Lavorare in carcere, grazie al terzo settore. Un lusso per pochi detenuti, una possibilità ulteriormente ridotta dalla scarsità di fondi e dagli ostacoli burocratici denunciati dagli addetti ai lavori. Infatti, anche le cooperative che riescono a passare le mura dei penitenziari hanno una vita tutt’altro che facile, costrette a vedersela con risorse insufficienti e a licenziare dipendenti. Il tutto mentre le pratiche virtuose – che certo non mancano – sono messe all’angolo.
Pochi detenuti al lavoro per le coop. “E il carcere diventa scuola di delinquenza” – Ma partiamo dai numeri. Secondo i dati del ministero della Giustizia, alla fine del 2014 2.324 detenuti lavoravano per un soggetto esterno al carcere e di questi solo 707 erano dipendenti di cooperative sociali. Una goccia nel mare, se si pensa che alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria lavoravano più di 12mila reclusi. “Per difficoltà organizzative e burocratiche – si legge nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Antigone, da sempre impegnato sul fronte carcerario – le imprese faticano moltissimo a entrare in carcere”. Il risultato è una presenza trascurabile delle aziende all’interno dei penitenziari. Al tempo stesso, spiega il rapporto, i 12mila dipendenti dell’amministrazione carceraria portano avanti un lavoro frammentato e mal retribuito. “Negli ultimi anni, i posti di lavoro sono stati notevolmente frazionati, con una conseguente riduzione degli orari di lavoro e della spesa per l’amministrazione penitenziaria – si legge nel documento – Il numero assoluto dei lavoranti nell’anno è quindi rimasto costante, ma il budget speso per il lavoro dall’amministrazione penitenziaria è calato moltissimo. Con conseguente riduzione degli stipendi. Si è passati dai 71,4 milioni del 2006 ai 49,6 del 2013″. “Noi cerchiamo di professionalizzare il detenuto, favorendo un suo reinserimento lavorativo una volta uscito dal carcere”, spiega Nicola Boscoletto, presidente del consorzio Giotto, cooperativa attiva all’interno delle carceri (rinomati i dolci prodotti in quello di Padova). “Nei lavori alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, invece, non c’è nulla di tutto questo, mancano le figure adatte. Non è un lavoro, ma un sussidio diseducativo. E così si perde la funzione rieducativa della pena: le carceri diventano scuole di delinquenza“.
Tante richieste, pochi fondi. E le cooperative devono licenziare – Ma anche chi riesce a entrare in carcere poi non ha certo vita semplice. La legge Smuraglia, che risale al 2000, prevede sgravi fiscali per le aziende e le cooperative sociali che assumano detenuti. Per il 2015, imprese e coop hanno fatto richiesta al governo di agevolazioni per un totale di poco superiore a 9 milioni di euro. Peccato che prima un decreto legge e poi una nota del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) abbiano quantificato in 5,9 milioni di euro la cifra disponibile per finanziare il credito d’imposta. La doccia fredda è arrivata da una circolare del ministero della Giustizia, datata dicembre 2014: dopo avere constatato “una richiesta superiore del 34,71% rispetto alla reale disponibilità finanziaria”, il documento spiega che “si rende necessario procedere alla rideterminazione degli importi fruibili in misura proporzionata alle risorse stesse”. Insomma, tutte le 220 imprese e cooperative hanno subito una riduzione di un terzo rispetto alle proprie domande. “Non è stata verificata la consistenza delle varie attività – spiega Boscoletto – Hanno fatto richiesta di agevolazioni fiscali anche molte imprese nuove, alcune con progetti inesistenti. Il risultato è che si è proceduto a tagli lineari nei confronti di tutte le realtà. Con il risultato di penalizzare le attività consolidate e determinare decine di licenziamenti in tutta Italia”.
