Ercole Incalza, l’ex capo struttura di missione del Ministero delle Infrastrutture finito in manette la scorsa settimana nell’indagine sui Grandi Appalti, resta in carcere. Lo ha deciso il gip di Firenze Angelo Pezzuti respingendo la richiesta di arresti domiciliari avanzata dai suoi difensori durante l’interrogatorio di garanzia. Nel motivare il rigetto il giudice sottolinea la presenza di due buste nascoste dietro alcuni libri, contenenti denaro contante e un appunto dal quale emergerebbero dei versamenti per Incalza e Sandro Pacella, trovate durante la perquisizione della Green Field, società che secondo gli inquirenti veniva utilizzata per far arrivare i soldi delle commesse pubbliche a Incalza. Le buste sono state trovate nell’ufficio di Salvatore Adorisio, socio della Green Field e indagato dalla procura fiorentina.
“All’esito della perquisizione – afferma il giudice – sono state rinvenute, occultate dietro ad alcuni libri, in una libreria posta nell’ufficio” di Adorisio, “due buste contenenti complessivamente la somma di 2.110 euro in contanti”. All’interno di una delle due buste, inoltre, “insieme al denaro, è stato rinvenuto un foglio con dei calcoli numerici manoscritti, da cui si evince che la somma di denaro inizialmente ammontava a 53mila euro, da cui sono detratte alcune somme, per un totale di 50.890 euro“. “Deve pertanto ritenersi – prosegue il gip – che il denaro contante rinvenuto nella busta sia la residua parte della somma sopra indicata”. Inoltre, sempre nell’appunto, “si legge di sottrazioni ripetute per importi analoghi: in particolare due sottrazioni di 13mila euro e due sottrazioni di 9mila euro”. Somme che, conclude il gip, “sembrano corrispondere ai duplici versamenti reiteratamente fatti in favore di Ercole Incalza (quelli di maggiore entità) e di Sandro Pacella (quelli di minore entità)”.
Quindi il gip ha riscontrato la permanenza delle esigenze cautelari e dei motivi che hanno portato alla scelta dell’arresto. Incalza è stato arrestato lunedì 16 marzo insieme all’imprenditore Stefano Perotti. Ai domiciliari sono invece finiti il collaboratore di Incalza, Sandro Pacella e un altro imprenditore, Francesco Cavallo. Il gip deve ancora decidere sulla richiesta di scarcerazione di Perotti.
“Abbiamo letto l’ordinanza del gip: la rispettiamo ma non la condividiamo”, hanno dichiarato gli avvocati Titta e Nicola Madia, difensori di Incalza. “Riteniamo che Incalza abbia chiarito tutto durante il suo interrogatorio – affermano i legali – Peraltro dalla stessa ordinanza relativa a quella di custodia cautelare si comprendeva l’assoluta insussistenza di qualsiasi ipotesi di reato, dato che non si indica in quali dazioni di denaro sarebbe consistita la corruzione“.
“Comunque per una persona di 70 anni la detenzione in carcere appare non giustificata – ricordano Titta e Nicola Madia – Lo stesso codice prevede che persone di questa età debbano rimanere in carcere solo per casi eccezionali. Comunque restiamo fiduciosi: prima o poi le ragioni di Incalza si affermeranno”.
L’inchiesta – Secondo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta della Procura di Firenze, Incalza tre mesi fa avrebbe pianificato il modo in cui riuscire “di fatto a controllare ancora” gli appalti per le grandi opere, malgrado fosse “formalmente fuori” dalla Struttura tecnica di Missione del dicastero. E lo stesso ex dirigente pubblico si sarebbe attivato, anche dopo averne parlato con l’ormai ex ministro Maurizio Lupi, affinché Paolo Signorini, “già direttore del Cipe”, prendesse “il suo posto”, incarico che quest’ultimo ricopre tuttora.
In una telefonata intercettata del 19 dicembre scorso una collaboratrice del Ministero, riassumono i pm, “si compiace di alcuni passaggi di un emendamento sulla Struttura tecnica di Missione in cui risultano confermati i rapporti di collaborazione in essere”. E “si comprende”, scrivono gli inquirenti, che è stato lo stesso Incalza a scriverlo. Emendamento in cui “potrebbe rientrare” anche il super dirigente, “ma in realtà si comprende che l’idea di Incalza sia quella di apparire formalmente fuori ma di fatto controllare ancora tutto”.
