Il simbolo di un’intera storia è la Campania, dove si confondono i renziani con i fittiani, i democratici con i berlusconiani, i legalitari con i garantisti. C’è Vincenzo D’Anna, eletto al Senato con il Pdl e berlusconiano da anni, che sostiene Vincenzo De Luca, candidato del Pd. Mentre Guglielmo Vaccaro, deputato Pd, lettiano, dialoga con Stefano Caldoro, perché il suo partito candida un “ineleggibile”, De Luca appunto. Se la bufera di correnti dentro al Pd è fatto noto, guardare Forza Italia di questi tempi è come avere a che fare con le confessioni di una religione monoteista: i fittiani contro i berlusconiani, i giovani forzisti contro i vecchi custodi del berlusconismo e addirittura fittiani-cosentiniani contro fittiani-cosentiniani. E’ difficile decidere se questa mappa faccia più ridere o più sbadigliare, ma il fermo immagine di tutto questo è a Napoli.

Sono gli effetti del renzismo: la destra spolpata e disorientata, la sinistra-sinistra che respira con il boccaglio, un continuo rimescolamento di carte stile croupier. A 7 settimane dalle Regionali la situazione non è “fluida”: è eterea. E tutte le certezze sono diventate improvvisamente delle nebulose, se vogliamo credere ai sondaggi. In Liguria la diretta discendente di Burlando e campionessa di renzianesimo, Raffaella Paita, ha solo 4 punti di vantaggio su Toti che nemmeno ha cominciato la campagna elettorale. In Veneto Alessandra Moretti è a due punti dal presidente uscente Luca Zaia, nonostante il patto tra Forza Italia e Lega Nord che per il centrodestra dovrebbe essere una linea Maginot del centrodestra nelle Regioni in cui spera di spuntarla.

“Cerchio magico di Forza Italia tracotante”
“Forza Italia non lascia spazio alla democrazia: in Campania non ho capito perché io e i fittiani dovremmo votare Caldoro e i dirigenti del cosiddetto cerchio magico”. Vincenzo D’Anna ce l’ha con il cerchio magico – “tracotante e insipiente” – e in particolare con Maria Rosaria Rossi – tesoriera di Forza Italia – e la first lady Francesca Pascale. Spiega il suo sostegno a De Luca che “ha un forte radicamento tra le gente, è percepito come un uomo capace, in grado di portare a concreta soluzione alcuni dei tanti problemi rimasti irrisolti con Caldoro” che invece è “un ottimo politico, ma un pessimo amministratore”. Secondo i giornali napoletani in questa operazione si porterà dietro una truppa formata dal consigliere regionale Carlo Aveta (che fu eletto con la Destra di Storace), l’ex sindaco di Melito Antonio Amente (forzista fino a gennaio), l’ex consigliere comunale di Napoli Diego Venanzoni (ex An, ex Udeur, ex Fi e ex Pd), il coordinatore campano di Scelta Civica Giovanni Palladino, l’ex europarlamentare Udc Erminia Mazzoni. D’Anna ci ha infilato anche Angelo Pisani (presidente della municipalità di Scampia), ma quest’ultimo ha precisato che una lista lui ce l’ha già e farà per conto suo. Di certo non ci sarà Ciro Falanga, lui forzista tutto intero, “fittiano non meno del senatore D’Anna ed ancora una volta, devo precisare che la linea dell’onorevole Fitto in Campania è quella di sostegno al presidente Caldoro”.

Quando prese il “vaffa” da Berlusconi
Presidente di Federlab (la federazione dei laboratori d’analisi), Vincenzo D’Anna è un ex democristiano di 64 anni di Santa Maria a Vico. Fittiano, vicino nonostante tutto a Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia, in galera da un anno in attesa di giudizio per varie ipotesi di reati collegate a clan di camorra dei Casalesi. Era tra i portabandiera della “scissioncina” regionale di Forza Campania. Al tempo dei Responsabili di Domenico Scilipoti e Massimo Calearo (quando Razzi non era ancora Razzi), lui c’era. Ora D’Anna, eletto con il Pdl, è iscritto al Gal, il gruppo-frittata che, da costoletta di Forza Italia, al Senato mette insieme socialisti nostalgici, ex montiani che si battono il petto, ex tutto pronti a votare tutto, anche la fiducia al momento giusto. “Vaffanculo” gli disse Silvio Berlusconi durante una riunione a San Lorenzo in Lucina nell’afa di luglio di un anno fa quando, insieme a Capezzone, a Minzolini e alla Bonfrisco, provava a dire che il patto del Nazareno era deleterio e che la riforma del Senato (di cui lui fa parte) è “un attentato alla democrazia che instaurerebbe un regime”. (Va detto che lo provocò ribattendo con “Che fai, ci cacci?”).

