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Riforma scuola: la Geografia? Non pervenuta

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Si parla tanto in questi giorni dell’ennesima riforma scolastica. Si parla tanto della burocrazia, degli insegnati da immettere in ruolo. Tutto sacrosanto, soprattutto probabilmente le rivendicazioni del corpo docente.

Ma si trascura quello che a mio modo di vedere è da tempo un problema cruciale. L’ignoranza (= non sapere) sempre più dilagante tra gli alunni. E questo è colpa sicuramente dei governi che si sono succeduti in questi decenni, che hanno reso la scuola sempre più lassista ed hanno ridotto le materie di studio. Che importa a me da ambientalista? Importa, importa.
Importa soprattutto che i giovani d’oggi “grazie” alla scuola, non sappiano dove vivono, non sappiano nulla dell’ambiente e del territorio che li circondano. È vero, l’ambiente non è mai stato materia di studio, ma il territorio sì, accidenti, ed il suo nome era “geografia”. Ma la geografia è sempre stata la Cenerentola delle nostre materie scolastiche e con l’andare dei decenni nello scorso secolo il suo studio si è via via affievolito.

Attualmente, grazie all’ultima riforma (Gelmini), essa è assente in tutti gli Istituti Professionali e in quasi tutti quelli Tecnici, ridimensionata nel biennio dei Licei (nel triennio era e resta assente).
Cosa ne pensa il governo attuale? Nulla, non ne pensa nulla. Leggetevi le 136 pagine del Piano “La buona scuola”, su cui si basa l’attuale azione dell’esecutivo. Scoprirete che si parla di riportare la musica nella scuola primaria, la storia dell’arte ed il disegno vanno rafforzati in quella secondaria; così pure la ginnastica, “perché in Italia un bambino su tre fra i 5 ed i 15 anni è sovrappeso o obeso”; le lingue straniere e la digitalizzazione, (“il nostro è il secolo dell’alfafetizzazione digitale”). Geografia? Non pervenuta. In compenso, il rapporto si preoccupa del fatto che “l’analfabetismo finanziario dei nostri ragazzi tocca livelli preoccupanti”.

Risultato: un ragazzo al giorno d’oggi, “grazie” alla scuola, nulla sa di ambiente e territorio, che sarebbe chiedere troppo (dio ce ne scampi se i ragazzi dovessero mai formarsi una vera coscienza ecologica, i nostri politici certo non lo vogliono), ma neppure conoscono anche solo a livello nozionistico le terre emerse, fatto salvo quello che possono ricordare dai tempi della scuola dell’obbligo. E questo in un mondo sempre più globalizzato. Cosa sanno i nostri figli degli sbarchi di immigranti provenienti dal subsahara che vedono in televisione? Cos’è il Sahara e quali sono le nazioni che ci stanno sotto? E quando vanno ad acquistare ai mercatini quelle scarpe fabbricate in Corea, o a Taiwan… cosa sono questi nomi esotici? E quando si ritrovano come sempre più spesso accade in una classe multietnica, con un compagno di banco del Bangladesh, o del Maghreb, con quel colore strano della pelle e quella parlata italiana non corretta, cosa diavolo sono questi, marziani? D’accordo, le mie sono provocazioni, ma la realtà forse non è molto distante.

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