Con l’inizio di quest’anno, infatti, Incalza è decaduto dal ruolo di responsabile della struttura tecnica, perché “forzatamente messo in pensione” in base alla legge Madia. Il progettista Stefano Perotti, direttore dei lavori delle grandi opere al centro dell’indagine e anche lui arrestato, intercettato il 26 dicembre scorso descrive, però, l’uscita di Incalza dalla struttura ministeriale come una “mera operazione di facciata”. Non poteva, tra l’altro, spiega Perotti, rimanere in quel posto senza compensi, perché, sempre secondo il progettista, il suo ragionamento sarebbe stato: “Se rimanessi gratis mi direbbero che a maggior ragione sono là per rubare”.
L’importante per Incalza, secondo i pm, era mantenere in vita la struttura tecnica e predisporre la successione. Dalle carte dell’inchiesta, infine, e nel capitolo dedicato agli interessi negli appalti libici di Perotti e Incalza, emerge anche la volontà di entrare in una commessa “per la predisposizione da parte della Selex (Gruppo Finmeccanica) di una rete di controllo per l’immigrazione”. “C’è un grosso appalto adesso in Libia… 350 milioni di euro (…) che dovrebbe essere un sistema di controlli (…) soprattutto adesso che sta venendo fuori tutto questo casino … gli immigrati che arrivano”, spiega nel maggio scorso Davide Vaggi, “indicato in fonti aperte come consulente di Impregilo e delle cosiddette ‘coop rosse'”, a Perotti.
Aggiornamento del 15/12/2021
In data 23 settembre 2016, il gip presso il Tribunale di Firenze ha disposto l’archiviazione del procedimento nei confronti di Stefano Perotti, Corinne Perotti, Philippe Perotti, Christine Mor ed altri.
Giustizia & Impunità
Incalza resta in carcere, gip dice no ai domiciliari: “Trovate buste con soldi”
Il giudice ha riscontrato la permanenza delle esigenze cautelari e dei motivi che hanno portato alla decisione scelta dell’arresto. Il manager è finito in manette lunedì 16 marzo insieme all’imprenditore Stefano Perotti nell'ambito dell'inchiesta fiorentina sulle Grandi opere
Ercole Incalza, l’ex capo struttura di missione del Ministero delle Infrastrutture finito in manette la scorsa settimana nell’indagine sui Grandi Appalti, resta in carcere. Lo ha deciso il gip di Firenze Angelo Pezzuti respingendo la richiesta di arresti domiciliari avanzata dai suoi difensori durante l’interrogatorio di garanzia. Nel motivare il rigetto il giudice sottolinea la presenza di due buste nascoste dietro alcuni libri, contenenti denaro contante e un appunto dal quale emergerebbero dei versamenti per Incalza e Sandro Pacella, trovate durante la perquisizione della Green Field, società che secondo gli inquirenti veniva utilizzata per far arrivare i soldi delle commesse pubbliche a Incalza. Le buste sono state trovate nell’ufficio di Salvatore Adorisio, socio della Green Field e indagato dalla procura fiorentina.
“All’esito della perquisizione – afferma il giudice – sono state rinvenute, occultate dietro ad alcuni libri, in una libreria posta nell’ufficio” di Adorisio, “due buste contenenti complessivamente la somma di 2.110 euro in contanti”. All’interno di una delle due buste, inoltre, “insieme al denaro, è stato rinvenuto un foglio con dei calcoli numerici manoscritti, da cui si evince che la somma di denaro inizialmente ammontava a 53mila euro, da cui sono detratte alcune somme, per un totale di 50.890 euro“. “Deve pertanto ritenersi – prosegue il gip – che il denaro contante rinvenuto nella busta sia la residua parte della somma sopra indicata”. Inoltre, sempre nell’appunto, “si legge di sottrazioni ripetute per importi analoghi: in particolare due sottrazioni di 13mila euro e due sottrazioni di 9mila euro”. Somme che, conclude il gip, “sembrano corrispondere ai duplici versamenti reiteratamente fatti in favore di Ercole Incalza (quelli di maggiore entità) e di Sandro Pacella (quelli di minore entità)”.
Quindi il gip ha riscontrato la permanenza delle esigenze cautelari e dei motivi che hanno portato alla scelta dell’arresto. Incalza è stato arrestato lunedì 16 marzo insieme all’imprenditore Stefano Perotti. Ai domiciliari sono invece finiti il collaboratore di Incalza, Sandro Pacella e un altro imprenditore, Francesco Cavallo. Il gip deve ancora decidere sulla richiesta di scarcerazione di Perotti.
