Quando abbiamo deciso di confrontare chi guarda Crozza (“nel Paese delle meraviglie”) rispetto ai fan di Gregoraci&C (“Made in Sud”) ci aspettavamo forti differenze per varie ragioni e tra le diverse regioni. Le ragioni stanno nel fatto che lo spettacolo di Crozza è pensato per strizzare ambedue gli occhi agli appassionati della politica e della sua serialità narrativa, quelli che ne sanno tutto, e tutto ne immaginano, e quindi sono pronti al riso più o meno amaro. Made in Sud si basa sulla struttura semplice ed efficace che trova il progenitore nell’Avanzi dei primi anni ’90 nella versione Dandini-Guzzanti, compresa Sabina prima che si volgesse al profetismo apocalittico. Comici che si susseguono, imitazioni e considerazioni estratte più dalle esperienze di consumo di comunicazione della platea (da qui il continuo riferimento ai personaggi della tv) che dal palco delle autorità. A dirla in breve, Crozza si prende gioco di “lor signori”; Made in Sud ci fa ridere del noi più immediato.

E passiamo al confronto, restringendolo ovviamente al segmento orario comparabile, che va dalle 21.30 alle 22.30 (in cui Crozza conquista l’8,1% di share contro il 10% di Made in sud), e prescindendo dal dopo, quando da Crozza è già calato il sipario, mentre al martedì Made in Sud prosegue fino a mezzanotte. Date le premesse relative al contenuto non meraviglia che la roccaforte auditel di Crozza sia costituita dagli uomini e dalle donne over 55 (e non per caso, perché si tratta delle generazioni cresciute a pane e politica) mentre Made in Sud domina alla grande nelle fasce di età più giovani e, specialmente, fra i giovanissimi, che di sicuro vivono la socializzazione attraverso la mediazione simbolica di tutte le figure che popolano lo star system locale, nazionale e internazionale.

Le differenze sul piano territoriale sono ovviamente clamorose: Crozza supera il 10% al Nord, dove Made in Sud non arriva al 3,5%. In compenso nel Sud e nelle isole è Crozza che scavalca a fatica il 3% mentre Gregoraci arriva al 19% (sic) grazie particolarmente al 36% tributato dalla Campania. Insomma, non solo il programma (realizzato a Napoli), ma anche il pubblico è made in sud.

Passiamo alle aristocrazie: l’elite femminile preferisce Crozza, anche se non disdegna la compagnia meridionale. I laureati seguono Made in Sud quanto basta, mentre si concentrano avidi su Crozza che, in fondo, è proprio a loro che parla. Mentre c’è una categoria che non fa differenze, anche se è imbarazzante scriverlo per via del nome-definizione che le hanno assegnato i sociologi: il “maschio preculturale”, il Neanderthal della comunicazione, che assegna un equo 8% ad ambedue i programmi. Che in questo, finalmente, si assomigliano.

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