Silvio Berlusconi sindaco di Milano. L’idea ha preso piede nel giro di 24 ore, con l’unico effetto – almeno finora – di riempire i giornali e di sbrinare i cuori mai rassegnati al lungo inverno di Forza Italia. “A Milano tutto è cominciato e tutto potrebbe ripartire”. Berlusconi lo dice a un evento minore del partito ma tanto basta per accendere immaginifici piani di rinascita del centrodestra intorno al suo consunto leader che risorge sindaco a Milano. E poco importa se, alla fine della consiliatura, il primo cittadino si ritroverebbe a spegnere la bellezza di 82 candeline.
In città le battute sul nuovo che avanza si sprecano. Ma a ben vedere altro – tolto Salvini – a destra non c’è. E nel vuoto pneumatico dovuto all’Italicum, il rinnovo dell’amministrazione del capoluogo lombardo rischia di restare l’unico appuntamento elettorale di peso da qui a tutto il 2016. A rendere miele la tentazione è stato lo stesso centro sinistra. Ci ha pensato, provvidenzialmente, il sindaco Giuliano Pisapia a liberare la poltrona che ora appare all’orizzonte del centro destra come uno scoglio tra i marosi e l’irrilevanza. Soccorso rosso, si può dire. Il resto lo ha fatto Renzi segnando la tendenza dei tempi moderni: non importa mica essere eletti, l’investitura popolare è un orpello. Per governare devi essere “almeno almeno” sindaco. E allora sì, è fatta. E Silvio potrebbe tornare a dire la sua, perché chi governa Milano ha più di un ministero.
Silvio Berlusconi sindaco, dunque. A buttarla lì è stato il fedelissimo Paolo del Debbio, gli altri sono andati a ruota. Alla suggestione van dietro i principali quotidiani. “Forza Italia, la partita di Milano e quell’idea di candidarsi”, titolava ieri il Corriere. Per non dire di quelli più allineati, che si sono subito messi alla ricerca di significati escatologici dietro l’anticiclico ritorno di Silvio su piazza milanese, ricordando tutti i “predellini” che ne hanno suggellato le riscosse.
Stavolta però ha un problema che i sostenitori non colgono o fingono: Silvio non è candidabile. A Milano si vota nel 2016 ma fino al 2017 il cittadino Silvio Berlusconi è privato dei diritti di elettorato attivo e passivo per effetto della vituperata “legge Severino”, quella che stabilisce decadenza e incandidabilità per i politici condannati e che anche Forza Italia ha votato, destinando al confino il suo stesso leader. E tuttavia i giornali e la politica ammiccano alla boutade, i più adoranti si cimentando in veri e propri atti di fede: sperano e pregano che i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo si dimostrino ben intenzionati nei confronti del ricorso presentato dai legali di Berlusconi contro l’applicazione retroattiva della Severino. C’è un giudice a Strasburgo, il titolo su Il Foglio. E’ la speranza del Cav.
L’interessato sembra stare al gioco, alimentare la suggestione o l’incubo, a seconda dei punti di vista. “Nel 2016 – dice ai fedeli di Fi – dovremo riconquistare il Comune con un candidato sindaco che sarà la sintesi della nostra storia”. E tutti a guardarsi a destra e sinistra, non vedendo altri che lui perché le generazioni di vecchie guardie non gli sono sopravvissute. E ancora: “Da Milano faremo ripartire anche l’Italia, dove siamo la maggioranza vera e naturale”. Nella fila di Forza Italia forse neppure ci credono e tuttavia hanno interesse ad alimentare il “folle proposito”, come chi è alla disperata ricerca di una motivazione. Un progetto, pur che sia. Emanciparsi? Guai.
Così si ritrova una Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda, che benedice e spinge l’eventuale candidatura: “Silvio candidato? Magari, con lui vinciamo”. Ma? “Ma non se so se ci sia la sua disponibilità. Dico la verità, qualche tempo fa ci avevo pensato e gliel’ho anche detto. Ma lui ha un po’ lasciato cadere la cosa”. Non era la volta buona neppure nel 2007, quando si trattò di mandare allo sbaraglio Gabriele Albertini: “Quando mi chiese la disponibilità, gli dissi: perché non lo fa lei? Mi spiegò che aveva dei problemi con l’immunità parlamentare, le procure stavano serrando le fola rispetto all’offensiva nei suoi confronti”. Con anche una condanna alle spalle per fronde fiscale e nuovi processi in vista, il biglietto da visita come sindaco non è ancora dei migliori.
