Hanno gridato “fascisti” dai banchi del Movimento Cinque Stelle. I deputati di Sel hanno lanciato crisantemi. Renato Brunetta parla di “fascismo renziano” e arriva a citare il “bivacco di manipoli” del Duce. E poi una valanga di insulti: ai deputati del Pd, al ministro Maria Elena Boschi e alla presidente Laura Boldrini. La Camera dei deputati si è trasformata in un’osteria fumosa appena la Boschi ha annunciato che il governo avrebbe posto la questione di fiducia sull’Italicum. “Ci prendiamo la nostra responsabilità – è la sfida del presidente del Consiglio Matteo Renzi in un paio di tweet – La Camera ha tutto il diritto di mandarmi a casa, se vuole”.
In precedenza l’Italicum aveva superato i primi ostacoli senza particolari problemi, ma al governo non è bastato. Non è bastato a Renzi. “Non c’è cosa più democratica di mettere la fiducia – dice in serata al Tg1 – Se passa, il governo va avanti altrimenti va a casa. Cosa c’è di più democratico di chi rischia per le proprie idee. E’ tempo del coraggio non di rimanere attaccati alla poltrona”. Il leader del Pd ha voluto evitare rischi e ha voluto fare presto. Aveva promesso di chiudere la partita senza ferite entro le elezioni regionali, piccolo crinale della storia sia del Pd con il nuovo dna renziano sia del governo stesso. Così l’esecutivo ha impiegato pochi minuti per riunirsi e dare il via libera alla fiducia, che sarà votata tra domani, 20 aprile, e giovedì, mentre il voto finale dovrebbe tenersi invece la prossima settimana. La minoranza Pd andrà in ordine sparso. Voteranno contro, o non voteranno affatto, solo i “rottamati”: l’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani, l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta e l’ex presidente del partito Rosy Bindi.
La Camera ha il diritto di mandarmi a casa, se vuole: la fiducia serve a questo. Finché sto qui, provo a cambiare l’Italia. #lavoltabuona — Matteo Renzi (@matteorenzi) 28 Aprile 2015
Bianconi (Fi) furente: “Branco di maiali rottinculo”
La decisione del governo di porre la fiducia sull’Italicum ha fatto esplodere le proteste delle opposizioni, come peraltro era prevedibile. Dai banchi del M5s si è sentito urlare “Fascisti!“. Maurizio Bianconi, fittiano di Fi, da sempre contrario al Patto del Nazareno, ha gridato “Vergogna” ed è stato richiamato all’ordine dalla presidente Laura Boldrini che ha fatto non poca fatica a mantenere l’ordine. Bianconi è scatenato: si allontana dall’Aula furente: ne ha per tutti. Insulti irripetibili vengono diretti alla Boschi, “colpevole” di aver fatto l’annuncio: “Branco di maiali, infami e rottinculo. Vergogna”. Il collega azzurro Pietro Laffranco lo rincuora, ma con una battuta infelice: “Dai, non fare così. Meglio la fiducia, si lavora di meno…”.
Scempio #fiducia Italicum: nessun segnale da Mattarella Dopo moniti di Napolitano, l’estrema unzione silenziosa del Quirinale Eia eia alalà — Beppe Grillo (@beppe_grillo) 28 Aprile 2015
Sel lancia crisantemi, Brunetta: “Fascismo renziano”
Alcuni deputati di Sel hanno lanciato crisantemi in Aula: “E’ il funerale della democrazia“, ha spiegato il capogruppo Arturo Scotto. “Non consentiremo il fascismo renziano – ha aggiunto, gridando, il capogruppo berlusconiano Renato Brunetta – faremo di tutto per impedirlo, dentro e fuori questa Aula. Non consentiremo che questa Aula sia ridotta a un bivacco di manipoli renziani”. “La gente – ha aggiunto il capogruppo Massimiliano Fedriga (Lega Nord) – si sta svegliando e ha capito che siete un bluff”.
M5s a Rosato (Pd): “Coglione, vai a fare in culo”
Ma il dibattito è presto degenerato. Si è arrivati presto all’insulto e la miccia è stato l’intervento di Ettore Rosato, vicecapogruppo vicario del Pd (il più alto in grado dopo le dimissioni di Roberto Speranza). “Vergogna, vergogna!”. “Elezioni, elezioni!” hanno urlato i Cinque Stelle. Di nuovo alla Boldrini c’è voluto del bello e del buono per riportare la calma: “Questa è un’Aula parlamentare bisogna lasciar parlare. E’ questione di rispetto”. I deputati dei Cinque Stelle hanno distribuito insulti prima a lui (“coglione“, “vai a fare in culo“) poi alla presidente della Camera Laura Boldrini: “Collusa!” ha urlato Diego De Lorenzis. “Lei – ha replicato la Boldrini – non può esprimersi in questi termini sulla presidenza. Ne dovrà rispondere”. Parole che scatenano proteste cui Boldrini replica: “Contrastate le spiegazioni con gli insulti. Insultate, insultate pure. Complimenti…”.
