Sì a un “compromesso difficile”, anche se per arrivare a un accordo con i creditori in vista del rinnovo degli aiuti al Paese sarà necessario fare nuove concessioni. Ma c’è una linea rossa che Alexis Tsipras non intende superare: “Se ciò che chiede l’Europa è la divisione e che si mantenga la sottomissione, prenderemo la grande decisione di dire no”. Il premier greco lo ha detto ai suoi collaboratori nelle ore più calde del negoziato con la ex troika, dopo che Bruxelles ha fatto filtrare che la drammatica prospettiva della Grexit è ufficialmente sul tavolo e mentre si preparava a inviare a Bruxelles una delegazione con una nuova serie di proposte per i creditori. Proposte che rappresentano l’ultima spiaggia: il presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, ha fatto sapere che le trattative di questo weekend sono “l’ultimo tentativo”.
“Se si arriva a un accordo sostenibile, anche se il compromesso è difficile accetteremo la sfida, perché il nostro obiettivo è uscire dalla crisi e dal memorandum di sottomissione”, ha spiegato Tsipras. Che quando dice “sostenibile”, secondo l’agenzia Reuters, intende un accordo che preveda la cancellazione di una parte della montagna di debito del Paese, pari a oltre 320 miliardi di euro. Ma il mandato ricevuto a gennaio dagli elettori, è il suo punto fermo, non può essere messo da parte come chiedono i tecnici di Commissione Ue, Banca centrale europea e Fondo monetario internazionale (i cui negoziatori due giorni fa hanno abbandonato le trattative giudicando insufficienti i progressi). Di conseguenza, richieste come quelle che prevedono la fine della contrattazione collettiva saranno ritenute irricevibili. Piuttosto che accettare, Tsipras è pronto al gran rifiuto: “Lotteremo per la dignità del nostro popolo e per la sovranità nazionale“, è la promessa del leader di Syriza. Il governo, ha proseguito, “ha l’appoggio della popolazione e una maggioranza confortante in Parlamento. Il popolo ci ha dato la sua fiducia affinché prendessimo decisioni critiche e gestissimo questa situazione difficile”. Di conseguenza tramonta l’idea, ventilata nelle scorse settimane, di sottoporre a referendum le condizioni di una eventuale intesa: deciderà il governo, assumendosi la responsabilità di ogni decisione, “per difficile che sia”.
La presa di posizione va ovviamente letta nel quadro di una partita di poker la cui posta sale di giorno in giorno. Senza un’intesa entro fine giugno, Atene non sarà in grado di rimborsare gli 1,6 miliardi dovuti all’Fmi. E a quel punto, dopo un “periodo di grazia” di 30 giorni, per il Paese si apriranno le porte di un default destinato a costare rispettivamente a Germania, Francia e Italia rispettivamente fino a 60, 46 e 40 miliardi di euro. L’uscita dall’Eurozona non sarebbe automatica ma molto probabile. A meno che l’attuale governo non cada, aprendo la strada ad un nuovo esecutivo più morbido e gradito ai mercati. E la Grexit, come ricordato sabato da Juncker, avrebbe “conseguenze devastanti”. Il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis in un’intervista al sito greco Real News ha stimato il costo complessivo per l’Europa in “almeno di 1.000 miliardi di euro”.
E’ questa la prospettiva che Tsipras ha di fronte in vista dell’Eurogruppo in programma giovedì a Lussemburgo, che viene considerato cruciale perché se quella data fosse superata senza un accordo non ci sarebbero più i tempi tecnici per mettere a punto i dettagli prima della deadline di fine mese. L’esecutivo non ha ancora svelato i contenuti delle nuove proposte ai creditori su pensioni, Iva e avanzo primario, ma Varoufakis ha bollato come “ridicola” la richiesta del Fondo monetario di riformare il sistema pensionistico, sostenendo che “è il tipo di proposta che uno mette sul tavolo quando non vuole giungere a un accordo”, una posizione “di rottura” che “semplicemente si dovrebbe lasciar perdere”. A dispetto dell’ottimismo di venerdì sulla possibilità di un accordo “mai così vicina”, dunque, le posizioni appaiono ancora troppo distanti.