Non bastavano dieci miliardi di rosso cumulato in tre anni. Per il Monte dei Paschi di Siena si profila ora all’orizzonte anche una nuova perdita lorda da un miliardo legata all’ipotesi di chiusura obbligata, entro il 26 luglio, del derivato Alexandria. Nonostante le ciambelle di salvataggio offerte dallo Stato, Rocca Salimbeni resta ancora un gigante dai piedi d’argilla che ha appena varato un nuovo aumento da 3 miliardi. La ricapitalizzazione servirà a rafforzare la situazione patrimoniale del gruppo e a restituire poco più di un miliardo di Monti Bond al Tesoro, che diventerà azionista della banca a luglio.
Dopo una dura ristrutturazione, l’istituto senese può presentarsi all’appuntamento per le nozze con “il vestito stirato” come ha spiegato in un’assemblea fiume Fabrizio Viola, riconfermato fino al 2017 amministratore delegato del gruppo. Tuttavia, prima di pensare alle aggregazioni, Mps dovrà portare a termine l’aumento di capitale, strada obbligata dopo i 5,3 miliardi di perdite registrate lo scorso anno. La ricapitalizzazione potrà partire già dagli inizi di maggio per concludersi entro il 30 settembre. Un lasso di tempo ampio perché si possa valutare al meglio l’impatto su Mps di una eventuale chiusura “obbligata” dell’esposizione con Nomura. Ipotesi che, fino a un mese fa, non era al vaglio del management.
Solo recentemente i vertici di Mps hanno infatti dovuto fare i conti con le nuove pretese di patrimonializzazione avanzate dalla Banca centrale europea. La richiesta di Francoforte di chiudere l’oneroso contratto siglato con Nomura entro il 26 luglio è infatti arrivata ai vertici Mps lo scorso 10 febbraio. In una lettera, come riferito da Il Messaggero, la Bce ha spiegato che il derivato Alexandria rappresenta un rischio permanente sul patrimonio di Rocca Salimbeni e va eliminato in tempi brevi “a meno che non intervenga un provato impedimento legale nel futuro in conseguenza del procedimento civile o dell’inchiesta penale in corso”.
La questione ha messo in allarme i vertici di Mps che hanno informato la Procura di Milano delle richieste di Francoforte con una lettera datata 18 febbraio. Nella missiva Viola e il presidente Alessandro Profumo scrivono che la chiusura anticipata dei rapporti con Nomura entro luglio causerebbe una perdita lorda di 1 miliardo e rischierebbe di indebolire le azioni risarcitorie in corso: le attività di ristrutturazione non sono ancora terminate e, si legge nella missiva, “ancora oggi, parte di queste attività consiste nel diritto della banca a ricevere ristoro dei danni subiti” (700 milioni è la richiesta di Mps). Inoltre, Siena ritiene che l’estinzione anticipata possa configurare “un profilo di responsabilità degli amministratori” fin qui impegnati in “ipotesi risarcitorie per nulla coerenti con la chiusura ad oggi dell’operazione”.
La posizione di Nomura è d’altro canto molto delicata. Dalla chiusura delle indagini milanesi sono emerse responsabilità per la banca e per il suo capo trader Europa, Raffaele Ricci. Una rogatoria internazionale a Singapore, richiesta dai magistrati senesi e poi trasferita alla procura milanese, ha accertato che una società delle British Virgin Islands, riconducibile a Ricci, ha girato quasi un milione di euro a Gianluca Baldassarri, ex capo della finanza di Mps. Le transazioni, quattro in totale, sarebbero avvenute dopo la ristrutturazione di Alexandria risultata nociva per Mps.
Quanto basta al management di Rocca Salimbeni per ostentare sicurezza in assemblea: “Sarà Nomura a dover risarcire il danno” che Siena sta “ricalcolando”, ha spiegato Profumo, che ha confermato la volontà di lasciare l’incarico dopo la ricapitalizzazione. “Se oggi c’è qualcuno che deve essere preoccupato, è la controparte”, ha aggiunto il banchiere, rinnovato alla presidenza di Mps. Viola dal canto suo in serata ha minimizzato la portata dei danni che le richieste dell’Eurotower potrebbero causare all’istituto sostenendo che “il miliardo” di cui si è parlato “non è il costo da iscrivere in bilancio”. E in una nota Rocca Salimbeni precisa che, agli attuali livelli di spread, la chiusura dell’operazione Alexandria avrebbe “un impatto prossimo allo zero sul Common Equity Tier 1″, cioè il principale indicatore di solidità patrimoniale.
D’ora in poi Profumo sarà affiancato dal vicepresidente Roberto Isolani in un consiglio che per il triennio 2015-2017 è salito da dodici a quattordici amministratori, fra cui Fiorella Kostoris, Fiorella Bianchi, Christian Whamond e Lucia Calvosa.