Il caso del servizio mensa – A questo colpo, si aggiunge un’altra batosta per le cooperative in carcere. Da gennaio in dieci istituti italiani il servizio mensa è stato tolto alle imprese sociali che lo gestivano da dieci anni, producendo lavoro per 170 detenuti e 40 operatori, per tornare in capo al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il progetto, nato come sperimentazione, è stato finanziato in questi anni dalla Cassa delle ammende, fondo del Dap alimentato dalle sanzioni comminate dai tribunali. Ma quest’anno, dopo lo scandalo Mafia Capitale che ha visto al centro una coop attiva anche al reinserimento degli ex carcerati, è arrivato lo stop agli stanziamenti. Il viceministro della Giustizia Enrico Costa ha spiegato che i contributi devono essere “limitati nel tempo e per progetti che, in prospettiva, prevedano una reale concreta possibilità di continuità autonoma, non assistita da ulteriori sovvenzioni“. Eppure, da anni le cooperative chiedevano che, alla luce dei risultati positivi riconosciuti dallo stesso dipartimento, il progetto passasse da sperimentale a strutturale. Così non è avvenuto e l’esperienza è stata chiusa, determinando il licenziamento di decine di detenuti. “Speriamo ancora – prosegue Boscoletto – nella promessa del ministro Andrea Orlando, che la chiusura del progetto sia solo un fatto temporaneo e si trovi il modo idoneo e più esteso di ripartire”.
L’esempio di Palermo: i detenuti riaprono un sito archeologico – Al di là dei diversi ostacoli da superare, il terzo settore vanta un universo variegato di realtà che si impegnano per il reinserimento sociale dei detenuti. Nel campo strettamente lavorativo e in quello del volontariato, fuori e dentro il carcere. Solo per citare alcuni esempi, a Milano c’è il laboratorio di moda della cooperativa Alice, in Puglia ci sono le borse confezionate da Made in carcere, nelle carceri di Padova, Busto Arsizio e Torino i detenuti producono dolci. E infine c’è la cooperativa Padre Nostro di Palermo. Qui il lavoro di quattro detenuti-volontari ha permesso alla cittadinanza di riscoprire un sito archeologico prima inaccessibile. Si tratta di un’area di otto chilometri quadrati, che contiene testimonianze della dominazione araba di Palermo. Negli anni Ottanta c’erano stati scavi, ma poi il sito era stato abbandonato all’incuria, diventando in parte un parcheggio abusivo. I detenuti del carcere Pagliarelli hanno restituito questo spazio alla città e ai turisti, con le bonifiche terminate nel maggio 2014, dopo un anno di lavoro. La comunità Padre Nostro, inoltre, coinvolge circa altri trenta carcerati in lavori di pubblica utilità, come accoglienza di minori in comunità, doposcuola, trasporto disabili, assistenza di anziani. “Abbiamo anticipato tutto di tasca nostra – spiega Maurizio Artale, presidente della cooperativa – La Regione Sicilia ci deve 1,5 milioni di euro circa per le attività degli anni 2013 e 2014. Se non arriveranno questi soldi, ci affosseranno definitivamente”.
Onlus & Dintorni
Lavoro in carcere, slalom del terzo settore tra burocrazia, pochi fondi e licenziamenti
I detenuti che lavorano per un soggetto esterno al carcere secondo gli ultimi dati sono solo 2.324, di cui solamente 707 come dipendenti di cooperative sociali. La legge Smuraglia prevede sgravi fiscali per chi assume, ma i finanziamenti disponibili si fermano a 5,9 milioni contro i 9 "prenotati": così 220 imprese e coop hanno subito tagli lineari e hanno dovuto licenziare. Da Milano a Napoli, però, ci sono anche casi virtuosi
Lavorare in carcere, grazie al terzo settore. Un lusso per pochi detenuti, una possibilità ulteriormente ridotta dalla scarsità di fondi e dagli ostacoli burocratici denunciati dagli addetti ai lavori. Infatti, anche le cooperative che riescono a passare le mura dei penitenziari hanno una vita tutt’altro che facile, costrette a vedersela con risorse insufficienti e a licenziare dipendenti. Il tutto mentre le pratiche virtuose – che certo non mancano – sono messe all’angolo.
