L’Italicum è il nuovo sistema elettorale. La Camera ha dato il via libera definitivo alla legge: i sì sono stati 334, i no 61, gli astenuti 4. Tutte le opposizioni, d’accordo tra loro, prima del voto hanno abbandonato l’Aula di Montecitorio. Lo scrutinio è stato segreto (come richiesto da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia), ma i voti contrari sono arrivati – da quanto si capisce – dalla minoranza Pd, da alcuni deputati del Misto, del Nuovo Centrodestra e uno da Forza Italia (contrariamente alle indicazioni del gruppo). Un applauso di pochi secondi partito dai banchi del Pd ha salutato l’approvazione della legge. Molti parlamentari della maggioranza che sono andati a baciare il ministro per le riforme Maria Elena Boschi, a partire dai ministri Angelino Alfano e Roberta Pinotti e diversi sottosegretari.
La nuova legge elettorale “aveva un grande elemento di chiarezza – aveva detto poco prima il presidente del Consiglio – Per cinque anni sarà chiaro il governo, chi vince. Ci sarà un sistema nel quale il nostro Paese potrà finalmente essere punto di riferimento per stabilità politica, che è precondizione per l’innovazione economica”. In Aula il vicesegretario del partito Lorenzo Guerini ha aggiunto: “Diamo valore alla nostra coerenza, così da dare risposte agli impegni presi”. Per Pier Luigi Bersani, a capo dei “dissidenti” del Pd e tra coloro che certamente hanno votato contro, “il dissenso è stato abbastanza ampio. Ora cosa fatta capo A…ma il dato politico sia sull’approvazione della legge sia sulle dimensioni del dissenso è non poco rilevante”.
Secondo Roberto Speranza, capogruppo dimissionario proprio per il dissenso sulla legge elettorale “se 38 sfidano non votando la fiducia vuol dire che il dissenso è molto maggiore. Ma non sono i numeri ad interessarmi, il fatto è che si è approvata la legge elettorale con meno della maggioranza. Questo è il punto politico ed è quello che ho sempre detto a Renzi dall’inizio”. Secondo Renato Brunetta è una “vittoria di Pirro”.
In attesa del timbro di Mattarella
Ma oltre alle dinamiche politiche ora resta l’attesa per la controfirma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Movimento Cinque Stelle, con Danilo Toninelli, ha fatto appello in Aula direttamente al capo dello Stato perché non dia l’ok alla riforma elettorale. E il presidente rischia di finire in mezzo a tirate di giacca da una parte e dall’altra: “Ovviamente rispetto il ruolo del presidente della Repubblica – dichiara il ministro per le Riforme Boschi – Non tiro per la giacchetta Mattarella. Però siccome è un costituzionalista sono convinta che la firmerà”. Mattarella era tra i giudici della Corte costituzionale che aveva “bocciato” il Porcellum che diversi giuristi hanno paragonato allo stesso Italicum. La prassi consolidata prevede da parte del Quirinale una valutazione di “manifesta incostituzionalità“, prassi che rende chiaro che non si può sostituire in maniera preventiva ad una eventuale istruttoria successiva della Consulta. Tra l’altro l’articolo 74 della Costituzione prevede che il presidente della Repubblica, in caso di rinvio alle Camere di una legge, debba accompagnare questo rinvio con un messaggio motivato e che in caso di seconda approvazione sia obbligato comunque a promulgarla. Moltissimi tra l’altro i precedenti del passato di leggi promulgate dal Quirinale e poi finite sotto la lente della Corte costituzionale.
Ma al di là degli articoli e delle prassi, nonostante il silenzio assoluto del Colle in materia, basta rileggere gli interventi di Mattarella in questi quasi tre mesi passati al Colle per capire quanto sia rispettoso delle prerogative parlamentari ma anche quanto forte senta l’esigenza di compiere il percorso riformatore. “Un’altra priorità è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento”, disse infatti nel discorso d’insediamento alle Camere. “Le riforme sono un percorso virtuoso. Questo è fuori di dubbio”, confermò solo pochi giorni fa conversando con i giornalisti.
