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Governo Renzi, i Popolari escono: si restringe la maggioranza per Renzi

Il gruppo guidato da Mario Mauro – che conta tre senatori – abbandona l’esecutivo, ma si spacca subito. Il sottosegretario D’Onghia: “Resto nell’esecutivo”. Di Maggio va con i fittiani. Mauro resta nei Gal. Ma i numeri al Senato, in vista dell'esame del ddl Riforme e della legge sulla scuola, si assottigliano
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I Popolari per l’Italia lasciano la maggioranza di governo. Niente paura, la forza di questa decisione non è tale da aprire una crisi nell’esecutivo guidato da Matteo Renzi. Sulla carta gli scissionisti ex Scelta Civica sono 3 al Senato e alla Camera. Ma uno dei senatori ha già annunciato che rinuncia all’esperienza nel mini-partito per tenersi il posto da sottosegretario. Ad ogni modo se a Montecitorio la maggioranza è molto ampia, come al solito i numeri che ballano sono proprio a Palazzo Madama. Qui il governo ha una decina di voti di margine. Da oggi, senza i Popolari per l’Italia, Renzi potrà così contare su 174 sì (su 161): i 36 del Nuovo Centrodestra, i 113 del Partito Democratico, i 19 del gruppo Autonomie (Svp, Patt, Union Valdotaine e Upt, oltre ad alcuni senatori a vita) e 5 del gruppo misto, Sandro Bondi, Benedetto Della Vedova, Salvatore Margiotta (ex Pd, uscito dal gruppo dopo una condanna), Mario Monti e Manuela Repetti

P.I. esce da maggioranza, Mauro: "Riforma Senato spero non passi. Governo? E' monocolore di Renzi"
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Chi fa parte del gruppo dei Popolari? Al Senato sono Mario Mauro (ex Forza Italia, ex montiano, guida del partitino), Tito Di Maggio (da sempre scatenato contro Renzi e infatti si è iscritto al nuovo gruppo dei fittiani) e Angela D’Onghia. Ma subito dopo l’annuncio di Mauro (“Riforme non condivise e esaltazione del monocolore dell’esecutivo”) il gruppo che già si trovava all’interno del frittatone Gal (Grandi Autonomie e Libertà) si è scisso in tre: tre senatori, tre direzioni. Mauro, infatti, resta nel Gal e passa all’opposizione. Sempre opposizione è, ma passa al gruppo nascente dei fittiani Di Maggio. La D’Onghia, invece, è sottosegretaria all’Istruzione e – in tempo zero – e ha deciso di abbandonare il partito mignon e restare in maggioranza “per il bene del Paese”. Lo stesso farà Domenico Rossi, ex generale ora sottosegretario alla Difesa. Rossi è uno dei deputati popolari. L’altro è Mario Caruso.

Tutto questo che sembra solo un gioco di sedie e nomi in realtà ha un peso politico sulla sorte del disegno di legge sulle riforme istituzionali e del ddl Buona Scuola che proprio al Senato devono arrivare nelle prossime settimane. Qui il problema non è tanto dovuto all’ampiezza variabile della maggioranza, quanto alla battaglia annunciata da settimane dalla minoranza Pd e in queste ore anche dal Nuovo Centrodestra che intende rompere la serenità della maggioranza per spingere i democratici a modificare l’Italicum, peraltro già approvato definitivamente.

Mentre i centristi ex montiani si disperdono nell’aria le dinamiche nel centrodestra fanno registrare movimenti diversi. Per esempio al Senato è nato ufficialmente il gruppo dei Conservatori-Riformisti, cioè quelli che finora sono stati chiamati “fittiani”. La capogruppo sarà Cinzia Bonfrisco e con lei ci sono Bruni, D’Ambrosio Lettieri, Di Maggio, Falanga, Liuzzi, Eva Longo, Milo, Pagnoncelli, Perrone, Tarquinio, Zizza. 

Nasce “Conservatori e riformisti” al Senato, Fitto: “Gruppo anche alla Camera? Vedremo”
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Ma dall’altra parte Renzi – secondo alcune fonti parlamentari – può tirare un sospiro di sollievo perché – a prescindere da tutte le smentite – Denis Verdini sembra pronto a mettere insieme un gruppo che potrebbe arrivare in soccorso del governo. I nuovi responsabili.

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