Ercole Incalza, storico dirigente del ministero dei Lavori pubblici, è stato arrestato su richiesta della procura di Firenze. Quattro persone sono finite in carcere o ai domiciliari: oltre a Incalza, l’imprenditore Stefano Perotti, il presidente di Centostazioni spa (Gruppo Fs) Francesco Cavallo e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza, questi ultimi due ai domiciliari. L’operazione è condotta dai carabinieri del Ros. Nel mirino la gestione illecita degli appalti delle cosiddette Grandi opere. Tra i lavori coinvolti, le principali nuove tratte ferroviarie italiane, in particolare l’Alta velocità, il Palazzo Italia di Expo, l’autostrada Orte-Mestre.
Agli indagati dell’operazione “Sistema”, 51 in tutto (tra loro Rocco Girlanda, sottosegretario alle Infrastrutture nel governo Letta), vengono contestati i reati di corruzione, induzione indebita, turbata libertà degli incanti ed altri delitti contro la Pubblica amministrazione. Le perquisizioni hanno toccato la Struttura di missione per le Grandi Opere presso il ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e gli uffici di diverse società, tra cui Rfi (Rete Ferroviaria Italiana, controllata da Ferrovie dello Stato), Anas international Enterprise, Ferrovie del Sud Est Srl, Consorzio Autostrada Civitavecchia- Orte-Mestre, Autostrada regionale Cispadana Spa, Autorità portuale Nord Sardegna. Alcune perquisizioni si sono svolte con il concorso di personale dell’Agenzia delle Entrate per gli accertamenti in materia fiscale.
In primo piano i rapporti tra Incalza e l’imprenditore Perotti, a cui sono state affidate nel tempo la progettazione e la direzione dei lavori di diverse grandi opere in ambito autostradale e ferroviario, dietro compenso. Al centro del sistema, la Green Field di Perotti, dove, ha spiegato il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo, Incalza aveva “un coinvolgimento diretto”. Dalle carte emerge che Incalza, “nel periodo 1999-2008 ha percepito compensi dalla Green Field Systems srl per complessivi 697.843,50 euro“, costituendo per il manager ministeriale “la principale fonte di reddito negli anni dal 1999 al 2012”. E’ lo stesso gip a sottolineare che Incalza “ha guadagnato più dalla Green Field che dallo stesso ministero delle Infrastrutture”. Dal 2001 al 2008 il suo collaboratore Pacella ha intascato “450.147 euro”.
La Green Field, secondo l’accusa, otteneva sistematicamente la direzione lavori, garantendosi un guadagno dall’1 al 3% degli importi, su appalti per un valore complessivo di 25 miliardi in diversi anni, ha spiegato il comandante del Ros Mario Parente. Gli inquirenti hanno sottolineato in conferenza stampa come “questo tipo di direzione dei lavori consentiva modifiche, con opere che lievitavano anche del 40 per cento”. Il procuratore Creazzo ha escluso la presenza di politici indagati. Nelle carte è citato più volte il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, che avrebbe ricevuto da Cavallo un vestito “sartoriale”, mentre il figlio Luca un Rolex, oltre alla promessa di incarichi lavorativi. Ma tra gli indagati figura Vito Bonsignore, europarlamentare Udc nella scorsa legislatura, poi passato a Forza Italia e infine nell’Ncd, coinvolto sul fronte dell’appalto per la Orte-Mestre.
Ecco, secondo l’accusa, come funzionava il sistema. Le società consortili aggiudicatarie degli appalti relativi alle “Grandi opere” erano “indotte da Incalza a conferire a Perotti, o a professionisti e società a lui riconducibili, incarichi di progettazione e direzione di lavori garantendo di fatto il superamento degli ostacoli burocratico-amministrativi”. Perotti, “quale contropartita, avrebbe assicurato l’affidamento di incarichi di consulenza e/o tecnici a soggetti indicati dallo stesso Incalza, destinatario anch’egli di incarichi lautamente retribuiti”. Incarichi che erano conferiti dalla Green Field System srl, società affidataria di direzioni lavori. A Francesco Cavallo, il numero uno di Centostazioni, “veniva riconosciuto da parte di Perotti, tramite società a lui riferibili, una retribuzione mensile di circa 7.000 euro, come compenso per la sua illecita mediazione”.
