L’Italia per ora è promossa, ma resta un osservato speciale. Nel giorno in cui l’Istat ha attestato l’uscita del Paese dalla recessione, la Commissione europea ha reso pubbliche le periodiche “raccomandazioni specifiche” per i Paesi membri. Roma, come previsto, ne ha ricevute sei: dovrà garantire una riduzione del deficit dello 0,25% del Pil nel 2015 e dello 0,1% nel 2016, come già previsto nel Documento di economia e finanza, adottare il previsto piano nazionale strategico per i porti e la logistica, implementare le riforme in corso d’opera a partire dalla delega fiscale e da quelle della prescrizione e della scuola, modernizzare la pubblica amministrazione, accelerare la riduzione dei crediti a rischio (ma non facendo ricorso ad aiuti di Stato) e ridurre le altre debolezze del sistema bancario, in particolare il ruolo delle fondazioni nel capitale degli istituti. Sul fronte del mercato del lavoro l’esecutivo Ue chiede di adottare i decreti legislativi mancanti per l’attuazione del Jobs Act e tracciare una cornice efficace per la contrattazione di secondo livello. Infine, occorre portare avanti lo sforzo per la semplificazione degli adempimenti burocratici e varare misure per migliorare la concorrenza in tutti i settori. Non più tardi di fine anno, Roma dovrà per esempio eliminare i contratti in house per la gestione dei servizi pubblici locali.
Tra gli altri punti deboli messi in evidenza dal rapporto della Commissione ci sono il cuneo fiscale ancora troppo alto, le inefficienze che continuano a caratterizzare la pubblica amministrazione e gli scarsi risultati ottenuti dai piani di revisione della spesa pubblica: “I risparmi messi in campo, inclusi quelli a livello regionale e locale, sono inferiori a quanto prefigurato nel Programma nazionale delle riforme del 2014″, sottolinea il documento. “Il fatto che la spending review non sia ancora parte integrante del processo di formazione del bilancio pesa sull’efficienza complessiva dell’esercizio”. Stesso discorso per quanto riguarda le privatizzazioni: “L’implementazione dell’ambizioso programma presentato dalle autorità italiane ha incontrato ritardi nel 2014″, con il risultato che “i proventi sono ammontati allo 0,2% del pil, meno dell’obiettivo fissato allo 0,7% l’anno. Infine, “serie debolezze” continuano a caratterizzare la gestione dei fondi europei, in particolare nelle regioni del Sud”.
In Italia “misure importanti sono già in corso, ma restano debolezze ancora da affrontare”, ha commentato il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis, spiegando come a Roma abbia visto “la forte volontà politica delle autorità di portare avanti un’ambiziosa agenda di riforme” e le raccomandazioni di oggi “sostengano questa agenda” per la competitività. Per quanto riguarda la finanza pubblica, Dombrovskis ha spiegato che la Commissione “considera accettabile in base alle regole” la richiesta di Palazzo Chigi e del Tesoro di fare un aggiustamento di bilancio inferiore a quanto previsto dai trattati, ma “monitorerà l’attuazione puntuale delle riforme”.
Resta sotto la lente di Bruxelles, come è ovvio, il nodo delle pensioni: “Dopo la sentenza della Corte valuteremo le risposte imminenti che verranno dal governo italiano per decidere se sarà necessario o meno un nuovo rapporto” sul debito, ha detto il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici. “Abbiamo già avuto un primo contatto con il ministro Padoan che ci ha annunciato misure nei prossimi giorni”. In ogni caso per ora, ha spiegato Moscovici, una procedura per debito eccessivo “è sventata”, perché l’azione sulle riforme e sul consolidamento dei conti “è in carreggiata“. Sullo sfondo restano i dubbi sulle coperture necessarie per evitare che nel 2016 scattino le clausole di salvaguardia, sotto forma di un aumento di Iva e accise: la Commissione nota che “il governo deve ancora specificare i tagli di spesa addizionali che permetteranno di evitarlo”.