Una boccata d’aria, ma non molto di più. La Commissione Ue propone ai Paesi dell’Unione di assorbire in due anni 24mila richiedenti asilo arrivati in Italia dopo il 15 aprile 2015. Ma solo nel 2014 i flussi migratori provenienti dal Nord Africa hanno portato in Italia oltre 170 mila persone. E per il 2015 il Viminale ne prevede altri 200mila. Nessuna “quota” di immigrati stabilita per ogni Stato membro dell’Ue, 20 mila persone in arrivo dai campi profughi all’estero, di cui il 9,94% sarà accolto dall’Italia, controlli più rigidi al momento dell’identificazione e l’ampliamento della missione Triton nel Mediterraneo. Sono solo alcuni punti della proposta approvata all’unanimità dall’esecutivo Ue. “Non basta, è una goccia nel mare“, commenta a IlFattoQuotidiano.it Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre, organizzazione no profit fondata all’indomani del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, quando 368 persone morirono nel tentativo di raggiungere l’Europa.
Nessuna quota stabilita. Unhcr: “Redistribuzione secondo parametri precisi”
La prima novità del documento approvato a Bruxelles è la cancellazione delle cosiddette “quote” di ricollocamento di 40mila immigrati, nel biennio 2015-2016, arrivati sul territorio europeo, di cui 24mila presenti in Italia e 16mila in Grecia. Il 13 maggio, la proposta presentata in Commissione parlava di un 18,42% degli migranti destinati ad andare in Germania, un 14,17% in Francia e l’11,84% in Italia. “Noi non proponiamo di stabilire quote – ha detto oggi il commissario Ue all’Immigrazione Dimitris Avramopoulos, spiegando che lo schema propone una solidarietà minima, per Stato – quota è una parola che non ci piace e non abbiamo mai usato”. “Il principio non cambia – sostiene Carlotta Sami, portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) – il termine ‘quote’ rischiava di frenare alcuni dei Paesi più restii alla prospettiva di una redistribuzione, per questo si è evitato di parlarne. La verità, però, è che le redistribution key si baseranno su parametri precisi ai quali saranno sottoposti obbligatoriamente tutti i Paesi membri, tranne Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca che avevano facoltà di rifiutare di prendere parte a questa riallocazione”.
Italia esente da quote, ma non basta a fermare l’emergenza
“Il nostro Paese sarà esentato da nuove quote perché il massimo è già stato raggiunto”, aveva detto l’Alto rappresentante per la Politica Estera e la Sicurezza Comune, Federica Mogherini. In realtà, come spiega a IlFattoQuotidiano.it Ferruccio Pastore, direttore del Forum Internazionale ed Europeo di Ricerche sull’Immigrazione, “i provvedimenti decisi dalla Commissione sono importanti, ma si basano su numeri decisamente bassi rispetto al fenomeno migratorio. Se in futuro non si punterà ad aumentare l’intervento e il sostegno di tutti gli stati membri, questo provvedimento avrà un impatto quasi nullo”. È vero, infatti, che per l’Italia non sono previste nuove quote, ma i numeri su cui si è deciso di intervenire rappresentano il 7% dei profughi sbarcati sulle coste italiane nel 2014.
Il provvedimento, che vale solo per le persone arrivate dopo il 15 aprile mentre tutte le altre rimarranno a carico dell’Italia, prende in considerazione soltanto i richiedenti asilo con un livello di identificazione pari al 75%, ossia solo siriani ed eritrei. Se si analizzano i numeri del 2015, si vede che queste due nazionalità rappresentano solo il 31% dei 41mila migranti sbarcati sulle nostre coste da gennaio a maggio. Questo vuol dire che, se come previsto il numero di immigrati nel 2015 dovesse superare quello del 2014, quando in Italia sono arrivate 170mila persone, 117mila rimarrebbero comunque a carico dell’Italia. Dei restanti 52mila, 12mila sarebbero ricollocati nei vari Paesi dell’Unione, visto che si parla di 24mila persone per biennio, mentre gli altri 40mila rimarrebbero nel nostro Paese. Il risultato finale mostra il dislivello del provvedimento: su 170mila immigrati, 157mila rimarrebbero in Italia. A questo numero, poi, devono essere aggiunti anche i quasi duemila immigrati previsti dal piano di reinsediamento di 20mila profughi presenti nei campi al di fuori dell’Unione Europea. Di queste persone, segnalate dall’Unhcr, all’Italia spetterà una quota pari al 9,94%.
Brhane (Comitato 3 ottobre): “Una goccia nel mare”
“E’ un buon inizio, ma si tratta di una goccia nel mare – spiega a IlFattoQuotidiano.it Tareke Brhane, presidente del Comitato 3 ottobre – 12mila richiedenti asilo in un anno, peraltro solo eritrei e siriani, sono pochi, considerati i flussi migratori, che nel solo 2014 hanno portato in Italia 170 mila persone di diverse nazionalità”. Appare insufficiente anche la proposta che riguarda i rifugiati, che saranno identificati con l’aiuto dell’Unhcr fra coloro in “chiara necessità di protezione internazionale”: “Sono pochi anche i 20 mila profughi che l’Ue propone di reinsediare su base volontaria dai campi al di fuori dai confini europei. Basta pensare alla situazione di guerra che devasta la Siria“. A chi ne ha diritto va garantito un sicuro accesso ai Paesi in grado di fornire asilo politico: “Per questo abbiamo lanciato una petizione – continua Brhane – che in pochi giorni ha raccolto oltre 390mila firme, con cui chiediamo all’Ue l’avvio urgente di attività di ricerca e di soccorso in mare su ampia scala e l’apertura di vie legali per garantire un accesso sicuro all’Europa a chi fugge da conflitti e persecuzioni. Una ‘Mare Nostrum‘ organizzata dall’Unione Europea”.
“L’Italia prenda le impronte o stop a redistribuzione”
“Sulle impronte digitali monitoreremo Italia, Grecia e tutti gli altri Stati membri”, ha avvertito il commissario Ue all’Immigrazione, Dimitris Avramopoulos. La mancanza di rigidi controlli e, quindi, la bassa percentuale di identificazione delle persone che arrivano sulle coste italiane e greche è infatti l’aspetto che ha permesso a molti migranti di riuscire ad attraversare la Penisola e varcare il confine con la Germania, diretti verso il Nord Europa. Una “prassi” che i Paesi membri vogliono ora contrastare. “Questi sono gli aspetti che ci fanno capire che, comunque, abbiamo a che fare con la chiusura e, se vogliamo, l’egoismo dei singoli Stati. Chiusura che viene spesso tradotta con il termine di sovranità nazionale. Questa è la garanzia che Paesi come la Francia e la stessa Germania hanno chiesto come clausola imprescindibile per un accordo – continua Pastore – Fino a oggi, tutti gli immigrati che sono riusciti a raggiungere il nord Europa lo hanno fatto perché non sono stati identificai nel Paese d’arrivo. Questo non piaceva agli Stati più ‘appetibili’ e, così, hanno deciso di rafforzare i controlli sulla raccolta delle impronte digitali all’arrivo nel Paese. L’identificazione non permetterà agli immigrati di fuggire dal Paese”.