Nel 2007, quando l’ideona prende forma, la Fiera di Milano era in crisi nera. Realizzare l’Expo sui terreni di proprietà della Fondazione che la controlla voleva dire risolvere ogni problema e resuscitare l’ente Fiera. Chi controllava, allora, la Fondazione? Il presidentissimo della Regione Lombardia Roberto Formigoni e gli uomini di Comunione e liberazione (o “Comunione e fatturazione”, come la chiamano i maligni). Al confine nordovest di Milano, tra l’autostrada dei Laghi e quella che porta a Torino, c’era un Triangolo delle Bermude racchiuso tra la nuova Fiera di Rho, il carcere di Bollate e il Cimitero Maggiore. Era in massima parte di proprietà della Fondazione Fiera di Milano. Un’area agricola inutilizzabile. A meno che… A meno che non arrivasse il tocco di una bacchetta magica a trasformare quella landa desolata, schiacciata tra due autostrade, un carcere e un camposanto, che non volevano neppure gli agricoltori. Valeva niente. Dopo il tocco dell’Expo, vale più di 300 milioni di euro.
Nel 2006, quando l’ideona è nata, sindaco di Milano era Letizia Moratti. È lei che vuole Expo: il successo mondiale dell’evento sarebbe stato un suo planetario successo personale. L’Expo all’inizio è questo: il sogno personale di Donna Letizia. Lo fa subito suo il Celeste Formigoni, che lo rimette con i piedi per terra con una bella operazione immobiliare sui terreni della Fiera. Una speculazione da 300 milioni di euro per riempire di cemento un’area altrimenti inutilizzabile. Realizzato il colpo dei terreni, si passa al banchetto vero e proprio: Expo è un’operazione che all’inizio promette investimenti per 15 miliardi di euro, tra l’esposizione (4) e le opere connesse (11).
Il tema scelto è l’alimentazione. Effettivamente da mangiare ce n’è. Seguono infatti tre lunghi anni spesi esclusivamente a litigare per decidere chi comanda. Senza fare assolutamente niente. Intanto però i soldi arrivano e cominciano a essere spesi: sono divorati 40 milioni di euro per la gestione del circo Expo, senza muovere neanche un mattone. Anzi, senza ancora neppure sapere se i terreni per l’esposizione sarebbero stati comprati oppure utilizzati in comodato d’uso. La Casta dell’Expo prende forma e prende, soprattutto, gettoni, stipendi, incarichi e potere.
Ma attenzione: Expo, come Crono, divora i suoi figli. La prima a cadere è proprio lei: Donna Letizia. Nel 2011, anno in cui torna alle elezioni con la speranza di essere confermata sindaco per poter finalmente gestire la “sua” Expo, un sondaggio le rivela che i milanesi ritengono proprio i ritardi su Expo il suo problema principale. Non sarà rieletta. Clamoroso, per Milano: Expo uccide la sua ideatrice e fa diventar sindaco il candidato di centrosinistra, Giuliano Pisapia. Costretto a lasciare la scena (per altre vicende politiche e giudiziarie) anche chi era uscito vincente dallo scontro con Moratti, quel Formigoni che si preparava a diventare il vero padrone di Expo. Divorati pure i manager posti al vertice dell’evento: prima Paolo Glisenti, poi Lucio Stanca.
Il loro successore, Giuseppe Sala, è messo a dura prova, ma alla fine ce la fa, tra polemiche, scandali, ritardi, inchieste e arresti. Racconteremo anche come, mentre la politica perdeva tempo a litigare, il mondo degli affari si preparava a banchettare con i soldi dell’Expo. Primi fra tutti, dentro la comunità degli affari, quegli imprenditori un po’ particolari che fanno riferimento alle cosche mafiose della ’ndrangheta, che hanno dimostrato di essere pronti prima degli altri. Alla fine, Pisapia eredita l’operazione Expo, ne accetta il peccato originale – i presupposti immobiliari stabiliti da Formigoni – e cerca di gestirla con l’obiettivo di ottenere il minimo danno per sé e qualche beneficio per Milano. Sa che la fine dell’esposizione coinciderà con la fine del suo mandato: se andrà bene, sarà la migliore delle campagne elettorali; se andrà male, Crono avrà il suo ultimo pasto.
da Il Fatto Quotidiano del 27 febbraio 2015