Uno degli obiettivi del Jobs act è ridurre il ricorso al giudice. Eppure, dal convegno Agi, Avvocati giuslavoristi italiani, gli addetti del settore dei Paesi esteri assicurano: anche con i licenziamenti più facili, ai giuslavoristi non mancherà il lavoro. La ragione è semplice: dalla Spagna agli Stati Uniti, a rimanere in piede sono le cause di discriminazione, proprio come per il contratto a tutele crescenti in Italia. “Nella maggior parte degli Stati europei, al licenziamento illegittimo corrisponde, in quasi tutti i casi, solo un indennizzo economico, senza la reintegra”, spiega Guy Castegnaro, presidente di Eela, Associazione europea degli avvocati del lavoro. Il giuslavorista aggiunge che, nel nostro continente, il licenziamento è la causa più frequente di contenzioso in ambito del lavoro: “C’è una tendenza ad avere sempre più cause legate alla discriminazione. E’ qualcosa di molto diffuso in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. E avremo sempre più contenziosi per discriminazione negli altri Paesi europei”.
La conferma del discorso di Castegnaro arriva dalla Spagna, dove nel 2002 è stata varata riforma assimilabile, in alcuni aspetti, al nostrano Jobs act. “La legge ha limitato la reintegra, in caso di licenziamento illegittimo, ai soli casi di discriminazione – riporta Raquel Flórez, avvocato del lavoro – da quel momento, le cause per discriminazione e per mobbing sono decisamente aumentate”. Insomma, una migrazione di contenziosi verso l’unica possibilità di reintegro rimasta in vita. “Questo non significa che in Spagna siano aumentati fenomeni di stampo razzista o sessista – precisa la giuslavorista – ma semplicemente che lo strumento della discriminazione è stato usato per avere un maggior potere di negoziazione“.
Dall’altra parte dell’Atlantico, cambia il contesto, ma rimangono i ricorsi per discriminazione a farla da padrone. “Negli Stati Uniti, il sistema di tutele sul lavoro è debole, si può licenziare senza necessità di motivazione o preavviso – riporta Samantha Grant, avvocato giuslavorista – ma la protezione in caso di discriminazione è molto forte”. Per il lavoratore è molto facile e senza costi intentare una causa contro l’azienda. C’è un termine di 180 giorni dal licenziamento per dare inizio al contenzioso, che in alcuni Stati può arrivare anche a 300 giorni. Il dipendente può rivolgersi alla Equal Employment Opportunity Commission, la commissione per le pari opportunità sul lavoro, un organo non giurisdizionale ma amministrativo. L’agenzia propone un accordo economico al datore di lavoro e, in caso di rifiuto, può intentargli causa e ottenere risarcimenti che, in Stati come la California, non hanno limiti e possono arrivare a milioni di dollari. Tuttavia, spiega la giuslavorista, è molto raro che si arrivi alla reintegra, mentre è più facile che si trovi un accordo economico, più conveniente per l’azienda.
Tornando in Europa, una situazione simile si ritrova nel Regno Unito. “In Europa, il mercato del lavoro inglese è tra i più flessibili, con le minori tutele – spiega l’avvocato giuslavorista Toni Lorenzo – i casi di impugnazione dei licenziamenti sono quasi tutti per discriminazione: nel 2013, costituivano il 20% delle cause arrivate davanti al giudice del lavoro”. In Danimarca, come negli Usa, il lavoratore può rivolgersi gratuitamente a una commissione per le pari opportunità. “Noi abbiamo un sistema di flexicurity segnato da una decisa flessibilità in entrata e in uscita – riporta Marianne Grahoj, avvocato del lavoro – ma nel nostro Paese, c’è anche un sistema di ammortizzatori pubblici che funziona molto bene”.