Chi c’era e chi non c’era
Su 310 deputati del Pd, 303 hanno partecipato al voto, 1 era in missione e 6 non hanno preso parte al voto finale. Di Area Popolare (Udc e Ncd) su 33 deputati, 30 hanno partecipato, 2 non hanno preso parte al voto e 1 era in missione. Di Forza Italia su 70 deputati, 1 ha partecipato al voto (si tratta di Francesco Saverio Romano, che lo ha dichiarato in Aula), 8 erano in missione e 61 non hanno partecipato alla votazione. Fedeli alla linea i 17 deputati della Lega Nord che non sono entrati in Aula, così come i 24 di Sel e i 90 del M5S (tranne 1 che era in missione). Anche i deputati di Fratelli d’Italia non hanno partecipato al voto: 6 su 8, (due erano in missione). Del gruppo misto, su 38 deputati, 29 hanno partecipato allo scrutinio finale, 7 non vi hanno preso parte e 2 erano in missione. Sui 13 deputati di Per l’Italia-Centro democratico, 12 hanno votato e 1 non ha partecipato. Dei 25 deputati di Scelta civica, 24 hanno votato mentre uno era in missione.
Tra coloro che hanno dichiarato di votare no nel Pd Bersani, Rosy Bindi, Speranza, Marco Meloni (lettiano), Enzo Lattuca, Pippo Civati, Barbara Pollastrini. I prodiani Sandra Zampa e Franco Monaco non hanno partecipato al voto così come i bersaniani Michela Marzano, Giacomo Portas, Davide Zoggia. Nel Nuovo Centrodestra a votare è stata Nunzia De Girolamo. Dentro Forza Italia ha votato no – restando in Aula al contrario del resto del gruppo – Saverio Romano (sponda Fitto).
Scelta Civica: “Siamo determinanti per la maggioranza”
E il risultato è che ora anche un partito che secondo tutti i sondaggi è ridotto quasi al lumicino, Scelta Civica, rivendica di essere indispensabile in Parlamento: “Il voto di oggi – si legge in una nota di quelli che una volta si chiamavano montiani – dimostra che se la minoranza Pd si mette di traverso, senza Scelta Civica la maggioranza alla Camera non c’è. E’ un dato politico di assoluta rilevanza in vista dei futuri interventi di politica economica e di rinnovamento della nostra Pubblica Amministrazione”.
Le opposizioni, da Sel alla Lega
Per il Movimento Cinque Stelle hanno spiegato il non voto Toninelli e Riccardo Nuti: “State facendo un atto di viltà che vi si ritorcerà contro – ha detto in Aula – Volete buttare fuori M5S per continuare a spartirvi la torta. Ma noi siamo a dieta e la torna non la vogliamo. Perché la gente non vi ha presi a calci nel sedere? Perché la gente va al teatro e non distingue più la realtà dalla finzione. Il Parlamento è un teatrone… Vogliamo fare un minuto di silenzio per questa legge elettorale come lo facciamo per tante altre cose?”.
Hanno detto no anche gli ex M5s di Alternativa Libera (in Aula ha parlato Walter Rizzetto) e i Fratelli d’Italia, come annunciato dal capogruppo Fabio Rampelli. “Non voteremo questa legge con la quale la democrazia si suicida – ha detto – Una scena penosa vedere gli eredi di Gramsci costretti a votare una pessima legge perché impauriti da Renzi di tornare a casa”. No atteso anche dalla Lega Nord: “In questo disastro Renzi è un maestro che approfitta delle debolezze di tutti, ma suona uno spartito senza capo ne coda: ha cantato Bella ciao sulle note di Giovinezza” ha scandito Giancarlo Giorgetti.
