Il centrodestra vittorioso in Liguria tenta la spallata. Con un ricorso, o meglio una istanza, all’Ufficio Elettorale Centrale, chiede che venga riconosciuto un premio ulteriore di maggioranza che porterebbe da 15 a 18 (più il seggio del presidente Giovanni Toti) la forza politica che gli elettori liguri hanno premiato il 31 maggio scorso. Il risultato uscito dalle urne – un risicato 16 a 15 a favore del centrodestra – non assicura infatti alla giunta Toti una maggioranza politica e numerica ampia. Da qui il tentativo di allargare la platea dei consiglieri schierati a favore, attraverso appunto una istanza che sarà esaminata soltanto dopo la proclamazione degli eletti da parte dello stesso ufficio elettorale centrale, composto da tre magistrati della corte d’appello di Genova. La richiesta è appunto di avere tre consiglieri in più. O, in subordine, di toglierne uno alla opposizione.
Il quesito posto all’attenzione dei magistrati è squisitamente tecnico-giuridico e solleva una questione di diritto estremamente complessa. La illustra a ilfattoquotidiano.it il professor Lorenzo Cuocolo, docente di diritto regionale all’Università Bocconi di Milano. “Dal 1968 al 1995 una legge elettorale, uguale per tutte le regioni, disciplinava il voto. Nel 1995 il cosiddetto Tatarellum venne esteso alle consultazioni regionali. Introdusse il listino, ossia il premio di maggioranza che consente alla coalizione vincitrice di arrivare al 55% dei seggi, garantendo appunto la maggioranza. Prevede anche che se, nonostante il listino, non si arriva al 55%, i seggi vengono aumentati fino a che non raggiungono il 55% del totale. Nel caso della Liguria, essendo previsti 30 consiglieri, la coalizione di centrodestra ricade appunto in questa ultima ipotesi. Da qui la richiesta di Toti e dei suoi legali di salire da 15 a 18 consiglieri. O di toglierne uno alla minoranza di centrosinistra”. Sperano il consigliere di Area Popolare, Gino Garibaldi, e due dei non eletti di Forza Italia. Se prevalesse la ipotesi due (nonostante il listino non si arriva al 55%), allora l’opposizione perderebbe il seggio, attribuito per ora al segretario regionale (dimissionario) Giovanni Lunardon.
Tutto chiaro, allora? Neanche per sogno. La questione è complicata dal fatto che nel frattempo sono intervenute altre disposizioni di legge. Ancora Cuocolo: “Nel 1999 la riforma costituzionale indicò che ciascuna regione doveva dotarsi di una propria legge elettorale. La Liguria non l’ha mai votata e quindi qui vige tuttora il Tatarellum. Nel 2012 però il governo Monti, sull’onda degli scandali delle cosiddette spese pazze e spinto dalla necessità di tagliare i costi della politica, emanò un decreto legge che prevedeva che le Regioni con una popolazione tra un milione e due milioni di abitanti (la Liguria ne ha circa un milione e 600mila, ndr) non potessero superare i 30 consiglieri regionali. Nel 2013 infine venne emanato il Nuovo Statuto Regionale che stabiliva lo stesso limite: non più di 30 consiglieri”. Dunque è pacifico che l’istanza del centrodestra sarà respinta? “Non è così automatico. Ci sono due sentenze della Corte Costituzionale, entrambe redatte da Sabino Cassese, un’autorità assoluta in materia amministrativa. La prima dice che prevale su ogni legge regionale lo Statuto della regione stessa. La seconda che non è incostituzionale il decreto del governo Monti. Dal mio punto di vista non vedo motivi di accoglimento dell’istanza del centrodestra. Tutti conoscevano la legge e la situazione giuridica prima di andare a votare e nessuno ha aperto bocca”. In sostanza la Corte Costituzionale indica la prevalenza assoluta dello Statuto regionale su ogni altra disposizione di pari rango. E dunque trenta seggi e non di più. Secondo il costituzionalista Daniele Granara, che cura l’istanza del centrodestra, interpellato dal Secolo XIX, la gerarchia invece sarebbe capovolta. La legge nazionale comunque prevarrebbe sulle disposizioni regionali.
Giovanni Toti intanto è impegnato nella definizione dei ruoli in giunta. Salvo scorpori gli assessorati previsti sono soltanto 7. La Lega, che ha fatto incetta di voti (20% contro il 12,6% di Forza Italia) ne reclama due, oltre la vicepresidenza della giunta che toccherà alla segretaria ligure del Carroccio, Sonia Viale. Edoardo Rixi, consigliere uscente e vice di Matteo Salvini, affetta indifferenza: “Non mi interessa fare l’assessore”. Per lui ci potrebbe essere la delega all’urbanistica e alle infrastrutture. Anche agricoltura, caccia e pesca toccherebbero alla Lega, in lizza Francesco Bruzzone, leader dei cacciatori, consigliere di lungo corso che però aspira alla presidenza del consiglio regionale. Terreno delicatissimo la Sanità e il welfare. Toti ha promesso interventi drastici ed ha aperto una linea di consultazione con il collega lombardo Roberto Maroni. Si fa il nome di un tecnico, Walter Bergamaschi, direttore generale del Dipartimento Sanità di Regione Lombardia. In corsa anche il genovese Alberto Zangrillo, medico personale di Silvio Berlusconi, il manager genovese Paolo Rolleri e il veneziano Domenico Mantoan assessore nella giunta Zaia. Matteo Rosso, medico eletto in Fratelli d’Italia con oltre 3mila preferenze, sarebbe destinato a presiedere la commissione sanitaria. Un rebus il bilancio.
Cercano poltrone anche Stefanio Balleari e Gianni Plinio, del partito di Giorgia Meloni. E spunta un nome che non mancherà di suscitare polemiche, quello di Guido Bertolaso, l’ex capo della Protezione Civile coinvolto nelle vicende giudiziarie legate al mancato G8 alla Maddalena. Gli toccherebbe l’assessorato alla Protezione Civile e al territorio. Nessuna donna in giunta? Ci sarebbe la giornalista di Mediaset Ilaria Cavo (eletta nel listino) che però si schermisce, con modestia: “Sono a disposizione del presidente. Dove mi chiede di lavorare io lavoro”. Resta da capire se Toti farà valere fino in fondo lo spoils system anche nei ruoli chiave dell’amministrazione regionale. Biasotti nel 2000 fece piazza pulita dei direttori generali delle Asl. Un ganglio vitale nel sistema di potere locale. I molti fedelissimi di Claudio Burlando tremano e sentono avvicinarsi l’ora di fare le valigie.