Nella conferenza stampa, gli inquirenti hanno elencato le opere affidate a Perotti, responsabile della società Ingegneria Spm, tra le quali figurano: la linea ferroviaria alta velocità Milano-Verona (tratta Brescia-Verona), conferiti dal Consorzio Cepav, aggiudicatario dei lavori; il Nodo Tav di Firenze per il sottoattraversamento della città, conferiti dal Consorzio Nodav; la tratta ferroviaria alta velocità Firenze-Bologna, conferiti dal Consorzio Cavet; la tratta ferroviaria alta velocità Genova-Milano, Terzo Valico dei Giovi, conferiti dal Consorzio Cociv; l’autostrada Civitavecchia-Orte-Mestre, conferiti dal Consorzio “Ilia Or-Me”; l’autostrada Reggiolo-Rolo–Ferrara, conferiti dalla Autostrada Regionale Cispadana spa; l’Autostrada Eas Ejdyer-Emssad in Libia, conferiti da Anas International Enterprise spa.
Dall’indagine è emerso anche come Perotti abbia influito illecitamente sulla aggiudicazione dei lavori di Palazzo Italia per Expo 2015 – nell’inchiesta fiorentina è indagato anche Antonio Acerbo, manager Expo che ha chiesto di patteggiare dopo il coinvolgimento nell’inchiesta milanese – del nuovo terminal del porto di Olbia e di alcuni interventi di molatura delle rotaie assegnate da Rfi alla società Speno, riconducibile allo stesso Perotti, e dalle Ferrovie del Sud Est. Perotti aveva anche ottenuto dal consorzio Italsarc, in favore di società a lui riconducibili, l’incarico di direttore dei lavori inerenti l’appalto Anas relativo ad un macro lotto dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria e il conferimento dell’incarico di progettazione del nuovo centro direzionale Eni di San Donato Milanese.
Incalza è stato un superburocrate delle Infrastrutture, dopo essere cresciuto nella “sinistra ferroviaria” del Psi negli anni Settanta (leggi la scheda). Esordì nel 2001 come capo della segreteria tecnica di Pietro Lunardi nel secondo governo Berlusconi, poi nei 14 anni successivi ha “servito” tutti gli esecutivi tranne quello di Romano Prodi del 1996, quando il ministro Antonio Di Pietro lo allontanò. Fu poi Altero Matteoli (ancora con Berlusconi) a promuoverlo capo struttura di missione, con la successiva conferma di Corrado Passera (governo Monti), Maurizio Lupi (governo Letta) e di nuovi Lupi (governo Renzi). Poi l’addio in sordina nel gennaio scorso, mantenendo comunque un ruolo di superconsulente. Nella sua trentennale carriera, Incalza è stato indagato ben 14 volte, uscendone però sempre indenne. Il suo nome ricorre nelle carte delle principali inchieste sulla corruzione nelle grandi opere, da Mose a Expo passando per la “cricca” di Anemone e Balducci. Cosa che non ha fermato la sua carriera in seno al ministero delle Infrastrutture. Un percorso che non è stato scalfito nemmeno, la scorsa estate, dall’inchiesta del Fatto Quotidiano che ha raccontato anche come la Cricca avesse pagato 820 mila euro di una casa di 8,5 vani catastali destinata a sua figlia. Nonostante questa vicenda e soprattutto nonostante fosse indagato nell’inchiesta No Tav Firenze, Lupi nel luglio scorso difese Incalza respingendo la richiesta dei 5 Stelle di rimuoverlo dall’incarico.
Tutte le principali Grandi opere sarebbero state oggetto dell’”articolato sistema corruttivo che coinvolgeva dirigenti pubblici, società aggiudicatarie degli appalti ed imprese esecutrici dei lavori”. Le indagini sono coordinate dalla procura di Firenze, perché tutto è partito dagli appalti per l’Alta velocità nel nodo fiorentino e per il sotto-attraversamento della città. “Il Gip non ha ritenuto che sussistessero i gravi indizi per contestare l’associazione per delinquere e dunque l’ha rigettata nel provvedimento con cui ha emesso la misura cautelare”, ha spiegato Creazzo, precisando che resta in piedi comunque l’ipotesi accusatoria.