Di “pessima legge” ha parlato Nicola Fratoianni per Sel, “non perché ha difetti formali, ma perché ispirata da un impianto sbagliato, da una cultura politica sbagliata”. “Voi dite – ha proseguito il coordinatore nazionale del partito – che la legge viene fatta per dare la governabilità. Ma democrazia significa governo del popolo e forse è qui l’inceppo. Capita che il popolo sia una cosa complessa, capita perfino che il popolo abbia qualcosa da ridire” per questo “avete fatto una legge che costruisce una democrazia decidente in cui il popolo è silente. La governabilità è un valore, ma se il governo è capace di trovare punti di mediazioni, altrimenti diventa un vertice separato, autoreferenziale in cui la decisione perde di legittimità sostanziale. Noi abbiamo un’altra idea in cui conflitti e resistenze non siano uno scarto della storia”.
Lorenzo Dellai ha dichiarato il sì del gruppo dei Popolari per l’Italia, gli “scissionisti” di Scelta Civica. “Il governo da questo voto esce più solido, ma il presidente del Consiglio dovrà ascoltare il dissenso” ha detto Dellai. A favore anche Scelta Civica, come dichiarato dal capogruppo Andrea Mazziotti Di Celso. Ha rivendicato il proprio voto favorevole anche il Nuovo Centrodestra. Maurizio Lupi, il capogruppo, per sostenere la tesi della bontà di questa legge ha usato le parole usate da Brunetta nel primo passaggio alla Camera, quando Forza Italia aveva votato a favore dello stesso testo. Forza Italia, aggiunge, “continua ad arrampicarsi sugli specchi spiegando che questa legge era una svolta epocale se al Quirinale era eletto Amato ed è un rigurgito fascista dopo l’elezione di Mattarella. Non credo che Fi possa pensare oggi che erano incostituzionali e fascisti gli obiettivi che Berlusconi aveva nel 1994”.
Politica
Italicum, la riforma elettorale è legge: 334 sì, 61 no. Opposizioni escono. Renzi: “Impegno mantenuto”
1 /11 Camera dei Deputati. Discussione sulla riforma della legge elettorale e voto di Fiducia
La minoranza del Partito democratico contraria. Bersani: "Dissenso abbastanza ampio". M5s: "Mattarella non firmi". Brunetta: "Legge infame". Giorgetti (Lega): "Renzi canta Bella ciao sulle note di Giovinezza". Fratoianni (Sel): "Riforma pessima"
L’Italicum è il nuovo sistema elettorale. La Camera ha dato il via libera definitivo alla legge: i sì sono stati 334, i no 61, gli astenuti 4. Tutte le opposizioni, d’accordo tra loro, prima del voto hanno abbandonato l’Aula di Montecitorio. Lo scrutinio è stato segreto (come richiesto da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia), ma i voti contrari sono arrivati – da quanto si capisce – dalla minoranza Pd, da alcuni deputati del Misto, del Nuovo Centrodestra e uno da Forza Italia (contrariamente alle indicazioni del gruppo). Un applauso di pochi secondi partito dai banchi del Pd ha salutato l’approvazione della legge. Molti parlamentari della maggioranza che sono andati a baciare il ministro per le riforme Maria Elena Boschi, a partire dai ministri Angelino Alfano e Roberta Pinotti e diversi sottosegretari.
La nuova legge elettorale “aveva un grande elemento di chiarezza – aveva detto poco prima il presidente del Consiglio – Per cinque anni sarà chiaro il governo, chi vince. Ci sarà un sistema nel quale il nostro Paese potrà finalmente essere punto di riferimento per stabilità politica, che è precondizione per l’innovazione economica”. In Aula il vicesegretario del partito Lorenzo Guerini ha aggiunto: “Diamo valore alla nostra coerenza, così da dare risposte agli impegni presi”. Per Pier Luigi Bersani, a capo dei “dissidenti” del Pd e tra coloro che certamente hanno votato contro, “il dissenso è stato abbastanza ampio. Ora cosa fatta capo A…ma il dato politico sia sull’approvazione della legge sia sulle dimensioni del dissenso è non poco rilevante”.
