L’ammiraglio De Giorgi, da condottiero quale evidentemente egli si considera, ha iniziato da qualche settimana la sua campagna di primavera. Lo ha fatto pochi giorni dopo l’annuncio del primo megacontratto da 3,5 miliardi a Fincantieri e Finmeccanica, frutto concreto dello stanziamento da 5,4 miliardi che la Marina Militare ha portato a casa lo scorso anno. Megacontratto annunciato, per pura coincidenza naturalmente, il 7 maggio, giusto in tempo per poterlo sbandierare ai trepidanti cittadini liguri che ne sono i maggiori beneficiari. Assieme, sempre per pura coincidenza, alla generala Pinotti che crede di essere la ministra della Difesa e che sulla Liguria costruisce le sue fortune (e le nostre sfortune) politiche. E guarda caso, sempre per pura coincidenza e straordinario tempismo, a fine maggio sulle riviere liguri, dove l’indotto delle armi genera migliaia di posti di lavoro, si vota. Tutto meravigliosamente normale.
Artefice di questo miracolo politico-rivierasco è in buona misura il quadribottato De Giorgi, il quale, certo dell’imperitura riconoscenza della generala e della serena amicizia del Matteo nazionale (honi soit qui mal y pense, ma casualmente il figlio Gabriele è un intimo del Renzi e un leopoldino della prima ora), cerca adesso di andare ulteriormente all’incasso per portare a casa gli altri cinque o sei miliardi che gli consentiranno di dare corpo definitivo al suo sogno di una kaiserlich und königlich Kriegsmarine in salsa partenopea.
L’avvio ufficiale della campagna di primavera di De Giorgi è stato il 14 maggio ad Augusta. Ultimo ammainabandiera per due corvette, nave Minerva e nave Sibilla, che saranno adesso vendute al Bangladesh. Grande pompa, soprattutto mediatica, per questa uscita dal servizio delle due navi accompagnata dal consueto fervorino di De Giorgi. «La Marina dovrà radiare per vetustà 51 delle sue 60 navi per cui cerimonie di ammaina bandiera saranno frequenti» ha detto il Capo di Stato maggiore della Marina. Peccato abbia dimenticato di dire che le due navi erano da un bel po’ inattive. Erano state infatti poste in RTD (Ridotta Tabella di Disponibilità) già il 30 settembre 2012, oltre due anni e mezzo fa. Una nave in RDT è una nave in naftalina, non è più operativa e attende solo la radiazione. Tra l’altro la Sibilla aveva solo 21 anni quando è stata messa in RTD, era praticamente ancora una giovinotta e forse avrebbe potuto servire ancora qualche anno viste le disastrose condizioni economiche della Penisola.
“Saranno sostituite solo nel 2021” ha detto ancora il De Giorgi che è evidentemente un affabulatore naturale e melodrammatico perché sa benissimo che non è vero. Per lo meno non nel modo in cui ce lo vuol far credere. Ma l’importante è che ci creda la Pinotti e che i giornali ripetano all’infinito, senza batter ciglio, la storiella delle 51-navi-51. Aspettatevi dunque nelle prossime settimane un comunicato stampa per ogni bettolina che lascerà il servizio. Già sento i brividi lungo la schiena quando annunceranno il ritiro dal servizio dell’ultimo mototopo dell’Arsenale di Venezia.
Ora, in attesa della definitiva scomparsa della flotta italiana, e visto che la fine di Mare Nostrum ha tolto un po’ di visibilità alla Marina, al nostro ammiraglio è venuta un’altra bellissima idea: sparpagliare le navi in giro per l’Italia in modo che tutti possano goderne lo spettacolo e apprezzarne la maschia possanza. Insomma, un grandioso facite ammuina. Oggi la flotta è concentrata in tre porti: La Spezia, Taranto e Augusta. Una scelta che risponde anche e soprattutto a criteri di economicità e razionalità di gestione. Sentite però cosa scrive il Notiziario della Marina di maggio: “La Marina Militare ha avviato un piano di distribuzione delle proprie unità navali in vari sorgitori nazionali con l’intento di incrementare la presenza della Forza Armata sul territorio”. Notate l’eleganza di quel “sorgitori” che il dizionario Treccani definisce come ancoraggio in rada aperta. In un sorgitore del mar dei Caraibi io ci vedrei bene il brigantino Folgore del Corsaro Nero. È difficile immaginare Venezia, Ancona, Napoli, Cagliari, La Maddalena come dei sorgitori in mari procellosi. Ma volete mettere il romanticismo?