A quel paese ce lo mandò anche la democratica Monica Cirinnà e lui reclamò le royalties sull’insulto. Oltre all’ironia, lo aiuta la retorica, mescola volentieri l’Alto e il Basso, anche in Aula. Mentre faceva ostruzionismo al Senato proprio sulle riforme istituzionali si alzò e, per dare contro alla Boschi, in 20 secondi citò nell’ordine Tommaso Moro, Erasmo da Rotterdam, Il berretto a sonagli di Pirandello, Uomo e galantuomo di Eduardo De Filippo e Thomas Mann, accusando il governo di conformismo, l’opportunismo e la mediocrità. Però non si mise i guanti per gridare “deficiente” al collega dei Cinque Stelle Ciampolillo seduto qualche seggio più in là. E in una di quelle occasioni accusò “i muti astanti, che votano senza alcun sussulto i nominati” dopodiché rilevò che a Palazzo Madama vedeva “degli inchini talmente profondi che a molti di loro gli si vede il culo a furia di abbassarsi e non è un bel vedere, cari amici”. La presidente di turno Linda Lanzillotta lo riprese: “Lo dicevo tanto per non metterla nella semantica” si giustificò lui.

Vaccaro, il nemico di sempre di De Luca
Dialoga con Caldoro, “ma solo con lo streaming”, Guglielmo Vaccaro. Ex candidato alla segreteria regionale del Pd, nemico da sempre di Vincenzo De Luca, che da anni marca a uomo. “Un sondaggio del Corriere della Sera ha detto che l’84% degli elettori democratici italiani ritiene la candidatura di De Luca inopportuna – ha spiegato alcuni giorni fa – Io rappresento questo 84% in questa vicenda”. Lettiano, sostenitore di Gianni Cuperlo, non trova scandalo nel confronto con Caldoro, l’ex socialista ora berlusconiano: lui e Salvatore Vozza (ex sindaco di Castellammare, candidato di Sel) sono uguali perché “potrebbero essere a pieno titolo democratici, sono due riformisti per cultura, hanno militato in formazioni che hanno dato origine al Pd, e di fronte a una candidatura largamente considerata inopportuna diventano l’approdo naturale di un pezzo di elettorato che si confronta con la deriva del Pd in Campania”.

“Sono prigioniero politico dei brogli del Pd di Salerno”
Vaccaro, ex capo dei giovani democristiani in Campania, è arrivato dal Pd attraverso la Margherita. Era il consulente della segreteria tecnica di Enrico Letta quando quest’ultimo, dal 1999 al 2001, era ancora sereno perché faceva il ministro dell’Industria. Quando si candidò alle Regionali nel 2005 Vaccaro raccolse oltre 10mila preferenze. Col Pd ha un brutto rapporto da tempo. Alla Camera si è astenuto a fine marzo sul ddl riforme, ha annunciato di votare contro l’Italicum. Chiamò Luigi De Magistris – allora decaduto – “sindaco fuorilegge”: “A Napoli – twittò – serve l’esercito. La tensione e illegalità sono visibili a occhio nudo”. Quando De Luca ha vinto le primarie per la candidatura alla Regione disse che c’era “da vergognarsi” perché “le primarie sono state truccate come sempre”. Un anno prima, nel febbraio 2014, aveva occupato la sede Pd di Salerno per una settimana perché anche lì denunciava brogli alle primarie (per la segreteria): “Mi dichiaro prigioniero politico dell’università dei brogli del Pd salernitano” scandì. Ora, forse, il salto finale: meglio Caldoro.

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