“Complicazioni e incertezze nell’interpretazione della norma”. Sono questi i fattori che per Vittorio Giordano, avvocato tributarista dello studio Salvini Escalar e Associati, spiegano il numero limitato di pratiche sinora presentate all’Agenzia delle entrate per aderire alla voluntary disclosure, la collaborazione volontaria per l’emersione dei capitali nascosti all’estero: meno di mille nei primi tre mesi, secondo il dato riportato da Il Sole 24 ore. Un decollo difficile e che non promette bene per il governo, che ufficiosamente dall’operazione conta di ricavare almeno 5 miliardi. Partenza in sordina soprattutto se si confronta il dato con le 50-70mila domande attese entro il 30 settembre, quando la regolarizzazione spontanea dovrebbe lasciare il passo al rigore del Fisco, che dalla sua avrà i nuovi accordi di trasparenza siglati con Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco. “Il contribuente, oltre a definire le sanzioni per non aver dichiarato disponibilità finanziarie detenute all’estero, in sostanza chiede volontariamente all’Agenzia delle entrate di essere sottoposto a un accertamento per le imposte non pagate – spiega Giordano -. Ma ad oggi, se vi è il sospetto di rilevanza penale del fatto, il professionista non può dire con certezza al suo cliente se tale procedura debba avere ad oggetto le violazioni commesse dall’anno 2010 (dal 2009 nel caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi) oppure se questi termini vadano in ogni caso raddoppiati (e quindi partire dal 2006 o dal 2004)”.
Versare imposte evase e sanzioni, ma per quanti anni? – Il problema non è da poco, visto che il raddoppio dei termini comporta più anni di imposte evase da versare per intero. Con in aggiunta gli interessi e le sanzioni, che seppur ridotte, sono dovute. Alla base dell’incertezza c’è il fatto che l’Agenzia delle entrate, nel caso in cui il contribuente sia sospettato di avere commesso un reato, di solito può estendere le proprie indagini oltre i quattro anni canonici. Ma cosa succede a chi aderisce alla voluntary disclosure? Non è chiaro, visto che la cancellazione prevista per alcuni reati arriva solo a procedura ultimata, quando il ‘debito’ verso il Fisco è stato già saldato. Per questo professionisti e contribuenti sono in attesa di un intervento chiarificatore da parte del governo. Tanto più che la questione non è stata nemmeno sfiorata nella circolare di un mese fa con cui l’Agenzia delle entrate ha fissato i paletti della procedura. “L’approvazione della voluntary disclosure – spiega Giordano – doveva essere accompagnata dal decreto legislativo sulla delega fiscale, che avrebbe limitato a quattro o cinque anni il periodo di riferimento per la procedura”. Ma tutto si è bloccato dopo le polemiche sulla norma ‘salva Berlusconi’ inserita all’ultimo nel testo. E a marzo il governo si è concesso un allungamento della delega fino a giugno.
“Difficile reperire tutti i documenti. E calcoli molto complicati” – Non c’è solo l’incertezza a fare da deterrente alle prime adesioni: “La procedura è piuttosto complicata – continua Giordano -. La documentazione da presentare deve riguardare la posizione globale del contribuente. Ma non è facile reperire tutte le carte, soprattutto se i termini validi per l’accertamento sono quelli raddoppiati”. Molte difficoltà derivano poi dai calcoli necessari per valutare le imposte evase e le sanzioni: “Sono mostruosamente complicati, soprattutto nel caso di patrimoni consistenti che comprendano, per esempio, investimenti azionari in decine di società diverse. Questi conti di solito vengono fatti con software avanzati dalle banche, che poi versano le imposte per il contribuente”. Ma visto che nel caso di voluntary disclosure le imposte in passato sono state evase, ora i calcoli toccano a commercialisti e tributaristi: “In certi casi possono prendere anche un mese, con costi che poi vengono riversati su parcelle piuttosto salate”. Meglio sarebbe stato, secondo Giordano, applicare un meccanismo forfettario, anziché richiedere versamenti proporzionali all’imponibile non dichiarato: “Una soluzione più appetibile per chi ha capitali all’estero, anche se più difficile da fare accettare all’opinione pubblica. Per restituire il senso di giustizia negato dalla forfetizzazione sarebbe però stato sufficiente applicare aliquote intorno al 30-40%, invece del 5% dello scudo fiscale”.
