“Clima terribile”, “pessime opportunità di lavoro”, “difficoltà nelle relazioni sociali” sono solo alcuni dei motivi che ogni anno spingono centinaia di italiani, partiti per il Regno Unito in cerca di fortuna, a tornare in Italia. “Non è più il Paese dei balocchi degli anni ’90, dove era semplice trovare lavoro e costruirsi una carriera piena di soddisfazioni”, raccontano alcuni di loro a ilfattoquotidiano.it. E c’è chi, non riuscendo a svoltare in Uk, decide di rientrare in patria, dove il costo della vita è inferiore.
“Ho passato 15 anni a Londra. Odiavo il binge drinking“ – “Sono partita per amore a 27 anni, nel 1994, – racconta Annalisa Coppolaro – e sono rimasta a Londra ben 15 anni. Inizialmente, avere un marito inglese mi ha avvantaggiata, sia nel lavoro sia nelle relazioni personali”. Dopo un paio di anni di entusiasmo, però, sono venuti a galla i problemi del vivere in una città come la capitale inglese: “Ho passato momenti di vera solitudine – continua – Ho provato ad invitare a casa madri inglesi dei compagni di scuola dei miei figli, ma questi miei tentativi non venivano mai ricambiati. Come se dall’altra parte non ci fosse un vero interesse a far nascere un’amicizia”.
“Violenza in aumento, basso livello della sanità pubblica e ritmi frenetici ci hanno spinto ad andarcene. E abbiamo scelto Siena”
Ciò che ha portato Annalisa e suo marito Rob, nel 2009, a pensare a un futuro in Italia è anche la diversa qualità della vita tra una metropoli come Londra e le colline senesi, dove adesso vivono: “Odiavo il ‘binge drinking’, la necessità tutta british di ubriacarsi nel minor tempo possibile – spiega – Non è possibile che sia la modalità preferita per instaurare relazioni personali. Poi ci sono la violenza in aumento in alcuni quartieri della città, il basso livello della sanità e dei college pubblici, i ritmi frenetici e una qualità della vita inferiore a quella italiana. Tutti elementi che ci hanno fatto optare per Siena, dove adesso io e mio marito siamo entrambi insegnanti di lingua con ottimi stipendi”.
“Impossibile costruire relazioni durature” – Anita M., invece, ha giocato la carta Regno Unito ben tre volte da quando, nel 2011, ha deciso di trasferirsi a Londra. Tutti tentativi che, racconta, non hanno mai pagato e che l’hanno portata ad abbandonare definitivamente la Gran Bretagna. “Ho provato ad emigrare in Uk nel 2011 – racconta – dopo aver lasciato in Italia un lavoro interessante, ma dalle condizioni insostenibili. D’estate mi iscrissi ad una scuola d’inglese, e alloggiai presso una coppia di amici in zona 4. In quel mese di vacanza, nonostante il mio inglese incerto, trovai tre lavori, ma non li accettai perché a settembre avevo già altri impegni, tra Egitto ed Italia. Tornai a Londra dopo un mese e di offerte come quelle di agosto non c’era più l’ombra”.
“Ero stanca di Londra, così sproporzionata e così grande, dove tutti sono concentrati sulla carriera”
Da quel momento, Anita iniziò a cercare un impiego che le permettesse di vivere nella capitale inglese. Senza risultati soddisfacenti, nonostante avesse migliorato la conoscenza della lingua. “Non trovai che posizioni da volontario con rimborso spese (mezzi e pranzo) – continua – Avevo anche provato a lavorare in un ristorante italiano aperto da poco. Me la cavavo bene, ma il proprietario per due giorni mi chiese di continuare la prova, senza pagarmi e senza nemmeno darmi un trancio di pizza. Quando mi chiamarono in Tunisia per gestire un progetto, non esitai a mollare tutto. Ero stanca di Londra, così cara, così sproporzionata, così grande, così ingiusta, dove sembrava impossibile costruire delle relazioni durature, dove tutti sono concentrati sulla carriera”. Anita nel Regno Unito tornerà una terza volta, a Glasgow, in Scozia, dove la qualità della vita, dice, è migliore rispetto alla capitale inglese, ma “le opportunità sembrano essere ancora meno”. Quindi, fine della storia: torna a casa in attesa di nuove opportunità lavorative in giro per il mondo.