C’è poi un dato che i milanesi (forse) non dimenticano. Berlusconi dalle parti del Consiglio comunale non è propriamente una novità. Sono quasi vent’anni che si fa il suo nome nell’auletta di Palazzo Marino. “Berlusconi Silvio”, recita la voce del segretario che scandisce l’appello. E da vent’anni nessuno risponde. Quella poltrona è sempre rimasta vuota. Per acchiappare i voti elettorali alle amministrative Berlusconi si è sempre speso mettendosi in lista, salvo poi rinunciare all’incarico o semplicemente non farsi vedere, per vent’anni. Una lunga carriera da consigliere assenteista precede quella, assai poco probabile, di primo cittadino. Non è dunque scontato cosa farebbe il milanese nelle urne. Ma quello che è iniziato a Milano, fatalmente, a Milano potrebbe anche finire.
Politica
Berlusconi alla (ri)carica: “Sindaco di Milano”. Tutti dietro, ma è incandidabile
Pisapia ha deciso di liberare la poltrona nel 2016. Silvio e i suoi ci si aggrappano per tentare di uscire dall'angolo. Tutti gli vanno dietro, accreditando il "folle proposito". Peccato sia ineleggibile fino al 2018. E che sia pure assenteista: è infatti l'unico consigliere eletto con zero presenze nella storia di Milano
Silvio Berlusconi sindaco di Milano. L’idea ha preso piede nel giro di 24 ore, con l’unico effetto – almeno finora – di riempire i giornali e di sbrinare i cuori mai rassegnati al lungo inverno di Forza Italia. “A Milano tutto è cominciato e tutto potrebbe ripartire”. Berlusconi lo dice a un evento minore del partito ma tanto basta per accendere immaginifici piani di rinascita del centrodestra intorno al suo consunto leader che risorge sindaco a Milano. E poco importa se, alla fine della consiliatura, il primo cittadino si ritroverebbe a spegnere la bellezza di 82 candeline.
In città le battute sul nuovo che avanza si sprecano. Ma a ben vedere altro – tolto Salvini – a destra non c’è. E nel vuoto pneumatico dovuto all’Italicum, il rinnovo dell’amministrazione del capoluogo lombardo rischia di restare l’unico appuntamento elettorale di peso da qui a tutto il 2016. A rendere miele la tentazione è stato lo stesso centro sinistra. Ci ha pensato, provvidenzialmente, il sindaco Giuliano Pisapia a liberare la poltrona che ora appare all’orizzonte del centro destra come uno scoglio tra i marosi e l’irrilevanza. Soccorso rosso, si può dire. Il resto lo ha fatto Renzi segnando la tendenza dei tempi moderni: non importa mica essere eletti, l’investitura popolare è un orpello. Per governare devi essere “almeno almeno” sindaco. E allora sì, è fatta. E Silvio potrebbe tornare a dire la sua, perché chi governa Milano ha più di un ministero.
Silvio Berlusconi sindaco, dunque. A buttarla lì è stato il fedelissimo Paolo del Debbio, gli altri sono andati a ruota. Alla suggestione van dietro i principali quotidiani. “Forza Italia, la partita di Milano e quell’idea di candidarsi”, titolava ieri il Corriere. Per non dire di quelli più allineati, che si sono subito messi alla ricerca di significati escatologici dietro l’anticiclico ritorno di Silvio su piazza milanese, ricordando tutti i “predellini” che ne hanno suggellato le riscosse.