Pochi detenuti al lavoro per le coop. “E il carcere diventa scuola di delinquenza” – Ma partiamo dai numeri. Secondo i dati del ministero della Giustizia, alla fine del 2014 2.324 detenuti lavoravano per un soggetto esterno al carcere e di questi solo 707 erano dipendenti di cooperative sociali. Una goccia nel mare, se si pensa che alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria lavoravano più di 12mila reclusi. “Per difficoltà organizzative e burocratiche – si legge nell’ultimo rapporto dell’Osservatorio Antigone, da sempre impegnato sul fronte carcerario – le imprese faticano moltissimo a entrare in carcere”. Il risultato è una presenza trascurabile delle aziende all’interno dei penitenziari. Al tempo stesso, spiega il rapporto, i 12mila dipendenti dell’amministrazione carceraria portano avanti un lavoro frammentato e mal retribuito. “Negli ultimi anni, i posti di lavoro sono stati notevolmente frazionati, con una conseguente riduzione degli orari di lavoro e della spesa per l’amministrazione penitenziaria – si legge nel documento – Il numero assoluto dei lavoranti nell’anno è quindi rimasto costante, ma il budget speso per il lavoro dall’amministrazione penitenziaria è calato moltissimo. Con conseguente riduzione degli stipendi. Si è passati dai 71,4 milioni del 2006 ai 49,6 del 2013″. “Noi cerchiamo di professionalizzare il detenuto, favorendo un suo reinserimento lavorativo una volta uscito dal carcere”, spiega Nicola Boscoletto, presidente del consorzio Giotto, cooperativa attiva all’interno delle carceri (rinomati i dolci prodotti in quello di Padova). “Nei lavori alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, invece, non c’è nulla di tutto questo, mancano le figure adatte. Non è un lavoro, ma un sussidio diseducativo. E così si perde la funzione rieducativa della pena: le carceri diventano scuole di delinquenza“.
Tante richieste, pochi fondi. E le cooperative devono licenziare – Ma anche chi riesce a entrare in carcere poi non ha certo vita semplice. La legge Smuraglia, che risale al 2000, prevede sgravi fiscali per le aziende e le cooperative sociali che assumano detenuti. Per il 2015, imprese e coop hanno fatto richiesta al governo di agevolazioni per un totale di poco superiore a 9 milioni di euro. Peccato che prima un decreto legge e poi una nota del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) abbiano quantificato in 5,9 milioni di euro la cifra disponibile per finanziare il credito d’imposta. La doccia fredda è arrivata da una circolare del ministero della Giustizia, datata dicembre 2014: dopo avere constatato “una richiesta superiore del 34,71% rispetto alla reale disponibilità finanziaria”, il documento spiega che “si rende necessario procedere alla rideterminazione degli importi fruibili in misura proporzionata alle risorse stesse”. Insomma, tutte le 220 imprese e cooperative hanno subito una riduzione di un terzo rispetto alle proprie domande. “Non è stata verificata la consistenza delle varie attività – spiega Boscoletto – Hanno fatto richiesta di agevolazioni fiscali anche molte imprese nuove, alcune con progetti inesistenti. Il risultato è che si è proceduto a tagli lineari nei confronti di tutte le realtà. Con il risultato di penalizzare le attività consolidate e determinare decine di licenziamenti in tutta Italia”.
