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I bambini sanno, il film di Walter Veltroni a tesi modello Michael Moore

Trentanove bambini dai 9 ai 13 anni, dal Nord al Sud Italia, rinchiusi perlopiù tra le quattro mura della loro cameretta, che parlano di amore, famiglia, sessualità, di Dio, e anche di qualche possibile miracolo come la “pace”. L'ex sindaco di Roma torna al cinema dopo il successo di Quando c’era Berlinguer che ha ottenuto un Nastro d’argento e incassato un milione di euro

di Davide Turrini

Trentanove bambini dai 9 ai 13 anni, dal Nord al Sud Italia, rinchiusi perlopiù tra le quattro mura della loro cameretta, che parlano di amore, famiglia, sessualità, di Dio, e anche di qualche possibile miracolo come la “pace”. Questi i protagonisti e la trama de I Bambini sanno, il nuovo documentario di Walter Veltroni che dal 23 aprile 2015 sarà in sala grazie a Bim Distribuzione e alla produzione Sky (che lo proietterà in prima tv a settembre 2015), Wildside e Palomar. La dedica iniziale, ed epitome dell’opera, arriva niente meno che da Il Piccolo Principe: “Gli adulti non capiscono mai niente da soli e i bambini si stufano di spiegargli tutto ogni volta”.

“Saint Exupéry sapeva la verità sulla vita e conosceva le vie, segrete e tenui, per parlare al cuore, alla fantasia, al cervello dei bambini”, ha spiegato l’ex sindaco di Roma, oramai da diversi anni orientato alla produzione di documentari per il cinema e la tv. “Negli anni sessanta, camminando per le strade del nostro paese, si poteva trovare un bambino, da zero ai quattordici anni ogni quattro abitanti. Oggi ce n’è uno ogni otto, la metà. Un paese in cui spariscono i bambini è un paese senza fiducia, senza voglia di futuro, più conservatore. È anche un paese con meno fantasia. E con meno poesia. Con meno gioco, con meno ottimismo”.

I primi piani e mezzi busti dei fanciulli prescelti – nessuno scolorimento di pixel sul viso dei minori – con l’interpunzione della voce fuori campo dell’ex vicepresidente del consiglio a porre domande, sembra essere più un campionario illustrativo del cosiddetto documentario a tesi, modello Michael Moore: selezionare dal materiale girato ciò che serve per avvalorare il proprio spunto di fondo. Poi certo nessuno sta a sindacare autonomia nella scelta e nei contenuti di un’opera, ma quando la voce off chiede ad un frugoletto migrante con gli occhioni da Bambi “Qual è la cosa più bella che potrebbe succedere per tutti?”, e lui risponde ‘Che Dio… ci salvi” pensare al concetto di “spontaneità” dell’intervistato risulta complicato.

“Solo in apparenza Veltroni vuol dare loro (ai bambini ndr) voce, in realtà li assume in uno schema sensazionalistico e pseudopoetico, in un micidiale incrocio tra Paulo Coelho e Maria De Filippi”, ha scritto sull’inserto domenicale del Sole24ore Emiliano Morreale, capo della Cineteca Nazionale di Roma, che per l’occasione ha rievocato il concetto di ‘midcult’. “In questo film c’è uno sguardo sull’infanzia che unisce la superficialità giornalistica, il ricatto del patetico e le ambizioni della poesia (…) Orfani, down, geni della matematica, profughi che raccontano il viaggio in barca, malati di leucemia. E i bambini sono introdotti con frasi del genere ‘Bendetta ha 13 anni, vive a Roma e ha dentro di sé una ferita e una luce’ – continua la stroncatura – davanti  a domande così candide e liriche (‘Dio come te lo immagini?’) i bambini non possono che assecondare la retorica o dire imbarazzate banalità”.

“Ma loro hanno una percezione più profonda della nostra. È la vita allo stadio primario quando il mondo è squadernato ed è una possibilità. È la vita che ha ancora il tempo di una meravigliosa cavalcata”, ha spiegato Veltroni in un’intervista rilasciata a L’Espresso. “Il mio film ha un messaggio civile più che politico – ha continuato – Non sciupateli. Accompagnateli. Credono fermamente che persone di diverse religioni siano uguali. Che persone dello stesso sesso possano convivere. Che non ci debbano mai essere discriminazioni”.

Prima del prossimo libro che sarà incentrato sulla figura di suo padre, Veltroni torna al cinema dopo il notevole successo del primo documentario Quando c’era Berlinguer che ha ottenuto un Nastro d’argento e incassato, cifra davvero considerevole per un documentario nelle sale italiane, un milione di euro. Sui social dopo la prima mondana all’auditorium di Roma dove sono accorsi da Giorgio Napolitano a Margherita Buy, da Sergio Mattarella a Gigi Proietti, I Bambini sanno ha fatto nascere parecchie discussioni tra cui uno spunto curioso di chi reputa I Bambini sanno in debito d’ispirazione – e nulla più – con lo straordinario protagonista bambino di una delle quattro storie di D’amor si vive di Silvano Agosti.

Il trailer de I Bambini sanno

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