Secondo Roberto Speranza, capogruppo dimissionario proprio per il dissenso sulla legge elettorale “se 38 sfidano non votando la fiducia vuol dire che il dissenso è molto maggiore. Ma non sono i numeri ad interessarmi, il fatto è che si è approvata la legge elettorale con meno della maggioranza. Questo è il punto politico ed è quello che ho sempre detto a Renzi dall’inizio”. Secondo Renato Brunetta è una “vittoria di Pirro”.
In attesa del timbro di Mattarella
Ma oltre alle dinamiche politiche ora resta l’attesa per la controfirma del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il Movimento Cinque Stelle, con Danilo Toninelli, ha fatto appello in Aula direttamente al capo dello Stato perché non dia l’ok alla riforma elettorale. E il presidente rischia di finire in mezzo a tirate di giacca da una parte e dall’altra: “Ovviamente rispetto il ruolo del presidente della Repubblica – dichiara il ministro per le Riforme Boschi – Non tiro per la giacchetta Mattarella. Però siccome è un costituzionalista sono convinta che la firmerà”. Mattarella era tra i giudici della Corte costituzionale che aveva “bocciato” il Porcellum che diversi giuristi hanno paragonato allo stesso Italicum. La prassi consolidata prevede da parte del Quirinale una valutazione di “manifesta incostituzionalità“, prassi che rende chiaro che non si può sostituire in maniera preventiva ad una eventuale istruttoria successiva della Consulta. Tra l’altro l’articolo 74 della Costituzione prevede che il presidente della Repubblica, in caso di rinvio alle Camere di una legge, debba accompagnare questo rinvio con un messaggio motivato e che in caso di seconda approvazione sia obbligato comunque a promulgarla. Moltissimi tra l’altro i precedenti del passato di leggi promulgate dal Quirinale e poi finite sotto la lente della Corte costituzionale.
Ma al di là degli articoli e delle prassi, nonostante il silenzio assoluto del Colle in materia, basta rileggere gli interventi di Mattarella in questi quasi tre mesi passati al Colle per capire quanto sia rispettoso delle prerogative parlamentari ma anche quanto forte senta l’esigenza di compiere il percorso riformatore. “Un’altra priorità è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento”, disse infatti nel discorso d’insediamento alle Camere. “Le riforme sono un percorso virtuoso. Questo è fuori di dubbio”, confermò solo pochi giorni fa conversando con i giornalisti.
Chi c’era e chi non c’era
Su 310 deputati del Pd, 303 hanno partecipato al voto, 1 era in missione e 6 non hanno preso parte al voto finale. Di Area Popolare (Udc e Ncd) su 33 deputati, 30 hanno partecipato, 2 non hanno preso parte al voto e 1 era in missione. Di Forza Italia su 70 deputati, 1 ha partecipato al voto (si tratta di Francesco Saverio Romano, che lo ha dichiarato in Aula), 8 erano in missione e 61 non hanno partecipato alla votazione. Fedeli alla linea i 17 deputati della Lega Nord che non sono entrati in Aula, così come i 24 di Sel e i 90 del M5S (tranne 1 che era in missione). Anche i deputati di Fratelli d’Italia non hanno partecipato al voto: 6 su 8, (due erano in missione). Del gruppo misto, su 38 deputati, 29 hanno partecipato allo scrutinio finale, 7 non vi hanno preso parte e 2 erano in missione. Sui 13 deputati di Per l’Italia-Centro democratico, 12 hanno votato e 1 non ha partecipato. Dei 25 deputati di Scelta civica, 24 hanno votato mentre uno era in missione.
Tra coloro che hanno dichiarato di votare no nel Pd Bersani, Rosy Bindi, Speranza, Marco Meloni (lettiano), Enzo Lattuca, Pippo Civati, Barbara Pollastrini. I prodiani Sandra Zampa e Franco Monaco non hanno partecipato al voto così come i bersaniani Michela Marzano, Giacomo Portas, Davide Zoggia. Nel Nuovo Centrodestra a votare è stata Nunzia De Girolamo. Dentro Forza Italia ha votato no – restando in Aula al contrario del resto del gruppo – Saverio Romano (sponda Fitto).