“Il mio stipendio? Ottimo. Ma la vita era frenetica e ripetitiva” – Per Salvatore Guarino, 34 anni, napoletano, i soldi e il lavoro non sono stati mai un problema nella City. Aveva deciso di trasferirsi a Londra per concludere la specializzazione in chirurgia “perché lì ti fanno operare”, poi è rimasto per altri tre anni. Bello stipendio, ottimo ambiente lavorativo, grandi soddisfazioni professionali, ma la capitale inglese lo stava sempre più stancando per lo stile di vita “frenetico e ripetitivo” e le difficoltà nei rapporti personali. “Dal punto di vista lavorativo – racconta – non posso certo lamentarmi, ho avuto belle soddisfazioni. La routine quotidiana che ho conosciuto qui, però, ti fa entrare in un vortice. E così si lavora solo per arrivare al weekend, per sfasciarsi di alcool”.
“La routine quotidiana che ho conosciuto qui ti fa entrare in un vortice. Così si lavora solo per arrivare al weekend”
Salvatore dice di essere abituato a vivere all’estero e di non avere particolari difficoltà di adattamento, ma non è mai riuscito a fare suoi la cultura e la socialità british. “Gli inglesi sono persone fantastiche – continua -, ma molto grigie e chiuse. Questa vita con giorni-fotocopia, seguendo abitudini prestabilite, la applicano anche fuori da lavoro, nei rapporti personali, e questo porta a un’inevitabile chiusura e incapacità di relazionarsi liberamente. Così, bere molto aiuta a rompere gli schemi nei quali sono costretti. Tornare a Londra in pianta stabile? Non ci penso proprio”.
“Per costruirsi una vita vera devi guadagnare almeno 60mila pound” – Una questione di priorità, legata al cambiamento delle esigenze “una volta passati i 30”, è il motivo che ha riportato Mirella Melis, dopo otto anni nella capitale inglese, sulle bianche spiagge della sua Pula, in provincia di Cagliari. “Dopo diversi anni passati a Londra – racconta – ti accorgi che molti di quegli aspetti della vita londinese che inizialmente ti eccitavano oggi sono diventati un peso. È a quel punto che inizi a vedere i difetti e a sentire l’esigenza di tornare”.
“Chi è a Londra da molti anni non può non sentire la mancanza di casa. Chi dice il contrario o non ci ha ancora trascorso abbastanza tempo o sta mentendo”
Eppure a Mirella un buon lavoro non mancava: “Mi occupavo di comunicazione per un famoso portale di turismo – dice – e avevo uno stipendio intorno ai 45mila pound all’anno. Vivevo normalmente, ma non potevo comunque permettermi quel salto di qualità necessario per costruirsi una vita vera. Per quello ne servono almeno 60mila. Per fortuna sono tornata in Italia mantenendo il mio lavoro”. I costi eccessivi della capitale inglese, spiega, hanno contribuito a mettere in evidenza anche altri disagi tipici di una metropoli come quella britannica. “Ad un certo punto inizia a pesarti tutto – continua – il clima orribile; il fatto che vivere in una casa tutta tua voglia dire spostarsi nelle zone residenziali, in periferia, costringendoti così a fare un’ora di metropolitana per andare a lavorare; una vita troppo frenetica per coltivare amicizie vere. Io credo che chi è a Londra da molti anni non possa non sentire la mancanza di casa. Chi dice il contrario o non ci ha ancora trascorso abbastanza tempo o sta mentendo”.
Twitter: @GianniRosini