“Abbiamo letto l’ordinanza del gip: la rispettiamo ma non la condividiamo”, hanno dichiarato gli avvocati Titta e Nicola Madia, difensori di Incalza. “Riteniamo che Incalza abbia chiarito tutto durante il suo interrogatorio – affermano i legali – Peraltro dalla stessa ordinanza relativa a quella di custodia cautelare si comprendeva l’assoluta insussistenza di qualsiasi ipotesi di reato, dato che non si indica in quali dazioni di denaro sarebbe consistita la corruzione“.
“Comunque per una persona di 70 anni la detenzione in carcere appare non giustificata – ricordano Titta e Nicola Madia – Lo stesso codice prevede che persone di questa età debbano rimanere in carcere solo per casi eccezionali. Comunque restiamo fiduciosi: prima o poi le ragioni di Incalza si affermeranno”.
L’inchiesta – Secondo quanto emerge dagli atti dell’inchiesta della Procura di Firenze, Incalza tre mesi fa avrebbe pianificato il modo in cui riuscire “di fatto a controllare ancora” gli appalti per le grandi opere, malgrado fosse “formalmente fuori” dalla Struttura tecnica di Missione del dicastero. E lo stesso ex dirigente pubblico si sarebbe attivato, anche dopo averne parlato con l’ormai ex ministro Maurizio Lupi, affinché Paolo Signorini, “già direttore del Cipe”, prendesse “il suo posto”, incarico che quest’ultimo ricopre tuttora.
In una telefonata intercettata del 19 dicembre scorso una collaboratrice del Ministero, riassumono i pm, “si compiace di alcuni passaggi di un emendamento sulla Struttura tecnica di Missione in cui risultano confermati i rapporti di collaborazione in essere”. E “si comprende”, scrivono gli inquirenti, che è stato lo stesso Incalza a scriverlo. Emendamento in cui “potrebbe rientrare” anche il super dirigente, “ma in realtà si comprende che l’idea di Incalza sia quella di apparire formalmente fuori ma di fatto controllare ancora tutto”.
Con l’inizio di quest’anno, infatti, Incalza è decaduto dal ruolo di responsabile della struttura tecnica, perché “forzatamente messo in pensione” in base alla legge Madia. Il progettista Stefano Perotti, direttore dei lavori delle grandi opere al centro dell’indagine e anche lui arrestato, intercettato il 26 dicembre scorso descrive, però, l’uscita di Incalza dalla struttura ministeriale come una “mera operazione di facciata”. Non poteva, tra l’altro, spiega Perotti, rimanere in quel posto senza compensi, perché, sempre secondo il progettista, il suo ragionamento sarebbe stato: “Se rimanessi gratis mi direbbero che a maggior ragione sono là per rubare”.
L’importante per Incalza, secondo i pm, era mantenere in vita la struttura tecnica e predisporre la successione. Dalle carte dell’inchiesta, infine, e nel capitolo dedicato agli interessi negli appalti libici di Perotti e Incalza, emerge anche la volontà di entrare in una commessa “per la predisposizione da parte della Selex (Gruppo Finmeccanica) di una rete di controllo per l’immigrazione”. “C’è un grosso appalto adesso in Libia… 350 milioni di euro (…) che dovrebbe essere un sistema di controlli (…) soprattutto adesso che sta venendo fuori tutto questo casino … gli immigrati che arrivano”, spiega nel maggio scorso Davide Vaggi, “indicato in fonti aperte come consulente di Impregilo e delle cosiddette ‘coop rosse'”, a Perotti.
Aggiornamento del 15/12/2021
In data 23 settembre 2016, il gip presso il Tribunale di Firenze ha disposto l’archiviazione del procedimento nei confronti di Stefano Perotti, Corinne Perotti, Philippe Perotti, Christine Mor ed altri.
Articolo Precedente
Lupi, Francesco Cavallo al gip di Firenze: “I regali? Solo per amicizia”
Articolo Successivo
Grandi opere: segnalai Fedele Sanciu, ora è indagato nell’inchiesta
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Politica
La Camera respinge la sfiducia a Santanchè: “Sulle dimissioni rifletterò”. Conte: “Siete responsabili di un disastro morale”. Schlein: “Meloni ancora in fuga”
Economia & Lobby
A Milano indagine per evasione fiscale su Twitter-X. Mancati pagamenti Iva per 12,5 milioni
Cronaca
Francesco, condizioni critiche ma stazionarie: “Nuova tac di controllo”. Ha visto il cardinale Parolin. Buenos Aires in ansia per il ‘suo’ Papa
Tel Aviv, 25 feb. (Adnkronos) - Ofri Bibas, sorella dell'ostaggio liberato Yarden Bibas, ha criticato duramente il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, nonché i notiziari, gli utenti dei social media e i diplomatici pubblici, per aver descritto in dettaglio, contro la volontà della famiglia, gli omicidi avvenuti durante la prigionia della moglie di Yarden, Shiri, e dei suoi figli piccoli Ariel e Kfir. Pubblicare tali informazioni nonostante le ripetute richieste della famiglia è stato "un abuso fine a se stesso nei confronti di una famiglia che ha attraversato 16 mesi di inferno e che deve ancora affrontare il peggio", ha sritto Ofri Bibas su Facebook.