Scelta Civica: “Siamo determinanti per la maggioranza”
E il risultato è che ora anche un partito che secondo tutti i sondaggi è ridotto quasi al lumicino, Scelta Civica, rivendica di essere indispensabile in Parlamento: “Il voto di oggi – si legge in una nota di quelli che una volta si chiamavano montiani – dimostra che se la minoranza Pd si mette di traverso, senza Scelta Civica la maggioranza alla Camera non c’è. E’ un dato politico di assoluta rilevanza in vista dei futuri interventi di politica economica e di rinnovamento della nostra Pubblica Amministrazione”.
Le opposizioni, da Sel alla Lega
Per il Movimento Cinque Stelle hanno spiegato il non voto Toninelli e Riccardo Nuti: “State facendo un atto di viltà che vi si ritorcerà contro – ha detto in Aula – Volete buttare fuori M5S per continuare a spartirvi la torta. Ma noi siamo a dieta e la torna non la vogliamo. Perché la gente non vi ha presi a calci nel sedere? Perché la gente va al teatro e non distingue più la realtà dalla finzione. Il Parlamento è un teatrone… Vogliamo fare un minuto di silenzio per questa legge elettorale come lo facciamo per tante altre cose?”.
Hanno detto no anche gli ex M5s di Alternativa Libera (in Aula ha parlato Walter Rizzetto) e i Fratelli d’Italia, come annunciato dal capogruppo Fabio Rampelli. “Non voteremo questa legge con la quale la democrazia si suicida – ha detto – Una scena penosa vedere gli eredi di Gramsci costretti a votare una pessima legge perché impauriti da Renzi di tornare a casa”. No atteso anche dalla Lega Nord: “In questo disastro Renzi è un maestro che approfitta delle debolezze di tutti, ma suona uno spartito senza capo ne coda: ha cantato Bella ciao sulle note di Giovinezza” ha scandito Giancarlo Giorgetti.
Di “pessima legge” ha parlato Nicola Fratoianni per Sel, “non perché ha difetti formali, ma perché ispirata da un impianto sbagliato, da una cultura politica sbagliata”. “Voi dite – ha proseguito il coordinatore nazionale del partito – che la legge viene fatta per dare la governabilità. Ma democrazia significa governo del popolo e forse è qui l’inceppo. Capita che il popolo sia una cosa complessa, capita perfino che il popolo abbia qualcosa da ridire” per questo “avete fatto una legge che costruisce una democrazia decidente in cui il popolo è silente. La governabilità è un valore, ma se il governo è capace di trovare punti di mediazioni, altrimenti diventa un vertice separato, autoreferenziale in cui la decisione perde di legittimità sostanziale. Noi abbiamo un’altra idea in cui conflitti e resistenze non siano uno scarto della storia”.
Lorenzo Dellai ha dichiarato il sì del gruppo dei Popolari per l’Italia, gli “scissionisti” di Scelta Civica. “Il governo da questo voto esce più solido, ma il presidente del Consiglio dovrà ascoltare il dissenso” ha detto Dellai. A favore anche Scelta Civica, come dichiarato dal capogruppo Andrea Mazziotti Di Celso. Ha rivendicato il proprio voto favorevole anche il Nuovo Centrodestra. Maurizio Lupi, il capogruppo, per sostenere la tesi della bontà di questa legge ha usato le parole usate da Brunetta nel primo passaggio alla Camera, quando Forza Italia aveva votato a favore dello stesso testo. Forza Italia, aggiunge, “continua ad arrampicarsi sugli specchi spiegando che questa legge era una svolta epocale se al Quirinale era eletto Amato ed è un rigurgito fascista dopo l’elezione di Mattarella. Non credo che Fi possa pensare oggi che erano incostituzionali e fascisti gli obiettivi che Berlusconi aveva nel 1994”.
