La maggioranza si rompe sulla più celebre delle leggi ad personam, la ex Cirielli del 2005 che falciò i tempi di prescrizione dei reati. Area popolare (Ncd-Udc) ha votato contro il testo di riforma della prescrizione all’esame della commissione Giustizia della Camera. Secondo il capogruppo Ap della commissione, Alessandro Pagano, con il nuovo testo “si rischia di portare il termine della prescrizione a 25-30 anni, inammissibile per un paese civile che deve garantire gli innocenti e una ragionevole durata del processo”. Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi garantisce che “la maggioranza ha già individuato un’ipotesi di accordo”, ma la storia del governo Renzi insegna che sulle materie penali non sempre agli annunci corrispondono i fatti (vedi le vicissitudini del falso in bilancio). Alla fine, comunque, il testo del governo è stato approvato con il voto contrario di Ap e Fi. Astenuto l’M5S perché, a quanto spiegato il capogruppo Vittorio Ferraresi, “è un passo avanti ma non sufficiente. La nostra proposta era lo stop della prescrizione con rinvio a giudizio e l’allungamento della metà per tutti i reati presenti nel titolo secondo, quindi anche la concussione oltre la corruzione”. Dopo il voro, il viceministro della Giustizia Enrico Costa, anche lui di Ncd, ha assicurato che la norma bocciata da suo partito “avrà dei correttivi in aula”.
Nella riunione di maggioranza di ieri si è discusso di un intervento sull’articolo 161 del codice penale, che regola appunto il tempo massimo di prescrizione. La Cirielli stabilì, tra mille polemiche, che la prescrizione di un reato, anche tenuto conto delle interruzioni legate alle vicende processuali, non può superare quella prevista dalla legge aumentata di un quarto. Ora il Pd vorrebbe portare quest’ultima proporzione a un mezzo.
Ma agli alfaniani l’abbandono della ex Cirielli non va giù. Secondo Pagano “per il combinato della sospensione, dell’allungamento dei reati con leggi precedenti e adesso anche con l’allungamento del termine di prescrizione della metà, si rischia di arrivare a 25-30 anni. La proposta di base del governo”, continua, “aveva trovato mediazione che è stata travolta dal lavoro in commissione, segno evidente di una posizione ideologica che per quanto ci riguarda mette in difficoltà lo stesso Governo “. Spiega Pagano: “Il nostro emendamento soppressivo è stato bocciato dalla commissione. Abbiamo votato a favore solo noi e Fi“. Dal fronte berlusconiano, la linea è spiegata dal consigliere politico Giovanni Toti: “La prescrizione è già infinitamente lunga”, per rendere la giustizia più breve ed efficiente “bisogna che funzionino i tribunali, investire risorse”. Non “un finto giustizialismo in pasto all’opinione pubblica”, ha detto a Skytg24.
Il nodo è che intorno alla corruzione si continuano ad affastellare interventi legislativi non propriamente organici. La legge anticorruzione attualmente in vigore è la Severino del 2012 (da una sua costola è nata anche la famosa legge su decadenza e incandidabilità dei politici), approvata sotto il governo Monti e che già aveva introdotto degli aumenti di pena rispetto al passato. Ma soprattutto dopo gli scandali Mose, Expo e Mafia capitale, la politica ha manifestato l’esigenza di inasprire ulteriormente le sanzioni, anche perché le pene previste dal codice, specie per i reati dei colletti bianchi, spesso restano sulla carta e vengono erose da patteggiamenti e benefici vari (vedi i primi esiti giudiziari dello scandalo Expo). In Commissione giustizia del Senato langue il ddl anticorruzione presentato due anni fa da Piero Grasso, dove già sono stati introdotti ulteriori aumenti di pena. Nel contempo, la Camera sta discutendo il ddl Ferranti (anche lei del Pd) “in materia di prescrizione”, che interviene ad hoc sui reati contro la pubblica amministrazione. Ma anche il governo ha un suo testo generale sulla prescrizione, che prevede dei meccanismi interruttivi dopo le condanne in primo e secondo grado. Ed è il combinato disposto tra l’aumento delle pene in Senato e l’aumento della prescrizione tra Camera e governo a provocare l’insurrezione degli alfaniani.
In origine, il reato base di corruzione si prescriveva in 7 anni e mezzo. Dopo la Severino del 2012 in 10. Ora, se passasse l’insieme di misure allo studio, servirebbero fino a 18 anni perché il reato di corruzione cada in prescrizione. Il ddl anticorruzione in discussione al Senato prevede infatti per la corruzione semplice di innalzare a 10 anni la pena massima, che è quella sulla quale si calcola la prescrizione. A questa cifra andrebbe aggiunta la quota non più di un quarto, ma della metà, ossia 5 anni. Infine vanno calcolati i 3 anni di sospensione previsti, per tutti i reati, nello stesso testo del governo: due dopo la condanna in primo grado e uno dopo la condanna in appello.
La commissione Giustizia della Camera ha approvato proprio oggi l’emendamento governativo. Prevede la sospensione del corso della prescrizione “per un tempo comunque non superiore a due anni”, dal deposito della sentenza di condanna di primo grado fino al deposito della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio; e per un tempo “non superiore a un anno” dal deposito della sentenza di secondo grado, “anche se pronunciata in sede di rinvio”, fino alla pronuncia della sentenza di rinvio. L’esame in Commisssione giustizia della Camera è terminato oggi e il provvedimento arriverà in aula – dove il Pd gode di una larga maggioranza – il 16 marzo.