imprenditoria non si limita a subire la ‘ndrangheta, ma fa affari con la stessa, spesso prendendo l’iniziativa per il contatto con la criminalità organizzata e ricavandone (momentanei) vantaggi”.

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