La sconfitta brucia, la ferita è ancora fresca. Se le débâlcle in Veneto e Liguria le aveva ingoiate a fatica ma con il sorriso sulle labbra, i ko multipli incassati alle Comunali non scendono con la stessa facilità. Quarantotto ore dopo, Matteo Renzi rispolvera i panni del rottamatore: “Queste elezioni dicono con chiarezza che con il Renzi 2 non si vince. Devo tornare a fare il Renzi 1. Infischiarmene dei D’Attorre e dei Fassina e riprendere in mano il partito“, è la promessa fatta dal premier in un colloquio in apertura di prima pagina della Stampa. E il primo obiettivo dell’ex sindaco furioso è chiaro: “Una cosa è certa: le primarie sono in crisi. Dipendesse da me, la loro stagione sarebbe finita”. Lo strumento di selezione della classe dirigente del Pd, a suo dire, non ha funzionato: “Casson, Paita, De Luca, Emiliano, Moretti. Io su quelle scelte non ho messo bocca”. Quella che brucia di più, tra le sconfitte del secondo turno, è quella incassata a Venezia. E qui il segretario del Pd è forse ancor più tranchant: “Era scritto che Casson perdesse. A Venezia mi è venuto incontro un signore: ‘Salve, sono l’unico renziano della città…’. Era Brugnaro, il candidato del centrodestra che ci ha battuto”.
Le primarie nel mirino, quindi. Sono lontani i tempi in cui, da aspirante segretario del Pd, le giudicava “un fatto molto, molto positivo“, si diceva “convinto che era giusto fare una battaglia nazionale, e la rifarei oggi, perché era un segnale che andava dato” (Ansa, 17 dicembre 2012) e predicava che fossero “spalancate, non aperte” perché equivalgono a “chiedere alle persone di dare una mano per cambiare il Paese” (Ansa, 20 settembre 2013). Un trasporto che lo portava a consigliarle anche all’avversario politico: “Il giorno in cui anche il Pdl le farà gli italiani saranno tutti più felici” (Ansa, 8 ottobre 2013). E che gli piacevano ancor di più quando sentiva di poterle vincere: “Possono gonfiare quello che vogliono ma non si elegge cosi’ il segretario, se anche tra gli iscritti vincesse Paolo Bianchi, poi dipende dalle primarie. Il segretario del Pd non lo eleggono i tesserati più o meno gonfiati ma i cittadini che l’8 dicembre vanno a votare” (Ansa, 29 ottobre 2013). Perché, scandiva il futuro premier il 4 dicembre, a 4 giorni dall’appuntamento con le urne che lo avrebbero incoronato segretario, “le primarie non sono una gara fra chi e’ piu’ simpatico e carino, ma servono per dettare l’agenda all’Italia nei prossimi mesi” (Ansa, 4 dicembre 2013).
Va rivisto, secondo Renzi, anche il collocamento politico del Pd: “Questo è un paese moderato, vince chi occupa il centro. Con personalità perché, se invece degli originali corrono le copie, allora non funziona”. E cita un altro caso significativo: quello ligure. “La Paita non ha perso perché il candidato di Civati le ha tolto dei voti che probabilmente non sarebbero andati comunque a lei. Ha perso perché nell’ultima settimana il 5% degli elettori di centro si è spostato verso Toti”. Il presidente del Consiglio difende l’operato del governo e torna a tracciare un paragone con il predecessore: “Basterebbe dare uno sguardo alle pratiche che abbiamo ereditato per capire che non è affatto vero che Letta (Enrico, ndr) era più competente di me, come ha scritto qualcuno”.
Il premier rassicura anche sul prosieguo delle riforme: “Da oggi le riforme sono più vicine, non più lontane. Adesso dovrò aumentare i giri, non diminuirli”. Quanto al partito, Renzi afferma: “Devo tornare a fare il Renzi pure lì. E farlo davvero. Infischiandomene delle reazioni per aprire una discussione dentro il mio partito”. E dopo aver elencato le nomine fatte nelle grandi aziende partecipate, afferma: “La vera accusa che mi si dovrebbe rivolgere non è di avere messo i miei al governo, ma di non averli messi nel partito”. Nel partito, prosegue, “non ho messo bocca perché pensavo che astenermi fosse un presupposto per stare tutti insieme”. Ma ora, assicura le cose cambieranno: “Ah, ma adesso basta, si cambia. Anche perché tra un anno si vota nelle grandi città. Torino, Milano, Bologna, Napoli, forse Roma“. Roma? gli chiede l’intervistatore. “Se torna Renzi 1, fossi in Marino non starei tranquillo”.
“Per le amministrative mi sarebbe piaciuto il Renzi 1. Anche a Gela…”, ha commentato il governatore siciliano Rosario Crocetta, analizzando i dati delle amministrative: “Anche in Sicilia dove Renzi non ha colto che la battaglia per la rottamazione la sto facendo io”.
Le parole del premier hanno scatenato un diluvio di commenti ironici su Twitter. Molti giocano sulla “dissociazione” tra il “Renzi 1” e il “Renzi 2”.
Renzi 1 e Renzi 2 Anamnesi e diagnosi, dal 40.8% al disturbo dissociativo: http://t.co/q38HcYlR83 pic.twitter.com/s6Xl0iLYo6
— Francesco Manna (@FrancescoLamana) 16 Giugno 2015
Renzi 1 e Renzi 2: dai gemelli alla dissociazione il passo è brevissimo http://t.co/v44rczCKwo — Mario Seminerio (@Phastidio) 16 Giugno 2015
In questi mesi sono stato sostituito da un sosia comunista. Oggi torna il Renzi 1.
— Renzo Mattei (@RenzoMattei) 16 Giugno 2015
Il Piano B è il Renzi 1. Praticamente, un’equazione.
— Renzo Cucinotta (@Trenchap) 16 Giugno 2015
Renzi: “Queste elezioni dicono che col Renzi 2 non si vince, devo tornare il Renzi 1. E basta primarie nel PD”. E basta pure PD a sto punto.
— Mario D’Aloisio (@Mario_DAloisio) 16 Giugno 2015
#pagavo 80 euro e vincevo. (Renzi 1 amarcord)
— Francesco Manna (@FrancescoLamana) 16 Giugno 2015