Stavolta però ha un problema che i sostenitori non colgono o fingono: Silvio non è candidabile. A Milano si vota nel 2016 ma fino al 2017 il cittadino Silvio Berlusconi è privato dei diritti di elettorato attivo e passivo per effetto della vituperata “legge Severino”, quella che stabilisce decadenza e incandidabilità per i politici condannati e che anche Forza Italia ha votato, destinando al confino il suo stesso leader. E tuttavia i giornali e la politica ammiccano alla boutade, i più adoranti si cimentando in veri e propri atti di fede: sperano e pregano che i giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo si dimostrino ben intenzionati nei confronti del ricorso presentato dai legali di Berlusconi contro l’applicazione retroattiva della Severino. C’è un giudice a Strasburgo, il titolo su Il Foglio. E’ la speranza del Cav.
L’interessato sembra stare al gioco, alimentare la suggestione o l’incubo, a seconda dei punti di vista. “Nel 2016 – dice ai fedeli di Fi – dovremo riconquistare il Comune con un candidato sindaco che sarà la sintesi della nostra storia”. E tutti a guardarsi a destra e sinistra, non vedendo altri che lui perché le generazioni di vecchie guardie non gli sono sopravvissute. E ancora: “Da Milano faremo ripartire anche l’Italia, dove siamo la maggioranza vera e naturale”. Nella fila di Forza Italia forse neppure ci credono e tuttavia hanno interesse ad alimentare il “folle proposito”, come chi è alla disperata ricerca di una motivazione. Un progetto, pur che sia. Emanciparsi? Guai.
Così si ritrova una Mariastella Gelmini, coordinatrice lombarda, che benedice e spinge l’eventuale candidatura: “Silvio candidato? Magari, con lui vinciamo”. Ma? “Ma non se so se ci sia la sua disponibilità. Dico la verità, qualche tempo fa ci avevo pensato e gliel’ho anche detto. Ma lui ha un po’ lasciato cadere la cosa”. Non era la volta buona neppure nel 2007, quando si trattò di mandare allo sbaraglio Gabriele Albertini: “Quando mi chiese la disponibilità, gli dissi: perché non lo fa lei? Mi spiegò che aveva dei problemi con l’immunità parlamentare, le procure stavano serrando le fola rispetto all’offensiva nei suoi confronti”. Con anche una condanna alle spalle per fronde fiscale e nuovi processi in vista, il biglietto da visita come sindaco non è ancora dei migliori.
C’è poi un dato che i milanesi (forse) non dimenticano. Berlusconi dalle parti del Consiglio comunale non è propriamente una novità. Sono quasi vent’anni che si fa il suo nome nell’auletta di Palazzo Marino. “Berlusconi Silvio”, recita la voce del segretario che scandisce l’appello. E da vent’anni nessuno risponde. Quella poltrona è sempre rimasta vuota. Per acchiappare i voti elettorali alle amministrative Berlusconi si è sempre speso mettendosi in lista, salvo poi rinunciare all’incarico o semplicemente non farsi vedere, per vent’anni. Una lunga carriera da consigliere assenteista precede quella, assai poco probabile, di primo cittadino. Non è dunque scontato cosa farebbe il milanese nelle urne. Ma quello che è iniziato a Milano, fatalmente, a Milano potrebbe anche finire.
B.COME BASTA!
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(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
(Adnkronos) - Papa Francesco "è in prognosi riservata". Lo fa sapere oggi, 22 febbraio, il Vaticano, con un aggiornamento sulle condizioni del Pontefice 88enne,ricoverato dal 14 febbraio al Gemelli per una polmonite bilaterale. "Le condizioni del Santo Padre continuano a essere critiche, pertanto, come spiegato ieri, il Papa non è fuori pericolo". "Questa mattina Papa Francesco ha presentato una crisi respiratoria asmatiforme di entità prolungata nel tempo, che ha richiesto anche l'applicazione di ossigeno ad alti flussi".
"Gli esami del sangue odierni hanno, inoltre, evidenziato una piastrinopenia associata a un'anemia, che ha richiesto la somministrazione di emotrasfusioni. Il Santo Padre continua a essere vigile e ha trascorso la giornata in poltrona anche se più sofferente rispetto a ieri", aggiunge il Vaticano.
Nel bollettino, diramato dal Vaticano, vengono evidenziate delle criticità della salute di Bergoglio che ancora non erano mai apparse in quelli precedenti.