Il caso del servizio mensa – A questo colpo, si aggiunge un’altra batosta per le cooperative in carcere. Da gennaio in dieci istituti italiani il servizio mensa è stato tolto alle imprese sociali che lo gestivano da dieci anni, producendo lavoro per 170 detenuti e 40 operatori, per tornare in capo al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria. Il progetto, nato come sperimentazione, è stato finanziato in questi anni dalla Cassa delle ammende, fondo del Dap alimentato dalle sanzioni comminate dai tribunali. Ma quest’anno, dopo lo scandalo Mafia Capitale che ha visto al centro una coop attiva anche al reinserimento degli ex carcerati, è arrivato lo stop agli stanziamenti. Il viceministro della Giustizia Enrico Costa ha spiegato che i contributi devono essere “limitati nel tempo e per progetti che, in prospettiva, prevedano una reale concreta possibilità di continuità autonoma, non assistita da ulteriori sovvenzioni“. Eppure, da anni le cooperative chiedevano che, alla luce dei risultati positivi riconosciuti dallo stesso dipartimento, il progetto passasse da sperimentale a strutturale. Così non è avvenuto e l’esperienza è stata chiusa, determinando il licenziamento di decine di detenuti. “Speriamo ancora – prosegue Boscoletto – nella promessa del ministro Andrea Orlando, che la chiusura del progetto sia solo un fatto temporaneo e si trovi il modo idoneo e più esteso di ripartire”.
L’esempio di Palermo: i detenuti riaprono un sito archeologico – Al di là dei diversi ostacoli da superare, il terzo settore vanta un universo variegato di realtà che si impegnano per il reinserimento sociale dei detenuti. Nel campo strettamente lavorativo e in quello del volontariato, fuori e dentro il carcere. Solo per citare alcuni esempi, a Milano c’è il laboratorio di moda della cooperativa Alice, in Puglia ci sono le borse confezionate da Made in carcere, nelle carceri di Padova, Busto Arsizio e Torino i detenuti producono dolci. E infine c’è la cooperativa Padre Nostro di Palermo. Qui il lavoro di quattro detenuti-volontari ha permesso alla cittadinanza di riscoprire un sito archeologico prima inaccessibile. Si tratta di un’area di otto chilometri quadrati, che contiene testimonianze della dominazione araba di Palermo. Negli anni Ottanta c’erano stati scavi, ma poi il sito era stato abbandonato all’incuria, diventando in parte un parcheggio abusivo. I detenuti del carcere Pagliarelli hanno restituito questo spazio alla città e ai turisti, con le bonifiche terminate nel maggio 2014, dopo un anno di lavoro. La comunità Padre Nostro, inoltre, coinvolge circa altri trenta carcerati in lavori di pubblica utilità, come accoglienza di minori in comunità, doposcuola, trasporto disabili, assistenza di anziani. “Abbiamo anticipato tutto di tasca nostra – spiega Maurizio Artale, presidente della cooperativa – La Regione Sicilia ci deve 1,5 milioni di euro circa per le attività degli anni 2013 e 2014. Se non arriveranno questi soldi, ci affosseranno definitivamente”.
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La soluzione del ministro Urso per la crisi dell’auto: “Incentivi a chi si riconverte al comparto della difesa”. Fiom: “Assurdo”. M5s e Avs: “Piano folle e scellerato”
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Delmastro boccia la riforma Nordio: “I pm divoreranno i giudici”. Poi tenta il dietrofront, ma spunta l’audio. E il ministro lo difende
(Adnkronos) - La richiesta riguarda tutti le tracce trovate nella villetta di via Pascoli dove avviene il delitto, a partire dalle fascette dei rilievi dattiloscopici e le impronte digitali trovate nell'appartamento e sul dispenser portasapone dove - sancisce la Cassazione - si lava l'assassino. L'intenzione degli inquirenti è anche quella di lavorare sui quattro capelli scuri trovati nel lavandino del bagno al piano terra, così come sull'impronta trovata sulla porta d'ingresso dell'abitazione. Per i carabinieri di Milano sul dispenser (oltre alle due impronte di Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni per l'omicidio) "vi sono numerose impronte papillari sovrapposte che sarebbero state cancellate se il dispenser fosse stato lavato dal sangue" e nel lavandino la presenza di 4 capelli neri lunghi "attestano ovviamente che il lavandino non è mai stato lavato dalla presenza di sangue. Diversamente, i capelli presenti nel lavabo sarebbero stati portati via dall'acqua".
