Diversi commenti all’ultimo mio post su A2A e il carbone nella centrale compartecipata in Montenegro criticano la mia “pretesa” di avanzare riserve di carattere ambientale su operazioni vantaggiose economicamente anche se “sporche”. Vorrei innanzitutto ricordare che ex municipalizzate – ora SpA – come A2A hanno come azionisti di maggioranza i comuni che le hanno fatte nascere per gli esclusivi interessi dei loro abitanti. Di conseguenza, nei loro casi, la redditività economica non può prescindere dalla salute, dai danni climatici, dai rischi finanziari – non solo attuali – cui possono essere esposti i cittadini (in questo caso di Brescia e Milano).

In questo quadro risulta allora istruttivo valutare il resoconto dell’assemblea annuale di A2A del 10 giugno scorso in cui si è preso in esame il coinvolgimento montenegrino dell’azienda, su richiesta esplicita di un azionista critico nei confronti dell’importazione di elettricità da carbone. Seguendo le piste della domanda avanzata a nome di un comitato locale e delle risposte del Presidente, scopriamo che:

a) Andrebbe superata la diffidenza verso una attività “colonizzatrice” da parte dell’azienda milanese-bresciana. Dal che si deduce che per il management è superato l’ambito territoriale vissuto come linea guida dell’attività e che il mercato è il campo aperto in cui si giudica la strategia aziendale. Che, nel caso, può essere quella di incorporare gradualmente le aziende a partecipazione comunale di tutta la Lombardia e rischiare avventure extraterritoriali discutibili sotto molti profili, purché immediatamente redditizie (nel caso del Montenegro l’affidabilità di quel governo non è certo indubbia).

b) Il negoziato con il governo del Montenegro per continuare l’avventura del carbone verrà sottoposto a verifiche di redditività e efficienza aziendale, senza cenno alcuno alle implicazioni ambientali locali e globali della combustione di quantità elevate di lignite. E inoltre, nel caso di rottura del tavolo, è previsto un “arbitrato internazionale a Washington” per salvaguardare e dare valore attuale all’investimento realizzato nel 2009. Ci sono aspetti da non minimizzare: per esaminare la convenienza effettiva dell’operazione, occorrerebbe spiegare come si importerebbe l’energia prodotta a basso costo, se non con un elettrodotto (quello “interadriatico” approvato contro i territori abruzzesi di approdo e finanziato pubblicamente?); inoltre, se si ricorre ad un arbitrato, dove comparirebbero gli interessi dei cittadini milanesi, bresciani e montenegrini? Non è forse una delle maggiori obiezioni al negoziato tra Europa e Stati Uniti (Ttip) quella della possibilità di sottoporre a decisione esterna di natura privata i conflitti tra governi o enti pubblici e imprese? Perché proprio A2A – società ancora a maggioranza pubblica – dovrebbe spingersi in questa direzione?

c) La paradossale inversione dei fini dell’operazione Montenegro, rende ancora più oscure le ragioni del perché siano i cittadini a doverla finanziare: importare energia gravida di CO2, non fa bene all’ambiente, allontana il rispetto dei nostri impegni sul clima e contrasta con ogni dichiarazione pubblica dei nostri governanti come quella al G7 in Germania, dove ci siamo impegnati a fare di tutto per mantenere l’aumento di temperatura globale sotto i 2°C. Se da questi impegni scaturisse – che so – una Carbon Tax, dove finirebbe la valutazione di mercato espressa nell’immediato e che da molti è ritenuta determinante ed esaustiva?

Con le tendenze sempre più accentuate al decentramento della produzione energetica e all’ottimizzazione su base territoriale dei cicli di acqua, energia, cibo e consumo di suolo, si sente il bisogno di interventi pubblici e partecipati, sottratti alla sola dimensione del mercato. La privatizzazione in corso delle municipalizzate dell’energia, l’estremizzazione dell’autonomia manageriale, lo scarso controllo su di essa dei comuni e dei cittadini, facilitano anziché contrastare l’ancoraggio al modello dei fossili. A2A dovrebbe rivolgere il suo futuro industriale e la sua strategia innovativa alla componente idroelettrica e rinnovabile assai più che a quella fossile-gas-inceneritori-teleriscaldamento. Alle giunte comunali nessun suggerimento per il dopo Expo dallo slogan “energia per la vita”?

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