Togliete all’Underwood di Firenze i dvd di HouseofCards, gli manca solo di imporre una legge che vieta a Camere di votare leggi. #ComeMaduro
— Anna Maria Bernini (@BerniniAM) 28 Aprile 2015
Boldrini: “Fiducia possibile su Italicum per regolamento”
La presidente della Camera aveva appena finito di spiegare come la questione di fiducia possa essere posta anche sulla legge elettorale (al contrario della vulgata). La presidente della Camera ha citato l’articolo 116 comma 4 del regolamento dell’assemblea di Montecitorio che esplicita i casi in cui non si può porre la fiducia (e la legge elettorale non è tra questi). Per contro il M5s cita una violazione dell’articolo 72 della Costituzione sulla formazione delle leggi. Ma la Boldrini ha citato una serie di precedenti, spiegando che “ci vorrebbe una esplicita modifica del regolamento della Camera, senza il quale la esclusione della possibilità di porre la fiducia sarebbe arbitrario”.
La fiducia su #LeggeElettorale è un atto di squadrismo istituzionale. Ed è una macchia indelebile sul volto del #Pd. #Italicum #Sel
— Nichi Vendola (@NichiVendola) 28 Aprile 2015
Bersani: “Decideremo cosa fare”
In questo modo passa in secondo piano, almeno per il momento, la lotta interna al Pd e l’atteggiamento che terrà la minoranza del partito. Barbara Pollastrini parla della fiducia come di “strappo incomprensibile”. Pippo Civati ha già annunciato che voterà no alla fiducia. I toni di Bersani e Cuperlo sembrano gravi, ma la sinistra Pd sembra più annichilita che non battagliera: “Non avevo dubbi che avrebbero messo la fiducia – dice l’ex segretario – Qui il governo non c’entra niente, è in gioco una cosuccia che si chiama democrazia. Ora decideremo insieme che fare e poi deciderò io perchè ognuno deve assumersi le sue responsabilità”. L’ex presidente aggiunge che si tratta di “una scelta grave, indecifrabile”. Alfredo D’Attorre, in questi mesi portabandiera delle lotte anti-Italicum da dentro il Pd, ha annunciato che non parteciperà al voto. Lo stesso farà Roberto Speranza che sulla legge elettorale aveva restituito il mandato di capogruppo di Montecitorio. Davide Zoggia, invece, ha detto che dirà sì, ma che “altra valutazione” dovrà essere fatta sul voto finale alla legge.
Bossi e Di Maggio: “Alle armi per resistere”
Ma in queste situazioni Montecitorio non ha molti limiti al folklore. Sia Umberto Bossi sia il senatore di Per l’Italia Tito Di Maggio per esempio hanno indicato la strada per “resistere”. Il Senatur spiega che “al fascismo si risponde in un solo modo: o con i fucili o uscendo dall’Aula” dimenticando che a piazza del Popolo qualche tempo fa il suo partito ha manifestato al fianco di CasaPound. L’ex montiano – sempre critico nei confronti del governo nonostante il suo gruppo sia in teoria in maggioranza – ha chiesto l’intervento del presidente della Repubblica “o bisogna organizzare una nuova Resistenza: e come è noto per la resistenza servono anche le armi”.
Il cronoprogramma di Montecitorio
Il cronoprogramma delle votazioni della Camera sull’Italicum inizierà domani, 29 aprile: il primo voto sarà alle 15,25, mentre gli altri due ci saranno nella giornata di giovedi. Il voto finale dovrebbe tenersi la prossima settimana, ma non è ancora certo. Come annunciato dalla presidente Boldrini, la votazione finale sarà segreta: in base al regolamento di Montecitorio, non può essere “blindata” con la fiducia. Non si conosce ancora quanti saranno gli ordini del giorno al testo (le opposizioni ne presenteranno numerosissimi, ha annunciato Brunetta) ed il termine per la presentazione dei testo scadrà giovedì alle 11. Domani si terrà una nuova riunione dei capigruppo (già prevista, per approvare il calendario di maggio.