Una tesi smentita dalla stessa Procura di Pavia nella prima archiviazione, di otto anni fa, contro l'indagato Sempio. Un'ipotesi "priva di fondamento logico dal momento che è processualmente accertato che l'assassino aveva le mani imbrattate di sangue e che si è recato in bagno per lavarsi". Il sangue, liquido e solubile in acqua, "viene lavato molto più facilmente dei capelli che, stante la loro forma e lunghezza rimangono molto più facilmente sul fondo della vasca anche dopo il lavaggio del sangue" e si tratta dei capelli di Chiara "recisi a causa dei colpi inferti e rimasti sulle mani insanguinate dell'assassino; la loro presenza attesta semmai che lo stesso si è effettivamente lavato le mani". È peraltro "verosimile che l'assassino non si sia soffermato per verificare l'effetto del risciacquo, ma si sia allontanato rapidamente dalla scena".
I carabinieri sono intenzionati anche ad approfondire un'impronta digitale trovata sulla maniglia della porta di ingresso (ritenuta allora non utile dal Ris di Parma) su cui "non appare sia stata eseguita alcuna indagine biologica mirata ad accertare se quel contatto possa essere stato lasciato da una mano sporca di sangue (della vittima o di altri) o se fosse altra sostanza". Una tesi "oltre che logicamente fallace, non è di alcuna utilità investigativa" essendo stata osservata tre giorni dopo il delitto e trovandosi accanto alla serratura. Una porta toccata da Stasi e da soccorritori e investigatori. "Le tracce papillari, al pari del Dna, non sono databili. È impossibile sapere se quella traccia sia stata deposta il giorno del delitto o nei giorni precedenti (o addirittura in quelli successivi), basti pensare che in sede di rilievo sono state trovate anche le impronte papillari" di alcuni carabinieri coinvolti nelle indagini e di un falegname intervenuto tempo prima nella villetta per effettuare alcuni lavori. Per queste ragioni, concludeva l'archiviazione, "è evidente la totale irrilevanza investigativa della traccia segnalata".
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - ''Per la sua posizione geografica strategica al centro del Mediterraneo, l’Italia rappresenta un ponte energetico tra Europa, Nord Africa e Medio Oriente''. Terna, presentando il piano di sviluppo 2025, conferma gli interventi di interconnessione con l’estero, al fine di ''garantire sicurezza, sostenibilità ed efficienza, tramite la possibilità di mutuo soccorso tra sistemi interconnessi. In aggiunta, queste infrastrutture costituiscono un fondamentale strumento di flessibilità per condividere risorse di generazione e capacità di accumulo, a fronte della variabilità della produzione rinnovabile''.
Tra i principali progetti pianificati Terna segnala 'Sa.Co.I.3', il progetto di ammodernamento e potenziamento dell’attuale interconnessione tra Sardegna, Corsica e Toscana, il progetto di interconnessione tra Italia e Tunisia 'Elmed', il raddoppio interconnessione Italia-Grecia, che ''consentirà la gestione in sicurezza dell’intera Zona Sud e favorirà approvvigionamenti efficienti di energia, grazie alla possibilità di abilitare nuove risorse attraverso il coupling del mercato elettrico e di mantenere lo scambio di energia tra i due Paesi anche in presenza di manutenzioni''.
Inoltre, nel piano di sviluppo 2025 sono presenti ulteriori progetti di interconnessione, noti come 'Merchant lines', a cura di altri promotori e/o non titolari di concessioni di trasporto. Il numero di tali iniziative ha subito un’accelerazione negli ultimi anni. Risultano in fase di avvio consultazione 11 richieste per oltre 12 Gw di capacità. Terna segnala che la gestione delle richieste di connessione alla rete in alta tensione, principalmente concentrate al sud e nelle isole, permette di ''avere una visione sistemica delle future evoluzioni degli impianti rinnovabili e dei sistemi di accumulo, così da realizzare uno sviluppo sinergico delle infrastrutture e garantire la massima efficienza nella realizzazione delle opere di rete''.
