Il giorno della prima ispezione a bordo della Norman Atlantic per l’inizio della fase operativa dell’incidente probatorio potrebbe essere l’ultimo in cui si è potuto leggere Anek Lines sulla fiancata del traghetto andato a fuoco il 28 dicembre scorso, durante il viaggio tra Igoumenitsa e Ancona. La compagnia di navigazione, che aveva affittato la motonave sulla quale si è sviluppato un rogo che ha provocato 11 morti e 18 dispersi, ha chiesto di rimuovere il proprio logo perché ritiene sia imbarazzante e dannoso a livello commerciale. “Certamente si potrebbe anche cancellare il ricordo della tragedia e dei morti, ma questo non succederà. Noi avvocati delle parti lese siamo qui per questo – è il commento dei legali Guarini, Bulgheroni e Gabrielli che difendono decine di naufraghi – Il processo porterà luce sull’industria dei traghetti, carrette del mare e le responsabilità sui malfunzionamenti, che vanno ricercate anche nel sistema dei controlli troppo facili sulle navi da parte degli enti preposti”.
Alla ricerca di supporti informatici
Si vedrà quindi se durante la prossima ispezione da parte dei periti nominati dal gip del tribunale di Bari Alessandra Piliego la scritta comparirà ancora sul traghetto ormeggiato nel porto pugliese. Intanto nella giornata di venerdì, tecnici, legali e periti di parte sono entrati nella pancia della nave alla presenza anche del pm Federico Perrone Capano, titolare delle indagini con il collega Ettore Cardinali. E’ stato un primo viaggio perlustrativo, durante il quale si è puntato alla plancia di comando per provare a recuperare le memorie informatiche ancora a bordo. A causa del danneggiamento della scatola nera, infatti, le piste audio delle comunicazioni tra traghetto e terra risultano al momento quasi completamente inascoltabili. E quello dei dialoghi nelle ore di massimo allarme è uno degli aspetti più importanti al fine di chiarire le responsabilità del disastro, per il quale al momento sono indagate 12 persone per cooperazione colposa in naufragio, lesioni e omicidio plurimo. Si tratta del comandante Argilio Giacomazzi, di 7 membri dell’equipaggio, dell’armatore Carlo Visentini, dei due legali rappresentanti e di un dipendente dell’Anek.
I dubbi su antincendio e generatore d’emergenza
Ma i periti esperti nella sezione antincendio hanno iniziato anche ad approfondire nei dettagli il funzionamento dell’impianto, sollevando alcuni dubbi. È questo uno dei principali interrogativi che l’incidente probatorio dovrà tentare di risolvere entro sei mesi: da dove si è sviluppato il rogo e se tutto quella notte ha funzionato alla perfezione durante i tentativi di spegnere le fiamme e di abbandono nave. Dubbi permangono anche sul generatore di emergenza, che avrebbe dovuto evitare un black out totale a bordo. Secondo quanto ricostruito finora, infatti, avrebbe funzionato appena per una ventina di minuti perché – probabilmente – non erano state aperte alcune valvole del gasolio che lo alimenta. A supportare questa prima ricostruzione ci sarebbe la presenza di carburante nei serbatoi dedicati.
Donazioni a famiglie vittime, ma Atene le tassa
E mentre le indagini proseguono, continua il dramma di chi è rimasto vittima indiretta dell’incendio. In Grecia, nelle scorse settimane, è scoppiato un caso attorno al sostegno economico ricevuto dai familiari dei camionisti che viaggiavano a bordo della Norman. La Ofae, la federazione dei camionisti greci, ha donato 1000 euro a mogli e figli dei colleghi morti o dispersi a causa del rogo. Famiglie in molti casi monoreddito, quindi in emergenza dopo la tragedia del 28 dicembre. Quando però chi ha ricevuto la donazione ha provato a incassare la somma, ha scoperto che il ministero delle Finanze greco aveva imposto una tassazione del 40 per cento dell’assegno. “Un errore – ha ammesso un esponente del governo guidato da Alexis Tsipras dopo la protesta dell’Ofae e delle famiglie – al quale porremo rimedio”. Ma al momento le famiglie aspettano.