L’obbligo di indicare i ‘soggetti collegati’, tra effetto delatorio e rischio omertà – Altro nodo è quello dei cosiddetti ‘soggetti collegati’: se i redditi portati all’estero sono stati realizzati in nero attraverso una società italiana, questa dovrà essere indicata in fase di voluntary disclosure, insieme agli altri soci e agli eventuali cointestatari dei conti correnti. Un meccanismo che nelle intenzioni del Fisco dovrebbe portare a un effetto a cascata nelle adesioni alla collaborazione volontaria: chi non presenta spontaneamente domanda rischia infatti di subire indagini in seguito alle domande presentate da altri e di perdere così i benefici della voluntary disclosure. “Ma la conseguenza può essere anche quella contraria”, sostiene Giordano. “Soggetti con legami reciproci di forte solidarietà, come nel caso di una società a conduzione familiare, potrebbero accordarsi per mantenere il silenzio”.
Sul punto esiste anche un problema che il legale definisce “di rilevanza costituzionale”. L’Agenzia delle entrate potrebbe infatti avviare indagini su un contribuente a seguito della documentazione presentata da un soggetto terzo. Se al contribuente venisse data notizia delle verifiche, questi perderebbe la possibilità di aderire alla voluntary disclosure: “All’amministrazione finanziaria è lasciata una discrezionalità sul momento in cui notificare l’avviso dell’accertamento, contro cui è facile ipotizzare la presentazione di questioni di legittimità alla Consulta”.
“O voluntary disclosure o rischio elevato di essere scoperti in futuro” – Le problematiche ancora da superare sono dunque più d’una. E i risultati della voluntary disclosure potrebbero essere minati anche dal caos in cui è precipitata l’Agenzia delle entrate dopo che una sentenza della Corte Costituzionale ha portato alla revoca di 800 posizioni dirigenziali sulle 1.100 esistenti. “L’auspicio – dice Giordano – è che le procedure vengano semplificate in corso d’opera e che la scadenza venga prorogata, visto che al 30 settembre mancano meno di sei mesi”. Nessun dubbio invece sulla convenienza di fare domanda di collaborazione volontaria. Anche nei casi più ‘sfortunati’, per i quali tra imposte evase, interessi e sanzioni andranno versate cifre vicine al 100% del capitale nascosto all’estero. Alla luce degli accordi di trasparenza siglati con alcuni paradisi fiscali, l’alternativa infatti è una sola: “Essere scoperti in futuro”.
Twitter @gigi_gno
luigi.franco.lf@gmail.com
Lobby
Rientro dei capitali, partenza deludente. “Troppe incertezze e calcoli complessi”
Solo mille domande in tre mesi. E la deadline per presentarle è il prossimo 30 settembre. Il tributarista: "Se c'è il sospetto di rilevanza penale del fatto non è possibile sapere con certezza su quanti anni le Entrate faranno le verifiche. In più capire a quanto ammontano le imposte evase e le sanzioni è mostruosamente complicato". Intanto nell'Agenzia regna il caose dopo che la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimi 800 dirigenti
“Complicazioni e incertezze nell’interpretazione della norma”. Sono questi i fattori che per Vittorio Giordano, avvocato tributarista dello studio Salvini Escalar e Associati, spiegano il numero limitato di pratiche sinora presentate all’Agenzia delle entrate per aderire alla voluntary disclosure, la collaborazione volontaria per l’emersione dei capitali nascosti all’estero: meno di mille nei primi tre mesi, secondo il dato riportato da Il Sole 24 ore. Un decollo difficile e che non promette bene per il governo, che ufficiosamente dall’operazione conta di ricavare almeno 5 miliardi. Partenza in sordina soprattutto se si confronta il dato con le 50-70mila domande attese entro il 30 settembre, quando la regolarizzazione spontanea dovrebbe lasciare il passo al rigore del Fisco, che dalla sua avrà i nuovi accordi di trasparenza siglati con Svizzera, Liechtenstein e Principato di Monaco. “Il contribuente, oltre a definire le sanzioni per non aver dichiarato disponibilità finanziarie detenute all’estero, in sostanza chiede volontariamente all’Agenzia delle entrate di essere sottoposto a un accertamento per le imposte non pagate – spiega Giordano -. Ma ad oggi, se vi è il sospetto di rilevanza penale del fatto, il professionista non può dire con certezza al suo cliente se tale procedura debba avere ad oggetto le violazioni commesse dall’anno 2010 (dal 2009 nel caso di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi) oppure se questi termini vadano in ogni caso raddoppiati (e quindi partire dal 2006 o dal 2004)”.