Netanyahu ha descritto l'omicidio dei ragazzi in modo molto dettagliato in un discorso tenuto davanti all'America Israel Public Action Committee e, mentre teneva in mano una foto delle vittime, durante una cerimonia militare tenutasi ieri, in seguito alla quale, la famiglia Bibas ha inviato una lettera di diffida a Netanyahu e ad altri uffici governativi, chiedendo loro di smettere di pubblicare dettagli non approvati sugli omicidi, riporta il sito di notizie Ynet.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - "Questa decisione lacera l'indipendenza di una stampa libera negli Stati Uniti". Lo ha detto il presidente della White House Correspondents' Association Eugene Daniels, criticando l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver affermato che d'ora in poi sarà lei stessa a decidere quali giornalisti potranno seguire gli eventi della Casa Bianca. "In un paese libero, i leader non devono scegliere le testate" da accreditare, ha aggiunto.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha dichiarato durante il briefing di oggi che l'amministrazione determinerà quali organi di stampa faranno parte del pool stampa della Casa Bianca. Attualmente la White House Correspondents Association aiuta a coordinare la copertura del pool.
La Leavitt ha affermato che alle "testate tradizionali" sarà comunque consentito di unirsi al pool, ma ha osservato che l'amministrazione consentirà l'adesione anche ad altri siti. "Sono orgogliosa di annunciare che restituiremo il potere alle persone che leggono i vostri giornali, che guardano i vostri programmi televisivi e che ascoltano le vostre stazioni radio", ha aggiunto.
(Adnkronos) - L'indagine su Twitter International Uk vede due indagati - si tratta di due ex amministratori (un irlandese e un indiano) - che si sono succeduti negli ultimi anni alla guida del social poi rilevato da Elon Musk a fine 2022. L'indagine nasce da un controllo fiscale della Gdf, concluso ad aprile 2024, proprio sulla piattaforma americana, che oggi si chiama 'X', sulla scia delle stesse verifiche fatte su Meta. Il fascicolo è affidato dal pm Giovanni Polizzi, già protagonista di altre indagini sui colossi del web.
Il punto centrale del fascicolo affidato a Polizzi, lo stesso che si è occupato dell'inchiesta su Meta, è l'idea che debbano essere tassate come transazioni commerciali le iscrizioni gratuite alle piattaforme online in cambio della cessione dei propri dati personali, che hanno un valore economico, visto che consentono la profilazione degli utenti.
Solo lo scorso dicembre la procura di Milano ha notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti dei rappresentanti legali della società di diritto irlandese Meta, titolare dei social Facebook e Instagram. L'inchiesta - ancora aperta - ipotizza per il colosso l'omessa dichiarazione e mancato pagamento - tra il 2015 e il 2021 - dell'Iva per un totale di oltre 877 milioni di euro.
Washington, 25 feb. (Adnkronos) - La Casa Bianca attribuisce il grosso livido sulla mano destra di Donald Trump, che era visibile durante l'incontro di ieri con il presidente francese Emmanuel Macron, alle strette di mano del presidente americano.
"Il presidente Trump è un uomo del popolo", ha affermato la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt, aggiungendo: "Il suo impegno è incrollabile e lo dimostra ogni singolo giorno. Il presidente Trump ha lividi sulla mano perché lavora costantemente e stringe mani tutto il giorno, tutti i giorni".
