L’Invalsi ci sarà anche nella scuola riformata da Matteo Renzi. L’ente di ricerca del settore istruzione, sotto la vigilanza del Miur, sarà finanziato con otto milioni di euro l’anno a partire dal 2016 fino al 2019 compreso. Lo prevede un emendamento, a prima firma Simona Malpezzi (Pd), votato alla Camera nella serata di martedì 19 maggio nel rush finale per l’approvazione della riforma della scuola. Quei soldi, si legge nel testo di modifica, verranno spesi innanzitutto “per rilevare il grado di apprendimento degli studenti, per la partecipazione del nostro Paese alle indagini internazionali e l’autovalutazione degli istituti scolastici”. Studenti e insegnanti contrari ai test a crocetta che nelle scorse ore hanno boicottato le prove in segno di protesta, per il momento se ne dovranno fare una ragione.
“È uno spreco – attacca Annalisa Pannarale (Sel), componente della commissione Cultura -. I metodi Invalsi non hanno nulla a che vedere con la buona scuola, non tengono conto delle condizioni sociali da cui provengono i ragazzi, delle loro storie, dei loro talenti. Perché non destinare quelle risorse al fondo istruzione che invece viene tagliato?”. L’Italia è all’ultimo posto nella classifica Ocse per la spesa nella scuola in rapporto al Pil (pari al 4,6 per cento, cioè tre punti in meno della Danimarca, in cima alla lista). La deputata Pd Malpezzi difende però la decisione: “È un investimento necessario per ottimizzare le prestazioni delle nostre scuole, non per giudicarle o favorire alcune di loro. Valutare le competenze degli alunni nelle diverse aree geografiche permette di capire come incidere nelle Regioni e come utilizzare al meglio i fondi strutturali europei. Non possiamo essere la Cenerentola d’Europa”.
Le prove dell’Invalsi sono state somministrate per la prima volta nel 2007, solo a scopo statistico però. Nel 2009 sono state inserite nell’esame di terza media. E da tre anni, in base all’articolo 51 del decreto legge 5/2012, sono diventate “attività ordinaria di istituto”. Gli ultimi quiz sono stati boicottati dal 23 per cento degli alunni delle scuole secondarie. L’Unione degli studenti li ha definiti “costosi, dannosi, escludenti e antidemocratici”.
Il costo del mantenimento dell’Invalsi per lo Stato non è fissa, ma varia di anno in anno. “Per il 2015 – ci dicono dal ministero – l’importo del finanziamento ammonta a 4,5 milioni di euro ed è finalizzato a coprire unicamente le spese di personale e funzionamento”. Ma poi vanno aggiunti altri soldi per i famosi test, per la prova nazionale nell’ambito dell’esame di terza media e per la partecipazione dell’Italia alle indagini internazionali (come Ocse-Pisa e Talis). In questo caso è previsto un finanziamento in via straordinaria. Nella legge di Stabilità 2015 la cifra fissata una tantum è di dieci milioni di euro, “pur avendo quelle attività lo stesso carattere istituzionale” precisa il Miur. Se al Senato verrà lasciato tutto così com’è, grazie al ddl scuola, a disposizione dell’Invalsi ci saranno 24 milioni di euro fino al 2019.