Secondo i dati di Terna, al 31 dicembre 2024, risultano 348 Gw di richieste di connessione per impianti rinnovabili (di cui 152 Gw di solare, 110 Gw di eolico on-shore e 86 Gw di eolico off-shore) e 277 Gw per sistemi di accumulo. Questi numeri, che ''superano ampiamente il fabbisogno nazionale individuato dal documento di descrizione degli scenari 2024 Terna-Snam e dai target nazionali, confermano che il Paese rappresenta una significativa opzione di investimento, anche grazie a meccanismi legislativi di sostegno alla realizzazione di impianti a fonti rinnovabili e ad una regolamentazione che ne incentiva lo sviluppo'', secondo la società.
In aggiunta, nell’ultimo biennio si è registrata una crescita delle richieste anche per gli utenti di consumo, che prelevano direttamente energia dalla rete di trasmissione nazionale e includono, ad esempio, impianti ad alto consumo energetico. Le richieste di connessione per questi utenti possono riguardare sia l’adeguamento di impianti già operativi sia la connessione di nuovi impianti alla rete. Tale tendenza è attribuibile per larga parte ai centri di elaborazione (data center): al 31 dicembre 2024 le richieste erano pari a circa 30 Gw, dato annuale 24 volte superiore rispetto a quello del 2021. Tali richieste sono principalmente localizzate nel Nord Italia, soprattutto in Lombardia.
Terna annuncia che ''con lo scopo di favorire una sempre più ampia abilitazione delle rinnovabili e per garantire un’elevata qualità del servizio, in sinergia con i concessionari del servizio di distribuzione, è stato individuato un set di Cabine primarie da potenziare o da connettere alla Rete di trasmissione nazionale''. Il trend di tali richieste di connessione si è ulteriormente ampliato per effetto dei fondi messi a disposizione nell’ambito del Pnrr. Terna ha definito un approccio di gestione delle richieste di connessione basato sulla definizione di 76 'microzone' che ''consentono di modellare in modo efficace un perimetro all’interno del quale studiare soluzioni di connessione e quantificare la capacità rinnovabile addizionale che può essere integrata nella rete''.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Dallo sviluppo di infrastrutture abilitanti e innovative alla garanzia di stabilità e sicurezza della rete elettrica, passando per la risoluzione delle congestioni locali. Sono gli obiettivi del piano di sviluppo 2025 presentato da Terna. ''Considerato il complesso e sfidante contesto elettrico'' Terna comunica di aver ''svolto una importante attività di definizione delle priorità di sviluppo. Sono stati privilegiati gli interventi che offrono il massimo valore per il sistema, individuando soluzioni 'capital light' al fine di ridurre i costi e massimizzare l'efficacia degli investimenti necessari alla transizione energetica''.
Gli interventi previsti dal piano, che consentiranno di operare con una visione di lungo termine in considerazione delle esigenze della rete, rispondono alla necessità di ''sviluppare infrastrutture abilitanti e innovative, funzionali al raggiungimento della capacità obiettivo efficiente, per aumentare i limiti di transito tra le sezioni di mercato e massimizzare lo scambio di energia''. Il programma prevede anche di ''risolvere le congestioni locali, garantendo l’esercizio in sicurezza all’interno delle zone di mercato, tramite la pianificazione di interventi intrazonali''.
Terna punta inoltre a ''rispondere in modo efficiente a tutte le richieste di connessione alla rete attraverso la definizione di un nuovo modello, la Programmazione territoriale efficiente''. Infine sarà garantita ''la stabilità e la sicurezza della rete elettrica e l’integrazione dei mercati tramite le interconnessioni con l’estero, che consentono una gestione flessibile e bilanciata delle risorse energetiche, favorendo gli scambi tra le reti nazionali''.
Nell’orizzonte temporale del piano di sviluppo 2025, la maggioranza degli interventi previsti in esercizio entro il 2030 ha ottenuto l’autorizzazione o è già in fase di autorizzazione. Tra questi figurano le principali opere infrastrutturali dell’azienda, come Tyrrhenian Link, il collegamento hvdc sottomarino a 500 kV che unirà la Sicilia alla Campania e alla Sardegna. ''L’opera consentirà una maggiore integrazione tra le diverse zone di mercato e un più efficace utilizzo dei flussi di energia proveniente da fonti rinnovabili''. L’opera sarà completata entro il 2028.
