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Unioni civili, dopo il referendum Irlandese a che punto siamo in Italia?

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Il governo si dice – a parole e a dichiarazioni – intenzionato a sfruttare la svolta irlandese sulle nozze gay, per fornire un giro di vite alla questione italiana delle unioni civili. Si dice che la commissione Giustizia al Senato ci lavorerà alacremente dopo le Regionali. Ci sono però migliaia di emendamenti da valutare e prima ancora la questione “adozioni”, ovvero se tramutarle in una questione “affidamento”, e poi la reversibilità della pensione.

Ma andiamo con ordine. Sembra che facciano paura le “parole” presenti in questo disegno di legge, più che la sostanza. Tra “affido” a “adozione” io vedo – nella pratica – poca differenza; ciò che conta è che – nel mio caso, per esempio – io possa essere considerata genitore a tutti gli effetti di mia figlia, avuta con la procreazione medicalmente assistita assieme alla mia compagna, più di tre anni fa. Io legalmente, per la piccola, non rappresento nulla in questo momento.

Politicamente, quindi, si preannunciano giorni di fuoco. Spaventa la parola “matrimonio”; ovvero, spaventa la possibilità che questa legge istituzionalizzi strumenti “troppo alternativi” al classico percorso di legame tra persone. Le “unioni civili”, per alcuni, dovrebbero essere cose molto più asettiche. Il dibattito è fortissimo anche tra i Dem del Pd dove, su alcuni punti, permangono divergenze. Sull’argomento, per fortuna, è arrivata la spinta della Presidente della Camera Laura Boldrini che dopo il risultato del referendum irlandese su Twitter ha dichiarato: “E’ tempo che anche l’Italia abbia una legge sulle unioni civili. Essere europei significa riconoscere i diritti”.

I più ottimisti dicono che si potrebbe arrivare a un “sì” di Palazzo Madama entro l’estate. “Pd e governo sono impegnati a fare presto e bene”, sottolinea la responsabile Welfare, terzo settore, immigrazione e diritti civili dei dem Micaela Campana. Ma anche all’interno del Pd si continuano ad incontrare forti ostacoli su alcuni punti, a cominciare dai riferimenti, presenti nel testo base della senatrice Cirinnà, al matrimonio o all’articolo 29 della Costituzione.

“Il Partito democratico non si tira indietro rispetto a questa battaglia di civiltà. La faremo subito dopo le elezioni. C’è la volontà di arrivare fino in fondo”, è quanto ha sottolineato il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi; la quale, però, sul voto in Irlanda non è che si sia sbilanciata più di tanto. Un “sì”, quello irlandese, sancito su un modello decisamente diverso da quello tedesco verso il quale anche il nostro Paese punta, che non ammette differenze o specificità tra matrimoni tra persone di sesso diverso; la Boschi lo ha commentato con un laconico: “Rispettiamo la scelta del popolo d’Irlanda”.

Maurizio Sacconi, del gruppo di Area popolare, con un occhio guarda ai temi etici e con un altro al portafoglio. La sua contrarietà riguarda certo l’istituto del matrimonio allargato ai gay, le adozioni ma anche – forse soprattutto – la reversibilità per la pensione all’interno di un rapporto omosessuale.

Insomma, nonostante la spinta irlandese la battaglia, dentro e fuori il Parlamento, non sarà facile. In fondo questa è l’Italia.

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