Primo contatto telefonico, risponde una delle segretarie di Bernardo Caprotti: “Vuole un appuntamento con il dottore? aspetti…”. Musica di sottofondo, quindici secondi di attesa, poi di nuovo in linea. “Buonasera mi dica”. Voce giovane, squillante, diretto nei modi, pratico, difficile immaginare un novantenne dall’altra parte. Qualche secondo di incertezza, poi la conferma: “Sì, sono proprio Caprotti. Senta, martedì sono in sala operatoria per un controllo, se vuole ci vediamo il giorno dopo in azienda”. Ne è sicuro? “Certo, in caso di problemi la avverto”. Nessuna disdetta. È il re dei supermercati, negli anni Cinquanta socio dei Rockefeller, oggi patron di Esselunga, 150 strutture per il centro-nord Italia, oltre ventimila dipendenti, una guerra atavica con la Coop.
È il giorno stabilito. Arriva. Doppiopetto blu a righe, cravatta, la targhetta appuntata con tanto di nome (“la mettono tutti, quindi anche io”), subito mostra la vetrata della sala riunioni, davanti hangar, magazzini, e decine di tir; da lì Caprotti offre una differente “lettura” dei classici punti cardinali: “A nord della zona ci sono le strutture dedicate alla drogheria e tutto quello che è confezionato, quindi la pasta, acqua minerale e altro; a sud il deposito dei latticini; poi qui sotto parte il settore della carne e finisce cinquecento metri più giù”.
Ancora passeggia per i capannoni?
Purtroppo poco, sono molto vecchio. Guardi lì, quelli sono i camion di carciofi che arrivano dal Lazio. Comunque vado ancora nei negozi, anche se ora mi riconoscono, proprio quello che non volevo.
Il suo libro “Falce e carrello” dedicato alle Coop (oltre centomila copie vendute) le ha dato un volto.
Sì, è stato un momento di svolta particolare, non avevo alcuna intenzione di apparire, ma solo di raccontare vicende vere, successe e che accadono ancora oggi, come a Genova, dove è impossibile aprire un supermercato. No way…”
Però ha conquistato la rossa Livorno…
No, ancora no. È solo un’idea del sindaco Nogarin. Lì la Coop ha il monopolio, da quelle parti abbiamo un terreno acquistato dalla Fiat oltre 20 anni fa, ma non siamo mai riusciti a utilizzarlo.
Ha problemi con le zone-rosse.
Non sempre. Il problema sono le Coop, con le quali non è possibile avere rapporti sinceri.
Ora c’è l’Expo di Milano, il cibo è protagonista.
Avremmo voluto far qualcosa, ma anche lì è entrata la Coop con Oscar Farinetti, e siamo stati rifiutati. Resta un problema: pensano di creare un evento mondiale, ma non ci sono infrastrutture adeguate: dall’assenza di autostrade, allo scalo di Malpensa, un aeroporto inadeguato.
Farinetti va di moda…
E certo, lui è l’uomo che sa tutto, viene qui a Milano e ci insegna cos’è il food. Sa tutto di food. Vendeva frigoriferi e televisori, ma ora è un grande esperto, è l’oracolo. È un chiacchierone formidabile.
Vi ha accusato di non investire anche all’estero.
Ho letto. Vorrei sapere com’è messo lui. Intanto ho chiesto ai miei collaboratori una rilevazione dei prezzi per confrontare i suoi e i nostri (e qui apre un lungo e articolato tabulato). Guardi, legga…
Broccoli, patate, salsicce…
Una melanzana da noi costa 2,28 euro al chilo, da Eataly 3,90 euro, il 40% di differenza; per l’insalata riccia è meno 42%. This is money, questi sono soldi.
Magari quella di Farinetti è più buona e sana.
Ma no! Qua arrivano 300-400 tir di frutta e verdura al giorno, vogliamo scherzare. Preferisce confrontarci sui formaggi?
Allora è bravo lui…
Sì, uno straordinario uomo di comunicazione, poi riesce a ottenere tutto gratis. A Torino il sindaco Chiamparino gli ha dato la sede della Campari, gratis e per sessant’anni; a Verona entra in una struttura splendida, con la ristrutturazione a spese della Cassa di Risparmio della città. Lui deve solo piazzare i suoi quattro scaffali. Un grande…
Lei una volta ha detto: “Non amo quelli con lo yacht in Sardegna, i soldi vanno spesi per intraprendere”.
Non è esatto. Se ci va uno come Armani, ci sto. Della Valle idem. Mi riferivo a quelli che non producono e spendono, quelli che pensano ad apparire e basta, gli inutili. A me poi interessa poco, amo solo i fucili da caccia. Comunque non mi dipinga come un castigatore dei costumi, per carità, calvinista sì. E poi sono un peccatore, ho commesso ogni tipo di peccato.
Ce ne elenchi qualcuno.
Impossibile, ma vado per i cento anni, cosa si aspettava?
Limitiamo la cerchia a un paio di peccati.
Sicuramente le donne. Le donne in generale.
Questa è lussuria, poi ci sono accidia, vendetta…
No, vendetta no, non mi sono mai vendicato per il male ricevuto, ciò non toglie che ne ho procurato e me ne dispiace… (silenzio, la voce diventa leggermente più bassa, la sua mente sembra aver focalizzato qualche episodio specifico) Certamente ho fatto del male, magari involontariamente, ma è capitato.
Si riferisce più alla sua vita da imprenditore o rispetto ai suoi affetti?
Diciamo nei rapporti umani. Come imprenditore ho procurato del dolore solo ai concorrenti, ed è un bene necessario.
Quindi ha qualche rimpianto…
Ne ho tanti e diversi. Pensi, non ho mai visto Istanbul, mai Gerusalemme, mai stato a Cracovia.