Tra le opere principali Terna segnala Adriatic Link: il collegamento hvdc tra Abruzzo e Marche da 1.000 MW di potenza lungo circa 250 km, di cui 210 km sottomarini. L’entrata in esercizio è prevista per il 2029. Entro il 2034 sono poi previsti ulteriori rinforzi infrastrutturali tra cui la Dorsale Adriatica: collegamento in corrente continua tra Foggia e Forlì che garantirà il rafforzamento del corridoio adriatico, permettendo un incremento sostanziale della capacità di scambio.
Terna prevede inoltre la realizzazione di importanti infrastrutture che hanno l’obiettivo di aumentare il livello di sicurezza della rete e la capacità intrazonale. Si tratta di interventi che favoriscono lo scambio di energia all’interno della stessa zona di mercato, funzionali all’integrazione delle fonti rinnovabili e alla risoluzione delle congestioni di rete a livello locale. Tra le opere previste, tre collegamenti a 380 kV in Sicilia (Chiaramonte Gulfi-Ciminna, Caracoli-Ciminna e Paternò-Priolo) e uno in Lombardia (Milano-Brescia).
Il Piano di Sviluppo 2025 di Terna si pone l’obiettivo di estrarre maggior valore dagli asset esistenti, tramite interventi di tipo 'capital light', che si basano su strumenti e soluzioni innovative e che si affiancano ai tradizionali interventi infrastrutturali, consentendo di perseguire rilevanti benefici per la rete. L’attività di Terna di pianificazione della futura rete elettrica può contare oggi su iter di approvazione semplificati per le grandi infrastrutture da parte di Arera e Mase. In particolare, l’Autorità, attraverso il meccanismo dell’approvazione per fasi, ha semplificato il processo fornendo strumenti per velocizzare il percorso di progettazione, autorizzazione e realizzazione.
Anche a valle delle recenti semplificazioni normative ''è stato possibile raggiungere una significativa riduzione dei tempip''. La realizzazione delle infrastrutture sarà supportata anche da strumenti che assicurano e garantiscono la sicurezza e la flessibilità del sistema. Su tutti, il Capacity market con cui Terna si approvvigiona di capacità tramite contratti aggiudicati attraverso aste competitive, e il Macse (Meccanismo per l’approvvigionamento di capacità di stoccaggio elettrico). La prima asta del Macse sarà svolta da Terna il prossimo 30 settembre.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Martedì prossimo, 18 marzo, alle ore 10, presso la Sala Koch del Senato, le commissioni riunite Bilancio, Attività produttive e Politiche Ue di Camera e Senato svolgeranno l'audizione di Mario Draghi in merito al Rapporto sul futuro della competitività europea. L'appuntamento verrà trasmesso in diretta webtv.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Ad un mese dalla finale del festival della canzone italiana 2025, nella classifica dei singoli brani è ancora Sanremomania, con ben 13 brani passati in gara al Teatro Ariston nelle prime 13 posizioni. E questo fa segnare all'edizione 2025 un nuovo record rispetto agli ultimi anni, per numero di brani di Sanremo nella top ten ad un mese dal festival: se infatti quest'anno sono 10 (cioè l'intera top ten è composta da brani in gara al festival un mese fa), l'anno scorso era stati 7 come nel 2023, nel 2022 e nel 2021 erano stati 8 e nel 2024.
