Da un lato il governo di Alexis Tsipras, che nega inversioni a U rispetto alle promesse fatte in campagna elettorale e inizia già a fare distinguo sulla possibilità di ripagare tutti i debiti e a ritirare alcuni impegni inseriti nella lettera approvata martedì dai creditori. Dall’altro la Germania, che dopo la cauta apertura di Angela Merkel torna a serrare i ranghi con una nuova, dura presa di posizione del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble. Il giorno dopo il sì dell’Eurogruppo all’estensione di quattro mesi del programma di assistenza finanziaria che permette alla Grecia di evitare il default, l’impressione è che i due fronti siano ancora nettamente contrapposti. E che fino ad aprile, quando la ex troika (Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale) dovrà dare il giudizio definitivo su un programma molto più dettagliato di quello presentato lunedì notte, la tensione resterà altissima.
Schäuble, intervistato dalla radio Swr2, ha chiarito che i cordoni della borsa restano stretti: “Solo quando vedremo che hanno rispettato completamente gli impegni saranno versati i soldi. Non un solo euro sarà pagato prima”. E non ha nascosto che in questa fase – con il Parlamento tedesco chiamato ad approvare l’accordo di ieri, che impatterà sui conti pubblici della Repubblica federale – “la domanda è se si può credere alle rassicurazioni del governo greco o no. Ci sono un sacco di dubbi in Germania, che devono essere capiti”. Dubbi destinare a moltiplicarsi di fronte alle dichiarazioni del ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis, membro dell’ala sinistra di Syriza, che ha annunciato che Atene non procederà con la privatizzazione della utility Ppc né della società della rete elettrica Admie. Decisione in contrasto con le promesse contenute nella missiva firmata dal titolare delle Finanze Yanis Varoufakis, in base alla quale il governo non avrebbe bloccato le cessioni già avviate. Come appunto quelle delle aziende del settore elettrico: per il 66% di Admie sono addirittura già stati selezionati i possibili compratori, State grid corporation of China e il gestore della rete italiana Terna.
Nel frattempo, poi Varoufakis ha messo le mani avanti sulla questione del rimborso dei prestiti ricevuti da Fmi e Bce. Cioè i creditori che martedì hanno più storto il naso davanti al programma poco dettagliato e privo di stime sull’impatto finanziario inviato a Bruxelles. “Non avremo problemi di liquidità con il settore pubblico. Ma avremo problemi nel ripagare le rate a Fmi ora e alla Bce in luglio”, ha detto il braccio destro di Tsipras ad Alpha Radio. Peccato che il giudizio di Washington e di Francoforte sia cruciale per convincere i Parlamenti nazionali che devono esprimersi sull’accettabilità della lista di riforme di Atene. Non solo: il loro ruolo nella gestione tecnica del piano di salvataggio è imprescindibile. E senza il via libera dell’Eurotower Atene non potrà toccare i fondi per la ricapitalizzazione delle banche trasferiti nelle casse del Fondo salva Stati. In un’altra intervista a Real Fm Varoufakis ha poi garantito che il surplus primario nei prossimi anni non supererà l’1,5% del Pil, cosa che stando al piano dovrà in realtà essere concordata con le istituzioni europee.