Se Audi fa girare in pista una RS7 a guida autonoma e Mercedes stupisce con un prototipo che definire futuristico è poco, Volvo non è da meno e, sebbene con meno clamore, percorre velocemente la sua strada verso la “driverless car”. L’approccio è quello della massima sicurezza e considerando di che marchio si sta parlando non c’è da stupirsi. Per la Casa svedese, addirittura, l’auto che guida da sola è solo una tappa, perché il punto di arrivo è quello di avere zero incidenti mortali causati da una Volvo entro il 2020. Ambizioso, non c’è che dire, ma gli inventori della cintura di sicurezza a tre punti e degli airbag laterali meritano sicuramente credito, anche perché tra meno di due anni si sarà concluso il progetto Drive Me. L’obiettivo è quello di far circolare nell’area metropolitana di Göteborg 100 auto a guida autonoma, un’iniziativa pilota necessaria per raccogliere dati e accumulare esperienza, con l’intenzione di estendere poi la loro presenza in tutta la Svezia.
Questo percorso dovrà poi superare diverse prove, prima di tutte quella della produzione in serie, che deve essere sostenibile, poi quello normativo, che non dipende da Volvo, e infine quello della sicurezza. Il problema principale, infatti, quello che costringe ogni azienda impegnata nell’innovazione a passare tra le maglie della burocrazia, riguarda l’area della responsabilità legale. Detto in maniera molto banale: se un’auto a guida autonoma è coinvolta in un incidente, di chi è la colpa? Non è per nulla facile stabilire se sia del guidatore, dell’auto stessa, delle infrastrutture o di un soggetto terzo che lo ha provocato. Per queste ragioni, tanto in California quanto in Germania, così come in Gran Bretagna o in Svezia, prima di mandare in giro dei mezzi che sanno fare di testa loro, bisogna ottenere una valanga di permessi.
In attesa che la giurisprudenza faccia il suo corso, Volvo cerca di renderle le cose più facili, aumentando al massimo la sicurezza. I tecnici svedesi vogliono che ogni “autonomous car” sia in grado di gestire qualunque situazione le possa capitare, anche quella di eventuali guasti meccanici. “Rendere un sistema così complesso affidabile al 99% non è sufficiente, bisogna arrivare molto più vicino al 100%”, ha precisato Erik Coelingh, Responsabile tecnico di Volvo. “Di qui deriva il nostro approccio, che è simile a quello adottato nell’industria aeronautica. Sviluppiamo una architettura fail-operational che possa garantire l’operatività anche dopo eventuali avarie e include sistemi di backup che permettono all’autopilota di continuare a funzionare correttamente anche nel caso in cui un elemento del sistema risulti disattivato.”
In parole povere, le Volvo autonome dovranno essere in grado di gestire l’avaria di una telecamera o di un sensore laser o, ancora peggio, un guasto meccanico. Per esempio, anche se nelle auto moderne i guasti all’impianto frenante sono rarissimi, secondo la Casa svedese un veicolo a guida autonoma deve avere un secondo impianto indipendente che ne assicuri comunque l’arresto. Facile a dirsi, più difficile a farsi, così per ora le vetture driverless circolano su strade selezionate che presentano condizioni idonee, cioè senza traffico in senso opposto e soprattutto senza ciclisti o pedoni, cioè le variabili più difficili da affrontare. Infatti, sebbene la tecnologia – fatta di sensori laser, telecamere, radar, Gps ad alta definizione e sistemi di posizionamento cloud – sia in grado di rilevare l’esatta posizione dell’auto vettura e fornire una panoramica a 360° dell’area intorno ad essa, basta un ciclista che alza la mano destra e poi gira a sinistra per metterla in seria difficoltà.