C’è chi ha scampato una “condanna” per evasione fiscale già molto tempo fa. Perché si era consolidata la convinzione, anche giuridica, che essendo stata trafugata, la lista Falciani, non fosse utilizzabile come prova. Ma l’elenco dei contribuenti italiani clienti della filiale svizzera di Hsbc, 7.499, è utilizzabile nei processi fiscali. Al verdetto è arrivata la Cassazione che ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate contro la commissione tributaria di Milano che aveva deciso per il no all’utilizzo della lista che prende il nome da Hervè Falciani, il dipendente infedele della banca svizzera che trafugò la lista dei clienti dell’istituto bancario per venderla al fisco francese: 81.458 identità in totale. Era era stata una la giustizia francese la prima a decretarne l’inutilizzabilità nel marzo del 2011. La corte d’Appello di Parigi aveva dato ragione a un contribuente francese, che aveva fatto ricorso contro una perquisizione, perché l’elenco di nomi era risultato di un furto, ovvero ottenuto in maniera illecita.
Anche la prima sentenza in Italia aveva seguito questa strada. Nell’ottobre del 2011 il giudice di Pinerolo (Torino) Gianni Reynaud aveva stabilito che la lista andava distrutta perché, appunto, “acquisita illecitamente” e archiviato il caso di un presunto evasore per via della legge del 2006, nata dalla vicenda del dossieraggio della security di Telecom, che intendeva appunto evitare l’utilizzo di atti acquisiti illecitamente come i file raccolti indebitamente da sistemi informatici ‘violati’.
Nei mesi scorsi molti dei nomi degli italiani, stilisti sportivi imprenditori, con i conti in Svizzera erano stati pubblicati grazie all’inchiesta Swiss Leaks del network giornalistico internazionale International consortium of investigative journalists e rilanciata in Italia da L’Espresso.
Oggi è arrivato il verdetto degli ermellini che dovrà essere tenuto in considerazione. In base a quanto stabilito dalle sentenze 8605 e 8606 della VI sezione civile della Cassazione “l’Amministrazione finanziaria, nella sua attività di accertamento della evasione fiscale può, in linea di principio, avvalersi di qualsiasi elemento con valore indiziario, con esclusione di quelli la cui inutilizzabilità discenda da una disposizione di legge o dal fatto di essere stati acquisiti dalla Amministrazione in violazione di un diritto del contribuente“.
“Sono perciò utilizzabili – prosegue la massima di diritto pronunciata dalla Cassazione – nel contraddittorio con il contribuente, i dati bancari acquisiti dal dipendente infedele di un istituto bancario, senza che assuma rilievo l’eventuale reato commesso dal dipendente stesso e la violazione del diritto alla riservatezza dei dati bancari (che non gode di tutela nei confronti del fisco). Spetterà quindi al giudice di merito in caso di contestazioni fiscali mosse al contribuente, valutare se i dati in questione siano attendibili, anche attraverso il riscontro con le difese del contribuente”.