Continua, e si sposta a Bruxelles, la battaglia sull’inversione del versamento dell’Iva per i fornitori della grande distribuzione. Confindustria ha infatti presentato ufficialmente alla Commissione europea una denuncia contro il meccanismo introdotto dalla legge di Stabilità per contrastare l’evasione fiscale. Ma il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che martedì era nella capitale belga per l’Ecofin, ha fatto sapere che “tutte le misure” previste dalla manovra sono ormai state approvate dall’esecutivo Ue e non c’è quindi spazio per nuove contestazioni.
Da tempo i fornitori della grande distribuzione, a partire da aziende alimentari e imprese agricole, chiedono al governo di fare marcia indietro sulla cosiddetta “reverse charge”. Perché, sostengono, se l’imposta viene pagata all’Erario direttamente dagli acquirenti del prodotto e non più dai venditori, questi ultimi finiscono in credito nei confronti dello Stato, che gode di conseguenza di una sorta di prestito forzoso. Che rimborserà con i soliti tempi lunghissimi, facendo sì che le aziende rischino gravi problemi di liquidità nel periodo che va dalla fatturazione all’incasso dell’Iva. Il verdetto finale sulla fattibilità dell’intervento spettava appunto alla Commissione, visto che l’inversione contrasta con la normativa europea e negli anni scorsi Germania e Austria si sono viste bocciare operazioni simili. A fine gennaio proprio il quotidiano di Confindustria aveva riportato un’indiscrezione secondo cui Bruxelles aveva già detto no. Rumor mai confermati e che oggi sembrano anzi smentiti non tanto dalle parole di Padoan quanto dalla ratifica definitiva della Stabilità arrivata da Eurogruppo ed Ecofin.
L’associazione degli industriali però non si rassegna. E in una nota spiega che “le imprese italiane sono molto preoccupate perché se la misura venisse autorizzata produrrebbe pesanti conseguenze finanziarie per tutti i fornitori della grande distribuzione organizzata, considerata la mole di crediti Iva che matureranno”. E’ necessario, continua il documento, “incrementare la soglia di compensazione dei crediti Iva fino a 1 milione di euro e assicurare fondi adeguati per i rimborsi. L’Italia è nota per i tempi lunghi con cui effettua i rimborsi dei crediti Iva, tanto da essere oggetto di una apposita procedura di infrazione, e il meccanismo di inversione contabile rischia di acuire i ritardi nell’erogazione dei rimborsi, a scapito dell’effettiva neutralità del funzionamento dell’imposta sul valore aggiunto, con effetti devastanti sulla liquidità delle imprese e sui loro piani di investimento futuri”. Quanto all’obiettivo di contrastare l’evasione, “deve essere perseguito con fermezza” ma “l’introduzione di fattispecie di reverse charge ulteriori rispetto alle ipotesi elencate dalla direttiva Iva può essere consentita solo in presenza di rischi di frode ampiamente documentati”. E, sostiene la confederazione, “non è questo il caso delle forniture alla gdo”.