Maurizio Lupi dice di non avere mai alzato il telefono per sistemare il figlio Luca. Ma dalle carte dell’inchiesta della Procura di Firenze che ha portato in carcere 4 persone, tra cui il plenipotenziario del ministero delle Infrastrutture Ercole Incalza, emerge un’altra verità. E’ il gennaio 2014, il ragazzo si è laureato da appena un mese e il papà ministro chiama Incalza, l’uomo che secondo i pm di Firenze è “in grado di condizionare il settore degli appalti pubblici”: “Deve venirti a trovare mio figlio“, gli dice Lupi intercettato dai Ros. Dialogo seguito da uno scambio altrettanto chiaro tra Incalza e Stefano Perotti, l’ingegnere che dal 2001 Incalza impone nel ruolo di direttore dei lavori ai contractor delle Grandi Opere, con il primo che informa il secondo: “C’è da incontrare il figlio di Maurizio”. E secondo i pm l’obiettivo è chiaro: “Allorché il ministro Lupi chiede ad Incalza di ricevere il figlio Luca, all’evidente fine di reperire una soluzione lavorativa in favore di quest’ultimo, lo stesso Incalza immediatamente si rivolge al Perotti, il quale subito si attiva” scrivono i magistrati di Firenze nella richiesta di custodia cautelare. “Questa non è una storia di ordinaria corruzione”, aggiunge la Procura, ma uno “scenario di devastante corruzione sistemica nella gestione dei grandi appalti”. Gli atti parlano, rileva il pm di “un’organizzazione criminale di spessore eccezionale che ha condizionato per almeno un ventennio la gestione dei flussi finanziari statali”. Per i magistrati inquirenti “nell’ambito degli appalti pubblici ed in particolare in quello delle ‘grandi opere’, le logiche della corruzione tuttora si impongono”. Ciò, secondo il pm “ha consentito ad un gruppo di soggetti di istituire una sorta di filtro criminale all’ordinario accesso ai grandi appalti pubblici da parte delle imprese private”.
Intervenendo all’inaugurazione di Made Expo a Rho-Pero, a Milano, il ministro è tornato sull’argomento, ribadendo la linea difensiva adottata nei giorni scorsi e tenendo il punto: “Io non avrei mai accettato un orologio”, ha detto il ministro riferendosi al Rolex da 10.350 euro donato da Perotti al figlio Luca in occasione della sua laurea. “Non ho mai fatto pressioni per chiedere l’assunzione di mio figlio e quindi non ci potrà mai essere alcuna intercettazione su questo – ha proseguito Lupi – anche perché mio figlio non ne aveva bisogno. Darò tutte le spiegazioni necessarie in Parlamento”, ha aggiunto. “Renzi non mi ha chiesto nessun gesto spontaneo – ha detto ancora il titolare del ministero delle Infrastrutture – io credo che debba dare, come è giusto che sia, tutte le risposte politiche perché ho letto da più parti osservazioni e domande giustissime sulla politica del ministero. Quindi risponderò anche alle domande più puntuali che sono emerse dalle intercettazioni”.
Video di Francesca Martelli
Il ministro tira dritto. “Se avessi chiesto a Perotti di far lavorare mio figlio, o di sponsorizzarlo, sarebbe stato un gravissimo errore e presumo anche un reato. Non l’ho fatto. Ho sempre educato i miei figli a non cercare scorciatoie. Non ho mai chiesto favori per loro”, giurava e spergiurava Lupi in un’intervista comparsa martedì su La Repubblica: difeso dal Nuovo Centrodestra, il ministro non ha dato segnale di voler rassegnare le dimissioni. Fino ad allora dall’ordinanza del gip emergeva soltanto come tra il 28 e il 30 gennaio 2014 Perotti venisse intercettato mentre discuteva di dove e quando “il figlio di Maurizio”, ingegnere, avrebbe cominciato a lavorare alle sue dipendenze: il ragazzo avrà un incarico con lo studio Mor di Genova (di proprietà della moglie di Perotti) impegnato su un cantiere nella costruzione di tre nuovi palazzi per uffici dell’Eni a San Donato Milanese.
Così il ministro delle Infrastrutture trova un pertugio per difendersi: “Stefano Perotti conosceva mio figlio da quando, con altri studenti del Politecnico, andava a visitare i cantieri. Sono amici. Così come lo sono le famiglie”, raccontava a La Repubblica. Amici al punto che il ministro non trova nulla da ridire quando l’uomo di fiducia di Incalza regala a Luca il Rolex da 10.350 euro. Amici al punto che Lupi e famiglia trascorrono almeno due weekend nella villa fiorentina di Perotti, quella con affaccio sul Duomo immortalata nell’ultimo spot pubblicitario di cui è protagonista Julia Roberts.
Amici al punto che il ministro non ha problemi a chiamare Perotti e a dirgli che “deve venirti a trovare mio figlio”. Il ragazzo viene assunto, ma dura fino allo scorso febbraio: il cerchio comincia a stringersi, l’aria attorno alla cricca del ministero di Porta Pia comincia a farsi pesante e Incalza e Perotti decidono che il ragazzo non può restare a San Donato Milanese. Così Perotti chiama Tommaso Boralevi e gli trova un posto negli Stati Uniti: “Mio figlio si è laureato al Politecnico di Milano nel dicembre 2013 con 110 e lode – argomentava ancora Lupi martedì – dopo sei mesi in America presso uno studio di progettazione, nel febbraio dello scorso anno gli hanno offerto un lavoro. Ci ha messo un anno, come tutti, ad avere il permesso di lavoro e da marzo di quest’anno lavora a New York“.
Aggiornamento del 15/12/2021
In data 23 settembre 2016, il gip presso il Tribunale di Firenze ha disposto l’archiviazione del procedimento nei confronti di Stefano Perotti, Corinne Perotti, Philippe Perotti, Christine Mor ed altri.