Lo descrivono come un “siluro’’ diretto all’operato del sottosegretario Davide Faraone che appena tre giorni fa, a braccetto con il leader regionale Fausto Raciti, ha accolto nel Pd siciliano i deputati di Articolo 4: un quintetto di ex cuffariani ed ex lombardiani che non vedevano l’ora di saltare sul carro vincente del “renzismo”. E’ il documento “carbonaro” che circola in gran segreto tra i civatiani e i cuperliani di Sicilia e che in queste ore passa di mano in mano tra gli iscritti di Trapani e Ragusa, di Enna e Catania, fucine del malcontento isolano. Due pagine di critica radicale a quel Pd “consegnatosi direttamente al centrodestra’’, che almeno 500 iscritti sarebbero pronti a firmare subito, con l’intenzione di restituire la tessera di quello che descrivono come il partito “dei pochi, dei potenti e dei faccendieri” e ormai diventato “la negazione totale della storia e dei nostri valori’’.
L’obiettivo? Tutto è ancora top secret, ma da un capo all’altro della Sicilia vengono segnalate grandi manovre per lo “strappo’’ che porterebbe alla costruzione di un nuovo “cartello’’ della sinistra che aggreghi i fuorusciti del Pd ai superstiti di Sel, agli ex del M5s e a pezzi della Fiom. Con la benedizione di Leoluca Orlando, alla guida di Anci Sicilia, indicato come uno dei tessitori silenziosi della trama, che avrebbe l’intenzione – neanche tanto segreta – di succedere a Rosario Crocetta sulla poltrona di governatore di Sicilia.
Sarà l’effetto Tsipras, sarà l’onda lunga di Podemos, ma le prove tecniche per il nuovo partito della sinistra, che da mesi lo stesso Pippo Civati vaticina, soffiando sui venti della scissione, sono in piena fase operativa in Sicilia, eterno laboratorio politico nazionale. Non è un caso che l’ideazione del documento dei 500 coincida con le dichiarazioni del leader della Fiom Maurizio Landini che, tra smentite e precisazioni, ha apertamente auspicato la nascita di un nuovo polo a sinistra del Pd.
Ma chi sono gli scissionisti pronti a lasciare il Pd siciliano accusato di essere un partito-macedonia? C’è Danilo Festa, consigliere comunale di Motta Sant’Anastasia (Catania), candidato a sindaco dal Pd del suo comune, ma stoppato dai quadri provinciali. C’è Nicola Manoli, consigliere comunale di Regalbuto (Enna), e ci sono Sabrina Rocca, Danilo Orlando e Lillo Fede, tutti di Trapani. Sono decine di amministratori locali, quadri di partito, e centinaia di semplici tesserati, stanchi di un Pd che ora, dicono, “ha bisogno di tornare all’anno zero’’.
Alla guida della “fronda’’, la ragusana Valentina Spata, referente di Civati in Sicilia, che aveva spaccato il partito già alle amministrative iblee, quando aveva pubblicamente annunciato l’appoggio al pentastellato Federico Piccitto. “Il Pd non è più il partito che ho contribuito a costituire’’, dice ora Spata, “è ormai una sigla unica dove si riparano gli stessi personaggi che hanno amministrato il potere con Cuffaro e Lombardo: non è più una questione morale, ma è una questione di dignità’’.
A far da pontieri per il nuovo cantiere siciliano della sinistra, i vendoliani di Sel che già in passato con il deputato Erasmo Palazzotto avevano messo in campo diverse iniziative in comune con il M5s: “L’ultima campagna acquisti – dice Palazzotto – dimostra che il gattopardismo è la cifra dell’evoluzione del partito di Renzi”. A mettere d’accordo i fuggiaschi del Pd con Sel e con i “grillini’’, sono essenzialmente tre temi: la lotta al Jobs Act, che per Landini il premier avrebbe scritto “sotto dettatura di Confindustria’’; la vicenda del Muos, la centrale radar statunitense di Niscemi; e infine la questione dell’acqua pubblica. A quattro anni dal referendum che ha sancito il passaggio delle reti idriche ai comuni, la volontà popolare non si è mai tradotta in legge. Proprio di recente, Orlando ha twittato: “Se la Regione non si muoverà entro marzo, Anci Sicilia scenderà in piazza’’. Non è una chiamata alle armi, ma poco ci manca.
di Giuseppe Pipitone e Sandra Rizza
Da Il Fatto Quotidiano del 25 febbraio 2015