Perché proprio Cracovia?
Mi hanno detto che è stupenda, potrei prendere un aereo e andarci un week-end, ma poi sono stanco, e il sabato mi piace visitare i miei negozi. Mi diverto di più. Resta che a qualcosa ho rinunciato.
Lei è un appassionato di arte.
Molto, qualcosa ho comprato, però non sono un collezionista, non sono Etro e credo che un certo tipo di opere non possano restare chiuse dentro una collezione privata, ma aperte alla fruizione pubblica, per questo donerò alcune mie cose dopo la morte… Aspetti, sia ben chiaro, non sono un socialista.
Nessuno lo ha mai messo in dubbio.
Non sono neanche di destra, neanche di sinistra, non sono niente.
Viene catalogato come uomo di destra.
Sbagliato, sono di buon senso, sono un incrocio tra un bavarese, uno svizzero e la cultura inglese. Mi sento un borghese di buon senso. Il problema è che l’Italia è un paese strano, dove tutto è catalogato e diviso tra destra e sinistra, anche tra chi fa la doccia e chi il bagno. Stupidaggini.
Lei cosa mangia?
Quasi più niente, dall’altro ieri non tocco cibo, ieri ero in sala operatoria, anestesia totale, e oggi sono qui.
Come è andata l’operazione?
Credo bene, credo di far parte di quel gruppo di persone che possono affermare di aver superato il problema. Forse. Perché sa, quando uno si trova di fronte un medico che parla di cancro, quel momento diventa cruciale nella vita. In cinque anni sono stato operato più di una volta.
Allora negli ultimi anni ha affrontato contemporaneamente una malattia importante, gestito un’azienda e combattuto una dura battaglia con i suoi figli.
(Prende fiato. Si ferma qualche secondo ancora. Recentemente ha vinto la causa contro i due figli di primo letto. Estromessi dall’azienda) Ci vuole forza e magari poi ti consumi tutto e non resta più niente.
Cosa mangiano oggi gli italiani?
Comprano più pollo e meno manzo, più acciughe e sardine, piuttosto del branzino. E poi tutti sono diventati più attenti a non buttare il cibo e più preparati sulla qualità dei prodotti.
Il suo rapporto con la politica.
Non ne ho.
Non è proprio così, lei l’ha finanziata.
All’epoca di Craxi ho dato moltissimi soldi alla Lega, volevo ribaltare quel tipo di classe dirigente, non ne potevo più, c’era un clima pazzesco, eri obbligato a pagare in continuazione delle tangenti. Una volta una persona arrivò a chiedermi cento milioni. Ma io dissi: “Soldi neri non ce ne sono, anche se li avessi non glieli darei”. E comunque non ho mai pagato.
È anche molto amico di Bersani.
Eccome! Persona di grande intelligenza, preparata, pratica, sono andato a trovarlo quando non stava bene. Mi dispiace non abbia più in mano le leve. È l’unico che è riuscito a portare qualche liberalizzazione nel commercio.
Da sinistra a destra: è amico di Berlusconi.
Sono anni che non lo vedo, è una persona facilmente leggibile, è uno che dice quello che pensa, anche troppo. Non sta zitto. Secondo me non gli hanno consentito di governare.
Berlusconi negli anni Settanta afferma di aver temuto un sequestro di persona per lui e la famiglia. È successo anche a lei?
Ho dovuto mandare i miei figli in collegio, qui rapivano di continuo, ogni settimana era un bollettino. Molti amici sono stati colpiti, per questo giravo solo con la macchina corazzata. A quel tempo, Paolo Emilio Taviani, ministro dell’Interno democristiano, se n’è fottuto. Anni terribili.
Ha mai pensato di lasciare e vivere all’estero?
No, la mia attività è qui. Ed è quello che Oscar Farinetti non capisce: non si può aprire un negozio qua, un altro in Giappone, un altro ancora a New York. Per garantire la qualità è necessaria una centrale e quaranta punti-vendita che girano attorno. Questo nostro è un mestiere difficile, è la summa di tante specificità: abbiamo duemila panettieri, macellai, pescivendoli, i capireparto. Non è semplice…
Lei ha 90 anni, come pensa al futuro di Esselunga?
Non posso parlare di questo… non voglio. È difficile. È triste.
Si riferisce ai suoi figli?
Purtroppo se mi chiede di loro, non so cosa risponderle. Non li vedo né sento da troppo tempo.
A proposito di “tempo”, cosa ricorda del Ventennio?
Mussolini che dal balcone dichiara guerra. Un deficiente. Un ignorante. Mia nonna francese era qua, in poche ore è stata costretta a partire, la accompagnai al treno con mio padre e mia mamma. Per sei anni non l’abbiamo più vista. Nel frattempo la parte francese della famiglia non c’era più, assassinati o deportati.
Non è mai stato affascinato dal Duce?
Mi ha sempre fatto ribrezzo. Un gigione ignorante, con queste camicie nere, quei discorsi pazzeschi. Per carità. Sa cosa mi disse mio padre nel 1935? “Studia l’inglese, questi vogliono andare in guerra con la Germania, ma perderanno, gli inglesi vinceranno e tu sarai già pronto”.
Cosa ha votato tra Repubblica e Monarchia?
Non le rispondo, perché io non appartengo a niente, non voglio appartenere a niente: non sono di destra, non sono di sinistra, e magari tra un po’ non sarò neanche più italiano.
Non ha attaccato nessun politico di oggi. C’è qualcuno che proprio non digerisce?
Le dico due nomi: Romano Prodi e Rosi Bindi, loro due insieme per me sono il massimo del terribile. Ma non le spiego il perché, non ho tempo, purtroppo ho una riunione. E ho anche un po’ fame…
da Il Fatto Quotidiano del 30 marzo 2015