Nella top ten dei singoli infatti, al primo posto c'è proprio il brano vincitore del festival: 'Balorda Nostalgia' di Olly. Al secondo 'La cura per me' di Giorgia, al terzo 'Incoscienti giovani' di Achille Lauro, al quarto 'Battito' di Fedez, al quinto 'Cuoricini' dei Coma_Cose, al sesto 'Volevo essere un duro' di Lucio Corsi, al settimo 'Fuorilegge' di Rose Villain, all'ottavo 'La mia parola' di Shablo feat Joshua e Tormento, al nono 'Tu con chi fai l'amore' dei The Kolors, al decimo 'La tana del granchio' di Bresh. Ma l'elenco sanremese prosegue ininterrotto fino alla tredicesima posizione, con 'Anema e core' di Serena Brancale all'undicesimo posto, 'Chiamo io chiami tu' di Gaia al dodicesimo e 'Il ritmo delle cose' di Rkomi al tredicesimo.
Tra gli album l'arrivo di Lady Gaga con 'Mayhem' si piazza in vetta e scalza dalla prima posizione 'Tutta vita', l'album di Olly, che scende al terzo posto, per fare spazio a 'Vasco Live Milano Sansiro', che entra al secondo posto. In quarta posizione 'Dio lo sa - Atto II' di Geolier, in quinta entra direttamente 'Vita_Fusa' dei Coma_Cose, in sesta 'Debi tirar mas fotos' di Bad Bunny, in settima 'Tropico del capricorno' di Guè, in ottava posizione 'Locura' di Lazza, in nona 'È finita la pace' di Marracash e in decima chiude la top ten 'Icon' di Tony Effe. Mentre la compilation di Sanremo 2025 scende dal nono al quindicesimo posto.
Tra i vinili, è primo il 'Vasco Live Milano Sansiro', al secondo posto 'Mayhem' di Lady Gaga e al terzo la compilation 'Sanremo 2025'.
Roma, 14 mar. (Labitalia) - "Questo appuntamento, unico nel suo genere, rappresenta un fondamentale momento di approfondimento per i settori della logistica e del trasporto, offrendo un'opportunità unica di incontro, aggiornamento e confronto sulle sfide e le opportunità che caratterizzano un comparto strategico per i cittadini, per le famiglie e le imprese, con un approccio fortemente connesso alla sostenibilità ambientale". Lo scrive il presidente del Senato, Ignazio La Russa, nel messaggio inviato all'evento di chiusura della quarta edizione di "Let Expo", organizzato da Alis a Verona.
"Se i numeri registrati lo scorso anno rappresentano la migliore e più efficace sintesi della rilevanza del vostro operato - penso ai 400 espositori e alle oltre 100mila presenze complessive -, sono certo che i tanti appuntamenti che caratterizzano il programma di quest'anno, con incontri strategici, conferenze di settore, seminari interattivi, workshop pratici e dimostrazioni innovative, sapranno rappresentare un ulteriore momento di crescita e di affermazione", prosegue La Russa, che conclude: "Nel ribadire il mio plauso per il vostro prezioso contributo in un ambito di particolare rilievo per gli interessi nazionali, anche in relazione alle attuali dinamiche geo-politiche globali, l'occasione mi è gradita per inviarvi i miei più cordiali saluti".
Roma, 14 mar. - (Adnkronos) - In occasione di Didacta 2025 a Firenze, l'evento di riferimento per la formazione e l'innovazione nel settore scolastico, Acer ha ribadito il proprio impegno nel supportare l'evoluzione della didattica attraverso soluzioni tecnologiche all'avanguardia. La partecipazione dell'azienda alla fiera ha offerto l'opportunità di presentare le ultime novità in termini di prodotti e servizi, con un focus particolare su prestazioni, sicurezza, intelligenza artificiale e design.
"La presenza di Acer a Didacta sottolinea l'importanza del settore education, un ambito in cui siamo orgogliosamente leader di mercato," ha dichiarato Angelo D'Ambrosio, General Manager di Acer South Europe. "Didacta rappresenta un'occasione fondamentale per incontrare docenti, studenti e rivenditori specializzati nel mondo scolastico. In questa sede, presenteremo le nostre più recenti innovazioni di prodotto, caratterizzate da prestazioni elevate, sicurezza, funzionalità di IA e design robusto. Queste caratteristiche sono indispensabili per una didattica innovativa ed efficace."