Lo scorso anno l’Agenzia delle entrate ha ottenuto dalla lotta all’evasione fiscale 14,2 miliardi di euro, uno in più rispetto al 2013. Lo ha annunciato il direttore generale Rossella Orlandi, spiegando che si tratta del risultato “più importante mai raggiunto”. La somma recuperata supera di oltre un miliardo quella registrata nel 2013, che era stata di 13,1 miliardi. Le entrate dal contrasto all’evasione sono cresciute di oltre il 220% rispetto ai 4,4 miliardi del 2006, anno in cui è stato inaugurato il sistema di misurazione basato sugli incassi. I mancati introiti (in gergo tax gap) dell’Iva sono diminuiti di 8 punti percentuali negli ultimi dodici anni. La cifra rientrata nelle casse dello Stato grazie all’attività dell’Agenzia è molto superiore rispetto a quella (3,8 miliardi) che il governo Renzi ha inserito nella legge di Stabilità come obiettivo prudenziale per il 2015.
Sull’attività delle Entrate pesa però ora l’incognita delle conseguenze che potrà avere la sentenza della Corte costituzionale di cui si è avuta notizia due giorni fa. La Consulta ha dichiarato illegittime le nomine senza concorso di circa 800 dirigenti, cosa che secondo alcuni potrebbe aprire la strada a ricorsi contro le pratiche da loro aperte. Ma a preoccupare i vertici è soprattutto l’impatto sull’operatività futura dell’agenzia: non è un caso se Orlandi giovedì ha lanciato l’allarme: “Se non troveremo una soluzione rapida c’è il rischio di bloccare l’attività dell’Agenzia delle Entrate per mancanza di leve di comando. Siamo già un’amministrazione con un rapporto 1 a 40, non avere oltre 800 dirigenti può indebolire e creare problemi alla struttura”. La numero uno ha poi difeso a spada tratta quanti hanno accettato incarichi anche “in condizioni di precarietà“, perché “senza di loro non saremmo arrivati fin qui”, e ha ricordato che sono stati scelti “in base ad una legge, che ora è stata dichiarata illegittima dalla Consulta ma che prima era legge”.
La tegola, peraltro, arriva in una fase di superlavoro per l’Agenzia, che sta iniziando a ricevere “un’enorme richiesta di informazioni” sul rientro dei capitali (voluntary disclosure), per il quale sono state già avviate le prime pratiche. Anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha espresso preoccupazione, spingendosi a dire che la decisione della Consulta “non ha facilitato il lavoro dell’Agenzia”. Ma ha assicurato però che la sentenza “non pone in discussione la legittimità degli atti” e “non c’è il rischio di perdere il lavoro prezioso fatto fino adesso”. Tesi condivisa dal costituzionalista Enzo Cheli, secondo il quale “gli effetti della pronuncia della Consulta valgono per il futuro e non per il passato”, per cui “i contribuenti non si illudano, le cartelle fiscali vanno pagate”.