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Roma, 28 gen. (Adnkronos Salute) - "La certificazione di idoneità alla pratica sportiva ha un grande valore in chiave di prevenzione perché permette di individuare potenziali fattori di rischio o patologie minori, anche non contrindicanti la pratica sportiva, ma la cui diagnosi tempestiva porta a evidenti benefici per lo stato di salute e la qualità della vita del singolo e a un conseguente risparmio per il Servizio sanitario nazionale e il sistema assicurativo". Lo ha detto l'onorevoleMaurizio Casasco, presidente Fmsi, Federazione medico sportiva italiana, in occasione del simposio dedicato ai programmi di screening per valutare il rischio di morte cardiaca improvvisa nei giovani atleti, a partire dall'esperienza del modello italiano, co-organizzato dalla Fmsi e dall'Ambasciata d'Italia a Londra, che oggi ha ospitato l'incontro, con la diretta collaborazione di Lord Polak, membro della Camera dei Lords.
"Questo evento testimonia il valore del modello italiano di medicina dello sport riconosciuto in tutto il mondo - sottolinea Casasco - L'Italia è l'unico Paese ad avere delle leggi nazionali per la certificazione di idoneità alla pratica sportiva e, nel caso di quella agonistica, viene rilasciata esclusivamente dallo specialista in medicina dello sport, che valuta il rischio sportivo specifico in gara e in allenamento. Accanto alle leggi in materia di salute dei praticanti l'attività sportiva, l'Italia vanta delle specifiche linee-guida elaborate dalla Fmsi, unica società scientifica di medicina dello sport riconosciuta dal ministero della Salute, in collaborazione con le società cardiologiche. Oggi le morti improvvise da sport, nel nostro Paese, rispetto al resto del mondo sono in un rapporto di 1 a 1 milione e mezzo versus 1 a 100mila". Il modello italiano - si legge in una nota - diventa importante oggi più che mai visto il valore, riconosciuto a livello globale, dell'attività sportiva per la prevenzione primaria, secondaria e terziaria nella lotta alle principali patologie non trasmissibili (cardiovascolari, neurodegenerative, oncologiche, metaboliche, etc.), e la cui prescrizione richiede una specifica competenza.
Il simposio si inserisce nel quadro del Memorandum of Understanding di collaborazione bilaterale sottoscritto da Italia e Regno Unito nel 2023 e che incoraggia il dialogo tra personale medico dei due Paesi. "Credo molto nel valore della diplomazia scientifica - evidenzia l'ambasciatore Inigo Lambertini - a maggior ragione quando, come quest'oggi, essa abbia una finalità così nobile quale quella di salvare più vite tra i giovani sportivi. Sono quindi orgoglioso che l'Ambasciata a Londra abbia fattivamente contribuito a organizzare questo proficuo scambio di esperienze tra luminari della cardiologia e della medicina sportiva, e alla valorizzazione del modello di screening italiano, un'altra delle nostre tante eccellenze a livello mondiale".
Roma, 28 gen. (Adnkronos) - Siparietto alla Camera durante l'intervento della deputata di Italia viva Maria Elena Boschi, che insieme ad altri rappresentanti dei Gruppi di opposizione sta chiedendo un'informativa del ministro dell'Interno. Il microfono non funziona e l'ex ministra è costretta a spostarsi dal suo scranno e a cambiare vari posti, anche perché sembra che il malfunzionamento riguardi tutta la fila. "Così arrivo a Forza Italia, non so se è l'obiettivo, sto andando verso Forza Italia, è il prossimo step", scherza Boschi quando riesce a trovare un microfono funzionante. "Forse è il destino, che le debbo dire, sarà il fato", replica Giorgio Mulè, deputato azzurro che in qualità di vicepresidente in quel momento presiede l'Aula.