Versare imposte evase e sanzioni, ma per quanti anni? – Il problema non è da poco, visto che il raddoppio dei termini comporta più anni di imposte evase da versare per intero. Con in aggiunta gli interessi e le sanzioni, che seppur ridotte, sono dovute. Alla base dell’incertezza c’è il fatto che l’Agenzia delle entrate, nel caso in cui il contribuente sia sospettato di avere commesso un reato, di solito può estendere le proprie indagini oltre i quattro anni canonici. Ma cosa succede a chi aderisce alla voluntary disclosure? Non è chiaro, visto che la cancellazione prevista per alcuni reati arriva solo a procedura ultimata, quando il ‘debito’ verso il Fisco è stato già saldato. Per questo professionisti e contribuenti sono in attesa di un intervento chiarificatore da parte del governo. Tanto più che la questione non è stata nemmeno sfiorata nella circolare di un mese fa con cui l’Agenzia delle entrate ha fissato i paletti della procedura. “L’approvazione della voluntary disclosure – spiega Giordano – doveva essere accompagnata dal decreto legislativo sulla delega fiscale, che avrebbe limitato a quattro o cinque anni il periodo di riferimento per la procedura”. Ma tutto si è bloccato dopo le polemiche sulla norma ‘salva Berlusconi’ inserita all’ultimo nel testo. E a marzo il governo si è concesso un allungamento della delega fino a giugno.
“Difficile reperire tutti i documenti. E calcoli molto complicati” – Non c’è solo l’incertezza a fare da deterrente alle prime adesioni: “La procedura è piuttosto complicata – continua Giordano -. La documentazione da presentare deve riguardare la posizione globale del contribuente. Ma non è facile reperire tutte le carte, soprattutto se i termini validi per l’accertamento sono quelli raddoppiati”. Molte difficoltà derivano poi dai calcoli necessari per valutare le imposte evase e le sanzioni: “Sono mostruosamente complicati, soprattutto nel caso di patrimoni consistenti che comprendano, per esempio, investimenti azionari in decine di società diverse. Questi conti di solito vengono fatti con software avanzati dalle banche, che poi versano le imposte per il contribuente”. Ma visto che nel caso di voluntary disclosure le imposte in passato sono state evase, ora i calcoli toccano a commercialisti e tributaristi: “In certi casi possono prendere anche un mese, con costi che poi vengono riversati su parcelle piuttosto salate”. Meglio sarebbe stato, secondo Giordano, applicare un meccanismo forfettario, anziché richiedere versamenti proporzionali all’imponibile non dichiarato: “Una soluzione più appetibile per chi ha capitali all’estero, anche se più difficile da fare accettare all’opinione pubblica. Per restituire il senso di giustizia negato dalla forfetizzazione sarebbe però stato sufficiente applicare aliquote intorno al 30-40%, invece del 5% dello scudo fiscale”.
L’obbligo di indicare i ‘soggetti collegati’, tra effetto delatorio e rischio omertà – Altro nodo è quello dei cosiddetti ‘soggetti collegati’: se i redditi portati all’estero sono stati realizzati in nero attraverso una società italiana, questa dovrà essere indicata in fase di voluntary disclosure, insieme agli altri soci e agli eventuali cointestatari dei conti correnti. Un meccanismo che nelle intenzioni del Fisco dovrebbe portare a un effetto a cascata nelle adesioni alla collaborazione volontaria: chi non presenta spontaneamente domanda rischia infatti di subire indagini in seguito alle domande presentate da altri e di perdere così i benefici della voluntary disclosure. “Ma la conseguenza può essere anche quella contraria”, sostiene Giordano. “Soggetti con legami reciproci di forte solidarietà, come nel caso di una società a conduzione familiare, potrebbero accordarsi per mantenere il silenzio”.
Sul punto esiste anche un problema che il legale definisce “di rilevanza costituzionale”. L’Agenzia delle entrate potrebbe infatti avviare indagini su un contribuente a seguito della documentazione presentata da un soggetto terzo. Se al contribuente venisse data notizia delle verifiche, questi perderebbe la possibilità di aderire alla voluntary disclosure: “All’amministrazione finanziaria è lasciata una discrezionalità sul momento in cui notificare l’avviso dell’accertamento, contro cui è facile ipotizzare la presentazione di questioni di legittimità alla Consulta”.
“O voluntary disclosure o rischio elevato di essere scoperti in futuro” – Le problematiche ancora da superare sono dunque più d’una. E i risultati della voluntary disclosure potrebbero essere minati anche dal caos in cui è precipitata l’Agenzia delle entrate dopo che una sentenza della Corte Costituzionale ha portato alla revoca di 800 posizioni dirigenziali sulle 1.100 esistenti. “L’auspicio – dice Giordano – è che le procedure vengano semplificate in corso d’opera e che la scadenza venga prorogata, visto che al 30 settembre mancano meno di sei mesi”. Nessun dubbio invece sulla convenienza di fare domanda di collaborazione volontaria. Anche nei casi più ‘sfortunati’, per i quali tra imposte evase, interessi e sanzioni andranno versate cifre vicine al 100% del capitale nascosto all’estero. Alla luce degli accordi di trasparenza siglati con alcuni paradisi fiscali, l’alternativa infatti è una sola: “Essere scoperti in futuro”.