Lavoro & Precari
Jobs act, all’estero dove manca reintegra “ci sono tante cause per discriminazione”
Guy Castegnaro, presidente dell'Associazione europea degli avvocati del lavoro: "In Europa il licenziamento è la causa più frequente di contenzioso in ambito lavorativo". Negli Usa il dipendente può rivolgersi alla Equal Employment Opportunity Commission, che propone un accordo economico all'azienda e, in caso di rifiuto, può intentarle causa e ottenere risarcimenti in alcuni casi milionari
Uno degli obiettivi del Jobs act è ridurre il ricorso al giudice. Eppure, dal convegno Agi, Avvocati giuslavoristi italiani, gli addetti del settore dei Paesi esteri assicurano: anche con i licenziamenti più facili, ai giuslavoristi non mancherà il lavoro. La ragione è semplice: dalla Spagna agli Stati Uniti, a rimanere in piede sono le cause di discriminazione, proprio come per il contratto a tutele crescenti in Italia. “Nella maggior parte degli Stati europei, al licenziamento illegittimo corrisponde, in quasi tutti i casi, solo un indennizzo economico, senza la reintegra”, spiega Guy Castegnaro, presidente di Eela, Associazione europea degli avvocati del lavoro. Il giuslavorista aggiunge che, nel nostro continente, il licenziamento è la causa più frequente di contenzioso in ambito del lavoro: “C’è una tendenza ad avere sempre più cause legate alla discriminazione. E’ qualcosa di molto diffuso in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. E avremo sempre più contenziosi per discriminazione negli altri Paesi europei”.
La conferma del discorso di Castegnaro arriva dalla Spagna, dove nel 2002 è stata varata riforma assimilabile, in alcuni aspetti, al nostrano Jobs act. “La legge ha limitato la reintegra, in caso di licenziamento illegittimo, ai soli casi di discriminazione – riporta Raquel Flórez, avvocato del lavoro – da quel momento, le cause per discriminazione e per mobbing sono decisamente aumentate”. Insomma, una migrazione di contenziosi verso l’unica possibilità di reintegro rimasta in vita. “Questo non significa che in Spagna siano aumentati fenomeni di stampo razzista o sessista – precisa la giuslavorista – ma semplicemente che lo strumento della discriminazione è stato usato per avere un maggior potere di negoziazione“.
Dall’altra parte dell’Atlantico, cambia il contesto, ma rimangono i ricorsi per discriminazione a farla da padrone. “Negli Stati Uniti, il sistema di tutele sul lavoro è debole, si può licenziare senza necessità di motivazione o preavviso – riporta Samantha Grant, avvocato giuslavorista – ma la protezione in caso di discriminazione è molto forte”. Per il lavoratore è molto facile e senza costi intentare una causa contro l’azienda. C’è un termine di 180 giorni dal licenziamento per dare inizio al contenzioso, che in alcuni Stati può arrivare anche a 300 giorni. Il dipendente può rivolgersi alla Equal Employment Opportunity Commission, la commissione per le pari opportunità sul lavoro, un organo non giurisdizionale ma amministrativo. L’agenzia propone un accordo economico al datore di lavoro e, in caso di rifiuto, può intentargli causa e ottenere risarcimenti che, in Stati come la California, non hanno limiti e possono arrivare a milioni di dollari. Tuttavia, spiega la giuslavorista, è molto raro che si arrivi alla reintegra, mentre è più facile che si trovi un accordo economico, più conveniente per l’azienda.
Tornando in Europa, una situazione simile si ritrova nel Regno Unito. “In Europa, il mercato del lavoro inglese è tra i più flessibili, con le minori tutele – spiega l’avvocato giuslavorista Toni Lorenzo – i casi di impugnazione dei licenziamenti sono quasi tutti per discriminazione: nel 2013, costituivano il 20% delle cause arrivate davanti al giudice del lavoro”. In Danimarca, come negli Usa, il lavoratore può rivolgersi gratuitamente a una commissione per le pari opportunità. “Noi abbiamo un sistema di flexicurity segnato da una decisa flessibilità in entrata e in uscita – riporta Marianne Grahoj, avvocato del lavoro – ma nel nostro Paese, c’è anche un sistema di ammortizzatori pubblici che funziona molto bene”.
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Jobs Act, “controllo a distanza dei lavoratori? Nessun Grande Fratello”
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Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Le Idf hanno riferito che sono in corso attacchi aerei contro obiettivi militari nella Siria meridionale. I siti includono quartieri generali e altre strutture utilizzate per immagazzinare armi ed equipaggiamento appartenenti all'ex regime siriano, afferma l'esercito, aggiungendo di aver individuato tentativi da parte di gruppi non specificati di utilizzare tali armi. "La presenza di queste armi nella Siria meridionale è una minaccia per lo Stato di Israele. L'Idf non permetterà l'esistenza di una minaccia militare nella Siria meridionale e agirà contro di essa", ha aggiunto l'Idf.