Palermo, 28 gen. (Adnkronos) - "Bisogna trovare le migliori soluzioni per contemperare le esigenze delle imprese e quelle della sicurezza dei locali pubblici. L’aspetto positivo è che le sollecitazioni avanzate anche da Palermo dalla nostra categoria sui temi della sicurezza non sono cadute nel vuoto e c’è la volontà di adottare interventi migliorativi. Così com’è, però, il decreto impone oneri e responsabilità sull’ordine pubblico che non possono competere ai pubblici esercenti”. Antonio Cottone, presidente di Fipe Confcommercio Palermo, commenta così il Decreto sicurezza adottato dal Viminale e già pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, che prevede alcuni adempimenti a carico dei locali pubblici (compresi bar, discoteche, sale giochi e luoghi di spettacolo) come ad esempio l’installazione di sofisticati sistemi di videosorveglianza, l’adeguata illuminazione dell’area circostante, l’obbligo di identificazione dei minori, la designazione di un referente per la sicurezza del locale o la pubblicazione all’interno del locale di un “codice di condotta” che dovrà essere seguito dagli avventori.
“Già da tempo - osserva Cottone - abbiamo fatto sforzi, anche economici, per aumentare i livelli di sicurezza all’interno dei nostri locali ma non è possibile ribaltare sugli esercenti l’onere di alcune azioni che devono necessariamente essere garantite dalle forze dell’ordine. Se si verifica, ad esempio, una rissa all’esterno del locale non abbiamo certo gli strumenti per intervenire. E non siamo nemmeno nelle condizioni di imporre ai nostri clienti la lettura e l’osservanza del codice di condotta dell’avventore modello”.
Nelle ultime ore il Viminale ha chiarito che l’adesione alle linee guida previste nel decreto sicurezza è su base volontaria. “Una precisazione - conclude Cottone - che va accolta con soddisfazione ma noi ci auguriamo che un approfondito confronto con le associazioni di categoria, già sollecitato con successo dai vertici nazionali di Fipe Confcommercio, porti a un miglioramento dei livelli di sicurezza e a una sempre più proficua collaborazione con le Forze dell’Ordine che da parte nostra non è mai mancata e mai mancherà, a garanzia della migliore sicurezza dei titolari dei locali pubblici, dei loro clienti e della città tutta”.
Washington, 28 gen. (Adnkronos/Afp) - "L'implacabile assalto all'Unrwa sta danneggiando le vite e il futuro dei palestinesi in tutto il territorio palestinese occupato. Sta erodendo la loro fiducia nella comunità internazionale, mettendo a repentaglio qualsiasi prospettiva di pace e sicurezza". Lo ha detto il capo dell'Agenzia Philippe Lazzarini parlando, durante una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, della decisione di Israele di interrompere ogni contatto con la sua organizzazione.
Washington, 28 gen. (Adnkronos/Afp) - Israele cesserà ogni contatto con l'agenzia di soccorso palestinese delle Nazioni Unite (Unrwa) e con qualsiasi altro organismo che agisca per suo conto. Lo ha affermato l'inviato di Israele all'Onu, dopo aver ripetutamente accusato l'organizzazione di minare la sua sicurezza.
"Israele interromperà ogni collaborazione, comunicazione e contatto con l'Unrwa o chiunque agisca per suo conto", ha affermato Danny Danon prima di una riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite sulla questione.
Roma, 28 gen. (Adnkronos) - Con 192 voti a favore e 41 contrari la Camera ha approvato in via definitiva il decreto legge che prevede la proroga fino alla fine di quest'anno dell'autorizzazione alla cessione di mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari in favore dell'Ucraina.
Gaza, 28 gen. (Adnkronos) - Un'ambulanza della Mezzaluna Rossa Palestinese è stata colpita dal fuoco dei cecchini israeliani nella zona di Tal as-Sultan, a ovest di Rafah, nella striscia di Gaza meridionale. Lo ha reso noto la stessa organizzazione sanitaria, pubblicando un video su X che mostra quello che sembra un foro di proiettile sulla fiancata di un mezzo di soccorso.