Niente collaudi, per le strutture di Expo: non c’è tempo. Il programma prevedeva che i progetti dei padiglioni fossero presentati entro marzo 2014 e che la loro costruzione fosse ultimata per fine marzo 2015. Poi l’ultimo mese prima dell’apertura dei cancelli avrebbe dovuto essere dedicato ai collaudi finali. Invece il programma è saltato, gran parte dei padiglioni sono ancora in costruzione e i lavori finiranno, nel migliore dei casi, a fine aprile 2015. Dunque, per i collaudi non c’è tempo. Il segnale d’allarme lo ha dato Susanna Cantoni, direttore del dipartimento prevenzione dell’Asl di Milano: “Faremo i collaudi tramite autocertificazione, poi procederemo con verifiche a campione”. Bisognerà insomma fidarsi delle dichiarazioni dei progettisti, i quali dovranno certificare che il loro lavoro è fatto bene: come chiedere all’oste se il vino è buono.
Il commissario Expo Giuseppe Sala è ottimista: “Per il 1° maggio tutti i Paesi avranno terminato la costruzione. Ci saranno quattro o cinque casi in cui si continuerà a lavorare per qualche giorno alle finiture interne“. Salteranno però i collaudi. Servono a certificare l’idoneità delle strutture e la loro corrispondenza al progetto. Lo straordinario ritardo con cui sono partiti i lavori ha però reso necessarie molte modifiche in corsa: che cosa succederà se nei controlli a campione che verranno fatti si riscontreranno discrepanze tra progetto e opera terminata? Verrà chiuso il padiglione?
“A questo punto tutte le responsabilità ricadranno sui progettisti“, spiega Antonio Lareno, responsabile del progetto Expo per la Cgil. “Va considerato”, spiega il sindacalista, “che qui dovrebbero essere fatti non soltanto i collaudi statici, quelli sull’abitabilità delle strutture. Ci saranno anche 200 ristoranti, con acqua, scarichi, elettricità, fuochi, condizionatori, problemi di conservazione e smaltimento degli alimenti”.
Se c’è però un aspetto dell’Expo a cui va riconosciuta una buona gestione, è quello della sicurezza sul lavoro. L’Inail, l’Istituto nazionale per la sicurezza contro gli infortuni, aveva calcolato che per un evento come Expo si rischiavano 20 mila infortuni. Grazie alla collaborazione tra Expo spa e sindacato, il numero e l’entità degli incidenti, che pure non sono mancati, sono stati molto al di sotto delle medie statistiche: finora 93 infortuni sul lavoro, di cui solo sette gravi. Ora però il rischio è che, nel finale, per evitare brutte figure, si sorvoli sulla sicurezza dell’esposizione. Anche se Susanna Cantoni della Asl, come riportato ieri da Repubblica, esibisce tranquillità: “Le autocertificazioni sono un atto serio, chi firma si prende la responsabilità”. E poi i controlli sono stati continui, durante i lavori: “Proprio per garantire una maggiore sicurezza, i progetti sono stati esaminati da una commissione di vigilanza integrata che ha riunito tutti i protagonisti, dai Comuni ai vigili del fuoco fino ai tecnici Expo”. Ora nel sito i lavoratori sono raddoppiati, passando nell’ultima settimana da 3 mila a 6 mila, attivi su 200 cantieri in cui oggi operano 112 auto-gru.
Intanto è stata avviata un’ennesima operazione di retorica buonista, sul fronte della comunicazione: quella sulla “Carta di Milano“. È, per ora, la bozza di un “Protocollo di Milano” sulla nutrizione, catalogo di buoni propositi da sottoporre alla firma dei visitatori di Expo e dei rappresentanti dei Paesi partecipanti, con l’obiettivo di farlo sottoscrivere da 20 milioni di persone per poi consegnarlo all’Onu. È, in realtà, un testo uscito dagli uffici del Barilla Center for Food & Nutrition, ora all’esame del Comitato scientifico di Expo. Vi si legge che “le Parti si impegnano a eliminare la fame e la malnutrizione”. Proposito impegnativo. L’accordo comunque non è vincolante. La bozza sarà presentata oggi a Palazzo Vecchio di Firenze e punta a riuscire là dove hanno fallito i “Millenium Development Goals”, impegni assunti dalle Nazioni Unite che scadono proprio nel 2015.
da Il Fatto Quotidiano del 28 marzo 2015