L’ex presidente del Parma Tommaso Ghirardi è indagato per bancarotta fraudolenta. La notizia era solo questione di formalità, visto che la Procura di Parma ha aperto un fascicolo per bancarotta fraudolenta che vede nel mirino la vecchia gestione del Parma Calcio e quindi i suoi passati amministratori. Ora, però, c’è anche l’ufficialità: il nome dell’imprenditore bresciano compare ufficialmente nel registro degli indagati. Dopo i vertici della Guardia di finanza, rimossi dai loro incarichi per la presunta inerzia nelle indagini sui conti del club emiliano, l’inchiesta travolge l’ex patron, che in questi giorni si è sempre difeso da ogni accusa.
Come ha anticipato la Gazzetta di Parma, gli inquirenti vogliono vederci chiaro nel buco di quasi 200 milioni lordi lasciato a carico della società sportiva, dietro cui si potrebbero celare comportamenti illeciti come distrazioni o occultamenti di risorse riconducibili a Ghirardi. Intanto il Parma continua a perdere pezzi. L’ultimo a lasciare la barca alla deriva verso il fallimento è stato Pietro Leonardi, ex amministratore delegato che nella nuova era del presidente Gianpietro Manenti era rimasto come direttore generale. Ma a pochi giorni dalla prima udienza prefallimentare del Parma, e con una situazione di incertezza finanziaria che sembra lontana dal potersi risolvere, Leonardi ha deciso di fare un ulteriore passo indietro. “Ho deciso di dimettermi da direttore generale del Parma Fc Spa – ha fatto sapere in una nota ufficiale – Le mie condizioni di salute, peggiorate negli ultimi tempi e l’attuale situazione ambientale che si è mio malgrado venuta a creare, non mi consentono più di svolgere il mio lavoro proficuamente, non volendo oltretutto risultare d’impaccio all’attuale proprietà”.
Con queste poche parole Leonardi, che da dicembre è finito all’ospedale due volte, si è defilato dalla prima linea della società, in cui era rimasto dopo aver traghettato il Parma Calcio dalla proprietà Ghirardi alla cordata di Rezart Taci fino all’arrivo di Manenti. Nelle ultime settimane l’ex ds si era fatto da parte, soprattutto dopo le prime contraddizioni emerse dalla figura del nuovo patron e il suo elenco di promesse mai mantenute. Sulle spalle di Leonardi poi sono piombate le responsabilità del passato: l’inchiesta per bancarotta fraudolenta aperta dalla Procura, e le pesanti accuse lanciate dai tifosi, che nella manifestazione dallo stadio Tardini chiuso in occasione del match rinviato contro l’Udinese, avevano protestato sotto la sua abitazione.
Con quest’ultimo addio il Parma è sempre più abbandonato a se stesso, anche se soluzioni per salvare la squadra si cercano incessantemente dalla città ducale a Roma. Il presidente di Figc Carlo Tavecchio in un incontro con il sindaco Federico Pizzarotti ha fatto sapere di avere pronto un piano da illustrare ai giocatori che “è già stato sottoposto ad alcuni club di A. Andrò a Parma anche per illustrarlo a loro sperando di convincerli. Un piano perché si giochi domenica”. L’obiettivo, dopo il rinvio delle sfide contro l’Udinese e il Genoa, è di salvare la partita contro l’Atalanta prevista domenica 8 marzo a Parma. Si pensa a una società esterna per la gestione dello stadio Tardini, con le risorse messe in campo dalle istituzioni calcistiche per garantire la fine del campionato, ma la decisione finale sul futuro del Parma spetterà alla Lega nella riunione di venerdì.
A interessarsi al club emiliano poi ci sarebbero nuovi possibili proprietari pronti a farsi avanti al posto di Manenti (che negli ultimi giorni non ha escluso l’idea di vendere), i quali avrebbero preso contatti con il sindaco Pizzarotti. Per primo l’imprenditore bolognese Massimo Zanetti si era detto disposto a mettersi a capo di una cordata di imprenditori parmigiani per prendere in mano le redini del club. A scendere in campo anche Gian Paolo Dallara della Dallara Automobili, che ha auspicato una ripartenza del Parma dai Dilettanti, il che significherebbe aspettare il fallimento della società, che sembra ormai inevitabile, e ripartire alleggeriti dai debiti da una categoria inferiore. A fare la differenza in questa partita potrebbe essere anche l’Upi, l’Unione parmense degli industriali, che tra i suoi membri annovera proprio il Parma Calcio, che si era affiliato proprio con l’arrivo del presidente Ghirardi. Da qui potrebbe muoversi un’altra cordata di imprenditori locali pronti a salvare la società ripartendo però dalla B ed evitando quindi il default. Ma il prezzo da pagare in questo caso sarebbero gli oltre 97 milioni di debiti netti che pesano sul club, e con i tempi che stringono e l’udienza prefallimentare alle porte, questa ipotesi ormai sembra una missione impossibile.