Non sarà uno sbarco in grande stile, come quello di Rosetta e il suo lander Philae sul suolo polveroso della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, ma per gli scienziati della Nasa è un “appuntamento storico”. Il primo incontro ravvicinato di una sonda terrestre con il più antico e, con un diametro di 950 km, il più grande corpo celeste della cintura di oggetti rocciosi che punteggiano la regione del Sistema solare tra Marte e Giove, la fascia degli asteroidi. In queste ore la sonda “Dawn” dell’agenzia spaziale Usa, dopo un viaggio di quasi 5 miliardi di chilometri durato sette anni e mezzo, entra nell’orbita di Cerere.
“Questo corpo celeste – che porta il nome della divinità romana dell’agricoltura propizia ai raccolti, ndr – rappresenta un campione dei mattoni dai quali si sono formati Venere, Terra e Marte”, spiega Carol Raymond, del Jet propulsion laboratory della Nasa (Jpl), tra i responsabili della missione Dawn, il cui nome significa, infatti, “albore”. Scoperto dall’astronomo padre Giuseppe Piazzi nel lontano 1801, e promosso nel 2006 da asteroide a “pianeta nano” – come Plutone, che fu, però, declassato dal suo status di pianeta -, questo sasso spaziale proveniente direttamente dalle origini del Sistema solare custodisce numerosi segreti, che gli scienziati della Nasa, grazie al rendez-vous di Dawn, sperano adesso di svelare.
A partire dalla coppia di macchie insolitamente brillanti osservate nei giorni scorsi su un cratere di Cerere, durante la manovra di avvicinamento della sonda della Nasa. “Quelle due macchie sono una caratteristica unica nel Sistema solare – sottolinea Raymond -. A generarle potrebbero essere materiali molto riflettenti, come sali o ghiaccio esposto”. La loro natura resta ancora tutta da decifrare. Per il momento, i planetologi della Nasa escludono solo che si tratti di un fenomeno di vulcanismo, perché questi punti di luce non sembrano essere collocati in cima ad una montagna, o a un picco.
La sonda Dawn, dopo aver già visitato per 14 mesi un altro corpo celeste della cintura degli asteroidi, Vesta, farà una lunga sosta anche nell’orbita di Cerere, continuandogli a ronzare intorno per almeno un anno, durante il quale si avvicinerà fino a raggiungere una distanza inferiore a quella che separa la Terra dalla Stazione spaziale internazionale (Iss), circa 400 km. Poi, una volta esaurito il suo carburante, fluttuerà intorno a Cerere come una sua luna artificiale. La missione della Nasa potrà aiutare a comprendere, grazie anche al contributo di due strumenti italiani, se il pianeta nano nasconde, ad esempio, un oceano sotterraneo di acqua. E fornire una possibile spiegazione sull’origine degli enormi “geyser” osservati lo scorso anno dal telescopio spaziale della Nasa “Herschel”.
Per avere le prime risposte bisognerà, però, attendere la fine di aprile. Prima di allora, Dawn resterà ben nascosto nel lato in ombra di Cerere. “Solo tra qualche settimana – precisa Raymond – il nostro messaggero comincerà a inviare a Terra i primi dati scientifici della missione”. L’attesa è grande tra gli scienziati. “Cerere in passato era simile ai satelliti Europa, di Giove, ed Encelado, di Saturno e, quindi – conclude la studiosa della Nasa -, ci attendiamo che abbia potenzialità astrobiologiche”. Un modo elegante e sommesso per indicare, cioè, condizioni adatte a ospitare la vita.