Disastro colposo: è l’ipotesi di reato in base alla quale la Procura della Repubblica di Termini Imerese ha aperto un’inchiesta sul cedimento di un pilone dell’autostrada Palermo-Catania. La stessa ipotesi di reato per il quale si indaga sul cedimento a Capodanno della struttura di accesso al viadotto Scorciavacche della Palermo-Agrigento: nei giorni scorsi è stata depositata una relazione tecnica sulla quale si procederà con un incidente probatorio. L’atto comporterà l’eventuale iscrizione di nomi nel registro degli indagati. La nuova inchiesta è seguita dal procuratore Alfredo Morvillo e dal sostituto Giacomo Brandini. I magistrati hanno nominato propri consulenti e acquisito un’informativa dell’Anas.
Il cedimento è avvenuto venerdì 10 aprile al chilometro 61 dell’autostrada, tra gli svincoli di Scillato e Tremonzelli in direzione del capoluogo etneo. Il pilone si è spezzato alla base e, inclinandosi, si è adagiato sull’altra campata. Secondo quanto emerso al termine del sopralluogo dei tecnici all’altezza del viadotto, l’entità degli interventi è tale da essere prolungata nel tempo. I lavori di ripristino potrebbero durare qualche anno e non riguarderanno solo la campata ma anche il tratto della statale 120 Scillato-Caltavuturo dove si è verificato l’ultimo movimento lungo la frana aperta dieci anni fa. La strada si è abbassata e a valle si è formata una voragine.
“Bisognerà demolire quattro campate del viadotto che è stato inclinato dal fronte di frana – spiegava sabato il direttore dell’Anas Sicilia, Salvatore Tonti – ma ci hanno spiegato che non hanno la tecnologia per questo intervento. Entro una settimana, ma speriamo anche di anticipare i tempi realizzeremo un progetto di demolizione. Dopo aver abbattuto la parte del viadotto inclinato potremmo valutare se l’altra carreggiata quella in direzione Palermo possa essere riaperta a senso alternato consentendo di aprire di nuovo l’autostrada”.
Sull’accaduto divampa la polemica politica. “La verità va detta tutta: quel versante franato che ha distrutto il viadotto dell’autostrada Palermo-Catania poteva essere messo in sicurezza, e Anas e Regione potevano e dovevano intervenire già dieci anni fa e nessuno lo ha fatto. Nemmeno a noi è mai arrivata la segnalazione del rischio”, tuonava domenica Erasmo D’Angelis, coordinatore della Struttura di missione di Palazzo Chigi #italiasicura contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche. “Ma quella frana – aggiunge – non è un indizio, è la prova non solo della mancanza di monitoraggi, cure e manutenzioni ordinarie del nostro territorio più fragile nelle Regioni più a rischio, ma anche di sciatteria, disorganizzazione, disattenzioni, abusi, scarsissimo interesse anche nel dibattito pubblico al gravissimo problema del dissesto idrogeologico”.
Parole che scatenano la reazione del governatore siciliano, Rosario Crocetta: “Inoltrerò formale protesta al premier Renzi: prima di parlare è opportuno riflettere e magari studiare le vicende. Il mio governo non c’entra un fico secco col cedimento del pilone. Invece di fare chiacchiere e di togliere soldi alle Regioni, Roma ci dia i fondi“. Domenica lo stesso Crocetta aveva parlato di “scaricabarile“: “Bisogna essere molto chiari, l’Anas non è un ente regionale. Più volte abbiamo incontrato l’Anas e non ha mai comunicato che tra le opere da monitorare c’era anche il ponte dell’autostrada Palermo-Catania. Finiamola con gli scaricabarile”.