Telefonare e usare Internet da uno Stato all’altro dell’Unione Europea resterà un salasso almeno fino al 2018. Dopo mesi di audizioni, giri di tavolo e negoziati falliti, il Consiglio Ue ha spazzato via la proposta della Commissione, votata dall’Europarlamento lo scorso aprile, di mettere fine al roaming. È, infatti, prevalso un compromesso al ribasso sul regomento che, dal 30 giugno, introdurrà solamente una limitazione del sovrapprezzo delle telefonate oltre confine: una quantità minima di sms, chiamate e dati dovrà essere garantita alla tariffa nazionale. Con buona pace della concorrenza sulla telefonia e del risparmio per tutti i consumatori.
I rappresentati dei 28 Stati membri hanno accettato il testo proposto dalla Lettonia, da inizio 2015 al timone della presidenza di turno dell’Ue, che prevede una linea molto più morbida e flessibile di quella proposta inizialmente dal Parlamento europeo nel pacchetto telecomunicazioni ‘Connected Continent‘ voluto dall’olandese Neelie Kroes, che prima da commissario alla Concorrenza e poi, dal 2010, come responsabile per l’Agenda digitale, si è sempre battuta per eliminare i costi extra sul traffico intracomunitario da cellulare.
Il testo votato, tuttavia, non solo sposta in avanti di tre anni l’azzeramento completo del roaming, ma indica norme sulla ‘net neutrality‘ che, pur vietando ogni forma di discriminazione sul trattamento del traffico, lasciano però agli operatori margini di manovra per gestire servizi speciali via Internet, che ovviamente saranno a pagamento.
È, infatti, intorno a questo punto che ruota il rinvio, o meglio la giustificazione adottata dal Consiglio Ue: dare del tempo in più alla Commissione per elaborare un regolamento che disciplini le ‘tariffe all’ingrosso’, vale dire quelle che gli operatori si praticano per l’accesso alle rispettive reti quando si cambia Stato.
Dal momento che con l’azzeramento del roaming la lobby delle telecomunicazioni perderebbe un mucchio di quattrini, il rischio concreto è che i gestori possano scaricare sul traffico nazionale questi mancati introiti, così come ha ammesso Fatima Barros, presidente per il 2015 del Berec (l’organismo Ue che riunisce i regolatori delle tlc dei 28). “Lo scambio di traffico tra i Paesi – ha detto – non è bilanciato, i costi per gli operatori ci sono e alla fine qualcuno deve pagarli”. Quindi, il roaming non può sparire dall’oggi al domani in Europa. “Altrimenti – secondo Barros – si corre il rischio che a pagare per quella minoranza che viaggia e si attacca a Internet sia chi resta a casa”. E gli italiani, per esempio, sono tra i meno “mobili” della Ue.
Così per i prossimi 36 mesi gli operatori telefonici saranno obbligati ad offrire pacchetti che permettano l’uso del telefono e del tablet in un altro paese Ue agli stessi prezzi domestici, ma solo entro limiti di tempo e volume dati stabiliti su base nazionale dei regolatori, limiti oltre i quali torneranno a scattare le tariffe roaming. Nel testo attuale non è stata ufficialmente fissata la quantità minima garantita di sms, chiamate e dati a tariffa nazionale, che dovrà essere negoziata con l’Europarlamento, anche se la proposta dei 28 punterebbe ad appena 5 sms, 5 minuti di chiamate effettuate e 5 ricevute e 5 Mb di dati giornalieri non cumulabili per un massimo di 7 giorni l’anno.
Nella riunione dei 28 Stati in cui è stato dato il via libera alla proposta di compromesso, l’Italia ha “espresso una posizione molto critica“. Il sottosegretario alle comunicazioni, Antonello Giacomelli, ha sottolineato che il testo “si è dimostrato poco ambizioso, addirittura prospettando un rinvio al 2018 e uno stop ai costi aggiuntivi nemmeno certo”. Parole dure anche per la neutralità della rete, visto che “la posizione espressa dalla Commissione delle telecomunicazioni americana (FCC ) va nella direzione opposta: accesso alla rete come servizio universale”. La richiesta italiana in Europa resta, quindi, chiara per Giacomelli: “Favorire una rete aperta e neutrale che non discrimini il traffico”. Certo è che la Penisola ha perso, per il momento, un importante battaglia, visto che non ha sfruttato i sei mesi di presidenza per far passare la sua linea, stracciata ora dalla quella lettone.