Eppure sono in questi autoproclamati sorgitori che De Giorgi vorrebbe spostare un po’ di navi dopo anni di assenza totale di unità militari permanenti da quei porti. Si parla di un pattugliatore a Cagliari, Nave Orione; di un cacciamine a Napoli, Nave Termoli; di una nave idrografica a Venezia o Ancona, Nave Aretusa; di una bergantina a vela a La Maddalena, Nave Palinuro. A Messina torneranno alcuni pattugliatori, che erano già stati spostati tre anni fa ad Augusta per ovvie ragioni di economia e di razionalizzazione visto che nel porto di Augusta sono concentrate tutte le unità di pattugliamento costiero. Di questo ipotetico ri-trasferimento se ne era parlato qualche mese fa, ma adesso la conferma arriva, oltre che dall’annuncio della Marina, anche da un articolo della Gazzetta del Sud che descrive nel dettaglio i preparativi in corso. Ad Augusta, invece, andrà sicuramente un sommergibile (adesso stanno tutti a Taranto), il Salvatore Pelosi. Insomma, un portentoso gioco delle tre carte.
Il vecchio marinaio, brontolone per antonomasia, si chiederà dove stia lo scandalo nello sparpagliare un po’ di navi qua e un altro po’ là. Beh, spostare navi costa, e costa caro. Con le navi bisogna trasferire gli equipaggi. Con gli equipaggi le famiglie. Bisogna creare o riattivare infrastrutture che sono inattive o non più esistenti. Alloggi che non ci sono. Parliamo di decine di milioni di euro, forse di più. Tanto che il Cocer Marina, l’organismo di rappresentanza dei marinai, il 2 aprile ha votato una delibera preoccupatissima con la quale si chiede dove la Marina troverà i soldi per compensare questi trasferimenti visto che, dice la delibera, i fondi della legge 86 (quella con cui si pagano le indennità di trasferimento) sono esauriti. E propone di predisporre un piano finanziario straordinario con il concorso dello Stato maggiore Difesa per rimpinguarne i fondi. Questa storia dei soldi deve essere seria davvero se viene citata in una delibera del Cocer, il cui presidente è il contrammiraglio Pietro Luciano Ricca contemporaneamente, in uno straordinario e sublime conflitto di interessi, anche capo del 1° Reparto dello Stato maggiore Marina. Il 1° reparto è l’equivalente dell’ufficio personale di un’azienda. Vedete un po’ voi. Va bene che un altro generale, Gerometta, è allo stesso tempo presidente del Cocer Esercito e direttore generale del personale militare. Ma un po’ di decenza a volte farebbe bene a tutti.
Dunque, se Ricca lascia votare una delibera dove si dice che la Marina non ha i soldi per fare questi spostamenti, vuol dire che qualcosa di vero c’è. Non è mica quel bastian contrario di Landini, perdincirincina. Ma forse è un sacrificio che dovremmo fare, magari tagliando un po’ di fondi alle scuole pubbliche o alla sanità o ai trasporti urbani visto che, scrive sempre il Notiziario della Marina, la flotta opera spesso in connessione col “mondo civile nell’articolato e complesso contesto dell’ambiente marittimo, a partire da tutte le attività svolte a supporto delle operazioni e interventi della Protezione Civile”. Ammettiamolo, la trialberi a vela Palinuro potrebbe essere determinante se ci fosse un’alluvione a Olbia. Non parliamo poi dell’eventualità che si presenti un all’orizzonte uno sciabecco saraceno carico di califfi.
Ma i soldi che saranno spesi (dagli italiani) sono quisquilie a confronto della pubblicità che De Giorgi si farà con tutte queste navi. E soprattutto, quanto più comodo per l’ammiraglio sapere che, ovunque vada in Italia troverà sempre prosecchino fresco e noccioline appena tostate (leggi qui), come fosse a casa. E senza dover andare nei bar che spesso, nei porti, non sono granché.