Non accenna ad allentarsi la tensione che da domenica ha raggelato i rapporti tra la Turchia e il Vaticano. Il premier turco Ahmet Davutoglu ha accusato oggi il Papa di aver aderito al “fronte del male” che complotta contro Ankara e ha definito non vere le affermazioni di Francesco secondo cui il massacro degli armeni è stato il primo grande genocidio del XX secolo. “Un fronte del male s’è formato contro di noi – ha detto Davutoglu ad Ankara, in occasione della presentazione dei candidati dell’Akp alle elezioni del 7 giugno – ora pure il Papa vi ha aderito”. Secondo Davutoglu, di questo “fronte del male” farebbero parte anche i partiti di opposizione Chp e Hdp, che asseconderebbero “progetti” stranieri per mettere in difficoltà l’Akp in vista delle elezioni. “Mi rivolgo al Papa – ha proseguito il premier – quelli che sono fuggiti dall’inquisizione cattolica in Spagna hanno trovato la pace a Istanbul e Izmir. Siamo pronti a discutere le questioni storiche, ma non permetteremo che la gente insulti la nostra nazione facendo ricorso alla storia”. La Turchia ha sempre negato che i massacri di centinaia di migliaia di armeni un secolo fa siano stati un genocidio.
Il presidente Yayyip Recep Erdogan ha trovato anche modo di andare oltre e rilanciare: “Gli oltre 100.000 armeni che lavorano in Turchia non sono cittadini turchi, li potremmo espellere anche se ancora non lo abbiamo fatto”, ha detto il presidente turco citato da Today Zaman e Hurriyet. La minaccia di espulsione, nota Zaman, non è nuova: Erdogan l’aveva paventata già nel 2010.
Negli stessi minuti in cui Davutoglu consegnava alle agenzie la dichiarazione, il portavoce della sala stampa vaticana, Padre Federico Lombardi, tornava sulla polemica e sulla dura reazione suscitata dalle parole del Papa: “Il discorso è stato molto chiaro per chi lo voleva cogliere, molto ricco, anche con un riferimento positivo al desiderio di riconciliazione e dialogo tra popolo turco e popolo armeno”. Papa Francesco, ha detto ancora Lombardi, “ha fatto riferimento alla dichiarazione comune di Giovanni Paolo II e Karekin, cioè ha usato il termine genocidio mettendosi in continuità con un uso già compiuto di quella parola, ha sottolineato la contestualizzazione storica, ricordando che era uno di tante altre cose orribili successe nel secolo scorso e che stanno succedendo ancora”.
A scatenare la polemica erano state le parole pronunciate da Papa Francesco domenica, durante la messa per il centenario del genocidio armeno: “Anche oggi avvengono genocidi come quello contro gli armeni e quelli del nazismo e dello stalinismo – aveva detto il pontefice durante la celebrazione – la nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come ‘il primo genocidio del XX secolo’; essa ha colpito il vostro popolo armeno, prima nazione cristiana, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci”.
La freddezza dei rapporti trova conferma anche nelle parole dell’ambasciatore di Ankara a Roma: “Una delusione perché durante la sua visita in Turchia Sua Santità aveva espresso pensieri in prospettiva della pace e della riconciliazione proprio anche sulla questione armena – ha detto Aydin Adnan Sezgin, intervistato dal Messaggero – Con le sue parole sul genocidio ha spezzato questa sua linea di pensiero e ha deluso la Turchia”. “Continuiamo a rispettare il Santo Padre come massima autorità morale del mondo cristiano – ha detto ancora Sezgin – ma la sua accusa ingiusta meritava una risposta”.
Oggi, intanto, il Parlamento europeo ha approvato per alzata di mano una risoluzione che riconosce il genocidio degli armeni, rende omaggio alle vittime, propone l’istituzione di una giornata europea del ricordo e deplora ogni tentativo di negazionismo. Passa anche un emendamento che “elogia il messaggio” di Papa Francesco. Ankara ha risposto con una nota del ministero degli esteri, “respingendo al mittente” la mozione, “un esempio senza precedenti di incoerenza in tutti i suoi aspetti”. Nella nota si afferma di “non prendere sul serio” il documento dell’Europarlamento, rilevando che è stato approvato da una assemblea eletta nel 2014 solo dal 42% dei cittadini europei.
Erdogan aveva avvertito questa mattina che avrebbe ignorato la risoluzione di Strasburgo, che sarebbe “entrata da un orecchio per uscire dall’altro”. Nella nota il ministero degli esteri di Ankara accusa anche l’assemblea di Strasburgo di essere nota per avere sempre “posto ostacoli allo sviluppo delle relazioni Ue-Turchia” e di ripetere “cliché anti-turchi”. Fra le altre accuse rivolte ai deputati Ue quelle di “non avere nulla a che vedere con i valori europei e di attizzare odio, rivincita e cultura del conflitto“. Secondo Ankara, dal 2005 formalmente in negoziato di adesione con l’Ue, dietro alla risoluzione europea ci sono un “fanatismo culturale e religioso e una indifferenza verso gli altri considerati diversi”. La risposta turca invita pure gli eurodeputati a “voltarsi verso il loro proprio passato e ricordare il loro ruolo e le loro responsabilità nelle più orrende calamità dell’umanità come la prima e la seconda guerra mondiale, prima di occuparsi delle vicende del 1915”.
Controcorrente il capo consigliere del premier Davutoglu, Etyen Mahcupyan, che ha affermato che le stragi degli armeni del 1915 sono state un “genocidio”, riferisce Hurriyet online. Mahcupyan, dall’anno scorso primo capo consigliere di origine armena di un premier di Ankara, ha detto al sito Karar.com che “se si definisce quanto è accaduto in Bosnia o in Africa un genocidio, è impossibile non definire pure un genocidio quanto avvenne agli armeni nel 1915”.