Il bollettino medico di questa sera di Papa Francesco, dice all'Adnkronos Salute, del virologo Fabrizio Pregliasco, "mette in luce un percorso non piacevole che evidenzia le difficoltà di reazione del paziente alla terapia. E ci preoccupa un po', soprattutto perché non c'è solo la polmonite, da quello che ci viene riferito, ma anche questi problemi di bronchite asmatica di cui già soffriva e che in questo momento non aiutano a migliorare le condizioni del polmone".
"È chiaro che in una persona dell'età del Pontefice, con le sue problematiche di salute di base, gli elementi riferiti oggi - la lunga crisi respiratoria di questa mattina e la piastrinopenia, associata ad un'anemia - non evidenziano un percorso di stabilizzazione e guarigione. Per questo motivo i medici hanno parlato di prognosi riservata. Ci auguriamo che Pontefice superi presto questo delicato momento" conclude Pregliasco.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Meloni viene da una storia politica, a differenza di quella liberale e radicale, che non ha considerato nei decenni gli Usa e l’atlantismo come imprescindibili per l’Italia e l’Europa". Lo scrive Benedetto Della Vedova sui social.
"Oggi la troviamo nel suo intervento alla Cpac, come zelante difensore dell’indifendibile, cioè di Trump. Trump ha sempre sostenuto anche nel suo primo mandato, falsando la realtà, che l’Unione europea fosse stata creata per approfittare degli Usa. Con lui bisognerà fare i conti, naturalmente, ma Trump non è stato e non sarà amico della Ue e men che meno dell’Ucraina che è pronto a sacrificare per l’amicizia con Putin: Meloni se ne faccia una ragione, non può essere contemporaneamente amica di Trump e della Ue, deve scegliere".
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Un trionfo di vittimismo su scala planetaria. A servizio dei potenti, altro che popolo! Meloni con il suo intervento alla Cpac in corso a Washington ha fatto una scelta di campo, contro l’Europa. Forse persegue il suo interesse politico, ma non è l’interesse nazionale". Lo scrive sui social Peppe Provenzano, responsabile Esteri del Pd.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Sorprende che nessuno di La 7 prenda le distanze dall’orribile auspicio che Salvini venga colpito da un ictus. L’alibi della trasmissione satirica non assolve autori, ospiti, dirigenti ed editori. Purtroppo, troppe trasmissioni di La 7 e di Rai 3 istigano all’odio e avvelenano il clima del Paese. Editori, dirigenti, odiatori chiederanno scusa pubblicamente?”. Lo dichiarano i Capigruppo di Forza Italia alla Camera e al Senato, Paolo Barelli e Maurizio Gasparri.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - "Neanche un accenno al saluto nazista di Bannon. Nessuna presa di distanze. Evidentemente non può farlo. Meglio la retorica melensa e consueta dell’approccio Maga. Sposa su tutta la linea ideologica la retorica di JD Vance a Monaco, e chiude la porta ad una reale soggettività europea. Un discorso furbesco e ambiguo, di chi ha scelto di galleggiare e che posiziona il governo italiano sulla linea Orban con buona pace di tutte le chiacchiere a vuoto sull’ambasciatrice dei due mondi". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva, a proposito dell'intervento di Giorgia Meloni alla Cpac di Washington.
Roma, 22 feb. (Adnkronos) - “Tante bugie, in linea con la propaganda di Meloni. Il suo è il governo delle insicurezze. Sicurezza energetica? Falso. Ha fatto aumentare le bollette, rendendo le famiglie italiane meno sicure e più povere. Sicurezza alimentare? Falso". Così in una nota Angelo Bonelli, deputato di AVS e co-portavoce di Europa Verde.
"Con il suo negazionismo climatico favorisce la crisi dell’agricoltura e il dominio delle grandi multinazionali. Libertà di parola? Falso. Difende il vice di Trump, Vance, che vuole la libertà di diffondere bugie attraverso i social, strumenti nelle mani dei potenti miliardari americani. Difende la democrazia? Falso. È lei che vuole demolire gli organi costituzionali per diventare una e trina: Dio, Patria e Legge. I conservatori del mondo vogliono costruire il nuovo totalitarismo mondiale grazie al potere economico, tecnologico e militare di cui dispongono per trasformare la democrazia in un sottoprodotto commerciale della loro attività”.