Il grafico riporta la composizione percentuale del “tempo antenna”, composto dal “tempo notizia” (il tempo dedicato dal giornalista all’illustrazione di un soggetto politico) più il “tempo di parola” (il tempo il cui il soggetto parla direttamente in voce), dei soggetti politici e istituzionali sui telegiornali di Rai, Mediaset e La7 nelle prime due settimane di maggio. I soggetti che hanno più incarichi sono rilevati solo una volta secondo il ruolo svolto durante il momento della rilevazione: Renzi, per esempio, può essere inserito nel Pd o nella voce Presidente del consiglio e non in entrambi. I dati sono stati tratti dal sito dell’Agcom.
Quando nacque la legge sulla par condicio (n. 28/2000), si era nel pieno della “guerra” sull’informazione televisiva, determinata dal noto conflitto d’interessi, cioè dal fatto che il leader del centrodestra, già proprietario del principale gruppo televisivo privato, potesse, come capo del Governo, condizionare le scelte della Rai. La legge fu quasi subìta dalla destra, la quale adesso, a parti rovesciate, è invece invocata per contestare i presunti eccessi della sinistra. Il fatto che siamo al 65esimo posto della classifica di Freedom House giustifica la presenza di questa legge (peraltro sempre disattesa e senza effettivi controlli), legge che, se fossimo un “paese normale”, non avrebbe ragione di esistere. Il fatto che la sinistra non abbia cercato di disciplinare il conflitto d’interessi, quando è stata al governo, ha suscitato il sospetto che il sistema Tv, incentrato per decenni sull’oligopolio Rai-Mediaset, le andasse bene poiché poteva permetterle di avere un certo predominio sulla Rai.
Rispetto agli anni passati, la Tv ha oggi un impatto minore sulle scelte dell’elettorato, anche se lo “zoccolo duro” dei telespettatori, gli anziani in particolare, rimane probabilmente tuttora sensibile. Va anche rilevato che, probabilmente, è maggiore il condizionamento dei programmi di approfondimento o degli stessi talk rispetto ai telegiornali: nei Tg scatta quasi automaticamente un giudizio critico che, invece evapora quando si ascoltano i talk, dati i loro contenuti lievi.
In linea generale, si ritiene che l’informazione televisiva tenda a rafforzare le vittorie e le sconfitte dei vari schieramenti politici, ma non a decidere il risultato elettorale. Vi sono stati anche casi, come il M5S o prima ancora la Lega, in cui l’assenza dalla Tv ha contribuito a determinare il successo elettorale.
Lasciamo al lettore le valutazioni sui dati esposti nella tabella. L’unica considerazione che si fa è che il “partito della nazione” sembra già esistere, dove più e dove meno, in televisione. Ricordo anche che, nella cosiddetta Seconda Repubblica, lo schieramento politico che ha avuto il potere in Rai, complice anche la logica dell’alternanza, ha perso sempre le elezioni politiche.