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Genova, 18 mar. (Adnkronos) - Tragedia nella notte a Genova in via Galliano, nel quartiere di Sestri Ponente, dove un ragazzo di 29 anni è morto in un incendio nell'appartamento in cui abitava. L'incendio ha coinvolto 15 persone di cui quattro rimaste ferite, la più grave la madre del 29enne, ricoverata in codice rosso al San Martino. Altre tre persone sono state ricoverate in codice giallo all'ospedale di Villa Scassi. Sul posto la polizia che indaga sulla dinamica.
Dalle prime informazioni si sarebbe trattato di un gesto volontario del giovane che si sarebbe dato fuoco.
Milano, 17 mar. (Adnkronos Salute) - Bergamo, 18 marzo 2020: una lunga colonna di camion militari sfila nella notte. Sono una decina in una città spettrale, le strade svuotate dal lockdown decretato ormai in tutta Italia per provare ad arginare i contagi. A bordo di ciascun veicolo ci sono le bare delle vittime di un virus prima di allora sconosciuto, Sars-CoV-2, in uscita dal Cimitero monumentale.
Quell'immagine - dalla città divenuta uno degli epicentri della prima, tragica ondata di Covid - farà il giro del mondo diventando uno dei simboli iconici della pandemia. Il convoglio imboccava la circonvallazione direzione autostrada, per raggiungere le città italiane che in quei giorni drammatici accettarono di accogliere i defunti destinati alla cremazione. Gli impianti orobici non bastavano più, i morti erano troppi. Sono passati 5 anni da quegli scatti che hanno sconvolto l'Italia, un anniversario tondo che si celebrerà domani. Perché il 18 marzo, il giorno delle bare di Bergamo, è diventato la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell'epidemia di coronavirus.
La ricorrenza, istituita il 17 marzo 2021, verrà onorata anche quest'anno. I vescovi della regione hanno annunciato che "le campane di tutti i campanili della Lombardia" suoneranno "a lutto alle 12 di martedì 18 marzo" per "invitare al ricordo, alla preghiera e alla speranza". "A 5 anni dalla fase più acuta della pandemia continuiamo a pregare e a invitare a pregare per i morti e per le famiglie", e "perché tutti possiamo trovare buone ragioni per superare la sofferenza senza dimenticare la lezione di quella tragedia". A Bergamo il punto di partenza delle celebrazioni previste per domani sarà sempre lo stesso: il Cimitero Monumentale, la chiesa di Ognissanti. Si torna dove partirono i camion, per non dimenticare. Esattamente 2 mesi fa, il Comune si era ritrovato a dover precisare numeri e destinazioni di quei veicoli militari con il loro triste carico, ferita mai chiusa, per sgombrare il campo da qualunque eventuale revisione storica. I camion che quel 18 marzo 2020 partirono dal cimitero di Bergamo furono 8 "con 73 persone, divisi in tre carovane: una verso Bologna con 34 defunti, una verso Modena con 31 defunti e una a Varese con 8 defunti".
E la cerimonia dei 5 anni, alla quale sarà presente il ministro per le Disabilità Alessandra Locatelli, sarà ispirata proprio al tema della memoria e a quello della 'scoperta'. La memoria, ha spiegato nei giorni scorsi l'amministrazione comunale di Bergamo, "come atto necessario per onorare e rispettare chi non c'è più e quanto vissuto". La scoperta "come necessità di rielaborare, in una dimensione di comunità la più ampia possibile, l'esperienza collettiva e individuale che il Covid ha rappresentato".
Quest'anno è stato progettato un percorso che attraversa "tre luoghi particolarmente significativi per la città": oltre al Cimitero monumentale, Palazzo Frizzoni che ospiterà il racconto dei cittadini con le testimonianze raccolte in un podcast e il Bosco della Memoria (Parco della Trucca) che esalterà "le parole delle giovani generazioni attraverso un'azione di memoria". La Chiesa di Ognissanti sarà svuotata dai banchi "per rievocare la stessa situazione che nel 2020 la vide trasformata in una camera mortuaria". Installazioni, mostre fotografiche, momenti di ascolto e partecipazione attiva, sono le iniziative scelte per ricordare. Perché la memoria, come evidenziato nella presentazione della Giornata, "è la base per ricostruire".
Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.