Roma, 25 feb. (Adnkronos) - Sono due i momenti della replica di Daniela Santanchè sottolineati dalle opposizioni, che oggi hanno votato compatte la mozione di sfiducia alla ministra del Turismo. Il primo quello sull''intemerata' del tacco 12 e il glamour, della sinistra che odia la ricchezza. Un tentativo di 'buttarla in caciara' e uscire dal merito, grave, della vicenda, dicono le opposizioni. L'altro passaggio è meno di colore e più inquietante, sostengono, ed è quando la ministra ha detto che alla prossima udienza valuterà le dimissioni "ma lo farò da sola - ha scandito- con me stessa, senza nessuna costrizione e forzatura". Una sottolineatura che, secondo le opposizioni, è un chiaro messaggio a Giorgia Meloni. E fa crescere l'interrogativo: perché la premier Meloni si fa trattare in questo modo? E' la domanda dei parlamentari di minoranza in Transatlantico.
Giuseppe Conte intervenendo in aula nelle dichiarazioni di voto ha dato una sua versione: "Ci sono solo due plausibili spiegazioni. La prima è che lei, Santanchè, ricatta Meloni. Può darsi che all'opposizione abbiate condiviso segreti che oggi mettono in imbarazzo la presidente del Consiglio e allora comprenderemmo perché ogni giorno Meloni dice che non è ricattabile... La seconda è che Fdi dopo aver avuto come motto 'legge e ordine', oggi che siete al potere si sentite casta intoccabile. Il caso Delmastro è l'esempio di questa vostra convinzione di essere al di sopra della legge".
Anche Elly Schlein si rivolge alla premier Meloni: "Cosa le impedisce di far dimettere Santanchè? Come è possibile accettare in silenzio, dopo che Santanchè ha detto che del pressing di Fdi se ne frega, che lei e solo lei decide se dimettersi come se non esistesse una presidente del Consiglio?". E insiste: "Meloni è stata campionessa mondiale di richieste di dimissioni e oggi ha disertato quest'aula, come fa non vergognarsi della sua incoerenza, come fa a non rendersi conto di quanto sia vigliacco il suo atteggiamento di continua fuga da quest'aula e dalla realtà? Dove si è nascosta la premier? Forse sta registrando un altro video, un contributo da inviare a una convention fra motoseghe e saluti nazisti?".
Conte ribatte anche al passaggio 'tacco 12' della ministra: "Lei ha detto che odiamo la ricchezza, ma non dica baggianate, siete voi che avete fatto la guerra ai poveri, che odiate i poveri. Noi odiamo o meglio ancora contrastiamo, la disonestà". Una questione, quella dei tacchi e delle borsette, che fa sbottare Schlein: "Lei viene qui a difendere le borsette, chi difende gli italiani dalla bollette? Noi non siamo qui per fare un processo ma per porre una gigantesca questione di opportunità politica: davanti ad accuse così gravi, per non ledere le istituzioni, avrebbe dovuto dimettersi".
La segretaria del Pd si rivolge quindi alla maggioranza: "Speriamo in un sussulto della maggioranza e dei singoli parlamentari. Se oggi salvate Santanchè dimostrate che a voi interessa difendere i vostri più che difendere l'onore delle istituzioni. Questa non è difesa nazionale, è difesa tribale". Per Elisabetta Piccolotti che interviene a nome di Avs, "il problema non è la ricchezza della ministra, il problema è che quando si è ricchi e non si pagano" gli stipendi ai lavoratori e si umiliano "le persone più povere".
Anche Iv, Più Europa e Azione che non avevano sottoscritto la mozione di sfiducia, hanno comunque dichiarato il voto a favore in aula. "Noi sappiamo che la mozione di sfiducia non sarà approvata, ma chiunque si è accorto che la ministra Santanchè non è sfiduciata da coloro che hanno presentato questa mozione ma dalla sua stessa maggioranza, dalla premier Meloni", dice Davide Faraone di Iv. Per Azione Antonio D'Alessio spiega: "Le mozioni di sfiducia non ci piacciono" e "la ministra non è colpevole fino a prova contraria" ma "è il quadro complessivo che finisce con il restituirci una politica rispetto alla quale scivolano via situazioni che non consentono una azione della ministra libera di condizionamenti". Linea simile a Riccardo Magi di Più Europa: "Per noi Santanché dovrebbe dimettersi" non per le questioni giudiziarie, ma "perché ha inanellato una serie di fallimenti da ministro". Intanto in serata l'aula ha respinto la sfiducia con 206 voti.
Londra, 25 feb. (Adnkronos/Afp) - Il primo ministro britannico Keir Starmer ha confermato che ospiterà colloqui sull'Ucraina con gli alleati nel fine settimana, dopo essere tornato dall'incontro con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla Casa Bianca. "Ospiterò diversi paesi questo fine settimana per continuare a discutere di come procedere insieme come alleati alla luce della situazione che ci troviamo ad affrontare", ha detto ai giornalisti.